di Angelo Flaccavento
oggetti e disegni di Elsa Schiaparelli
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Le mostre di moda sono dispositivi ambivalenti: mettono sotto teca ciò che era nato per vivere addosso a corpi in movimento, ma ridanno al contempo vita, attraverso la semplice esposizione, a creazioni a lungo dimenticate, spesso più dirompentemente moderne del presente, invero fosco e oscurantista, di certo mercantile e culturalmente povero, che stiamo vivendo.
È il caso di Shocking! The surreal world of Elsa Schiaparelli, la bella esposizione che il Musée des Arts Décoratifs di Parigi dedica fino al 22 gennaio 2023 al lavoro di Elsa Schiaparelli e alla maison da lei fondata, riportata in vita da Diego Della Valle che, in una operazione ammirevole di continuità storica, ha riaperto gli storici saloni di Place Vendome, da ultimo affidando la direzione creativa a Daniel Roseberry.
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La mostra è stata inaugurata durante i giorni dell’haute couture, all’inizio di luglio, ai quali la maison ha partecipato, ed è un progetto che ha avuto una gestazione lunga, iniziato poco l’acquisizione di Schiaparelli da parte di Della Valle nel 2006, ma il cui vero abbrivio è arrivato con la nomina di Roseberry. Allo stilista è dedicato un intero ambiente a conclusione del percorso espositivo, con il chiaro intento di creare un dialogo con la fondatrice sottolineando anche: noi adesso siamo qui.
L’ondeggiare continuo tra passato e presente, tra moda e arte, tra creazione e influenza, tra atelier e milieu culturale di un momento storico di irripetibile vivacità, è la chiave del progetto, curato con attenzione e grande scrupolo da Marie-Sophie Carron de la Carrière.
La mostra presenta gli anni d’oro di una creatrice visionaria e autentica pioniera attraverso il fitto reticolo delle sue relazioni con i principali artisti dell’epoca. Non solo surrealisti, perché il mondo di Elsa fu ben altro che esclusivamente surreale – in questo senso il titolo è forse limitante, ma è anche uno slogan riuscito – e il legame con l’elegantissimo, rarefatto Jean Michel Frank, colui che ideò la gabbia nella boutique di Place Vendome, non fu meno definente. Certo, il cappello-scarpa e il vestito aragosta della liaison professionale con Salvador Dalì sono in esposizione e rubano giustamente la scena, ma in realtà gli strati sono molteplici e Shocking è proprio un invito a scoprirli tutti, lentamente, uno per uno.
Il percorso, ospitato nelle gallerie dedicate a Christine & Stephen A. Schwarzman, inizia con una stanza tappezzata di disegni – non figurini di Elsa, ma dei croquis artist che per lei lavoravano, come era d’uso nelle maison de couture all’epoca – e prosegue per tappe. Il legame con Paul Poiret, che di Elsa fu mentore, è correttamente evidenziato, e così quello con Jean Dunand, maestro della lacca e del trompe l’oeil.
La straordinaria modernità di Elsa è evidente proprio in una serie di pullover a trompe l’oeil, di una leggerezza e grazia irraggiungibili, vicini a quanto Roberta di Camerino avrebbe fatto decenni dopo. Ma la mostra non parla solo di Elsa e del suo circolo: mette in luce come creatori del calibro di Yves Saint Laurent, Azzedine Alaïa, John Galliano e Christian Lacroix la abbiano molto guardata e molto omaggiata. Per arrivare infine a Roseberry, che, con un tocco teatrale e barocco, ha il merito di aver connesso la maison al presente: pop e instagrammabile invece che di avanguardia del pensiero. Ma questo offre l’oggi, e saperlo filtrare attraverso la fantasia, toccando una corda nel pubblico, è un merito.
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