Norme e Tributi
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Norme e Tributi

Case green, le parole chiave della direttiva che va al voto del Parlamento Ue

di Giuseppe Latour

Sportello superbonus: lo stop alle cessioni e gli effetti sul mercato

Verso un altro passaggio decisivo per la direttiva che fissa i nuovi obiettivi di efficienza energetica per gli edifici di tutta Europa: dalla flessibilità ai target, passando per i tempi di attuazione, tutte le questioni sul tavolo

13 marzo 2023
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4' di lettura

Obbligo di adeguamento degli edifici residenziali, da un lato. E risorse necessarie per raggiungere questo obiettivo, dall’altra parte. In mezzo, decine di altre questioni. Come quella centrale delle esenzioni che, nel corso delle settimane, si sono progressivamente allargate, dando flessibilità sempre maggiore ai paesi membri.

Ma anche quella degli edifici nuovi a zero emissioni, del solare, dei sistemi di riscaldamento, delle agevolazioni fiscali per l’edilizia. Sono tutti temi affrontati dalla proposta di revisione della direttiva europea sulle performance energetiche degli edifici (Epbd), attesa al voto della Plenaria del Parlamento europeo martedì 14 marzo.

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Si parte dal testo approvato dalla commissione Itre del Parlamento, ma non è escluso che ci siano delle modifiche a sorpresa. Dovrebbe esserci l’appoggio compatto di socialisti, liberali e verdi. Contrari i conservatori. Mentre il Ppe appare spaccato, con una larga parte del gruppo che potrebbe votare contro.

Edifici residenziali

Classe energetica E entro il 2030 e classe energetica D entro il 2033. Il target di riqualificazione indicato per gli edifici residenziali nei prossimi anni è l’elemento più caratterizzante della proposta di revisione approvata dalla commissione Itre. L’indicazione della direttiva è di agire prioritariamente sul 15% degli edifici più energivori, che andranno così collocati nella classe energetica più bassa, la G. In Italia si tratta di circa 1,8 milioni di edifici residenziali (sul totale di 12 milioni, secondo l’Istat). Con uno sforzo che, secondo le stime dell’Ance, dovrà essere addirittura superiore a quello messo in campo con il superbonus tra il 2021 e il 2022.

Riscaldamenti e caldaie

La Epbd indica un obiettivo già per il 2024: il divieto di agevolazioni per l’installazione di caldaie alimentate a combustibili fossili. Proprio il tema delle caldaie torna in diversi passaggi del testo. Il principio, in linea con quanto già affermato da Bruxelles, è che sia per i nuovi edifici che per quelli esistenti in fase di ristrutturazione, a partire dal recepimento della direttiva scatterà il divieto di utilizzare sistemi di riscaldamento a combustibili fossili. Soprattutto, le caldaie a gas.

In questi limiti, però, non rientrano i sistemi ibridi (come quelli costituiti da una caldaia a condensazione e da una pompa di calore) e le caldaie certificate per funzionare con combustibili rinnovabili (come il biometano o l’idrogeno).

Edifici nuovi

Nella direttiva si parla molto anche di edifici nuovi anticipando, rispetto al testo della Commissione, l’obbligo di realizzare edifici a zero emissioni (Zero energy buildings, Zeb). Già a partire da gennaio del 2026, l’obbligo scatterà per i nuovi edifici occupati, gestiti o di proprietà di enti pubblici. Negli altri casi la scadenza è il 2028.

Non residenziale

Nel testo approvato dalla commissione Itre non si parla solo di edifici residenziali. Quelli non residenziali e di proprietà pubblica dovranno raggiungere la classe E dal 2027 e la classe D dal 2030.

Energia solare

Con la direttiva l’installazione di impianti a energia solare diventa centrale, salvo il caso nel quale l’installazione non sia tecnicamente idonea e funzionalmente fattibile. Dal recepimento della direttiva questi impianti diventeranno obbligatori in tutti i nuovi edifici pubblici e i nuovi edifici non residenziali. Poi, entro il 31 dicembre 2026, l’obbligo scatterà su tutti gli edifici pubblici e sugli edifici non residenziali esistenti. E così via, fino al 31 dicembre 2032 quando l’obbligo scatterà per tutti gli edifici sottoposti a ristrutturazioni importanti.

Flessibilità

È la parola chiave, perché da molte parti si chiede di incrementare la flessibilità che i paesi membri avranno in fase di attuazione della direttiva. Al momento possono essere esclusi dal raggiungimento degli obiettivi sul parco residenziale gli edifici protetti di particolare pregio storico e architettonico, i luoghi di culto, gli edifici temporanei, le seconde case utilizzate per meno di quattro mesi all’anno, gli immobili autonomi con una superficie inferiore ai 50 metri quadri.

Accanto a questo, possono essere esentati gli edifici di edilizia residenziale pubblica, dal momento che le ristrutturazioni potrebbero portare a una crescita dei canoni di locazione. E, ancora, i Paesi membri potranno chiedere alla Commissione di adattare i target europei per particolari categorie di edifici residenziali, per ragioni di fattibilità tecnica ed economica. Con questa clausola si potranno prevedere deroghe fino a un massimo del 22% del totale degli immobili. In Italia si tratta di circa 2,6 milioni di edifici.

I finanziamenti

Un lungo passaggio del testo approvato in commissione Itre sollecita una struttura di sostegno finanziario efficace per gli interventi di ristrutturazione che, altrimenti, rischiano di restare solo sulla carta. Una struttura che potrebbe anche «includere la creazione di un Energy performance renovation fund», mettendo così al centro ancora una volta i fondi europei. Su questo punto sono i preparazione emendamenti, presentati dall’italiana Patrizia Toia (Pd).

I tempi

Dopo l’approvazione della Plenaria, prevista per martedì 14 febbraio, sarà il turno del Trilogo, il negoziato tra Parlamento, Commissione e Consiglio Ue dal quale ci si aspettano ancora novità importanti. Prima del momento, anch’esso decisivo, del recepimento dei paesi membri. La direttiva prevede due anni dall’approvazione per il recepimento dei paesi membri. Nel caso in cui si riesca a chiudere quest’anno, ci sarà tempo fino al 2025.

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