di Luca Veronese
Il premier socialista Pedro Sanchez in Parlamento, al suo fianco le ministre Nadia Calvino e Yolanda Diaz
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Il Governo del socialista Pedro Sanchez sta per approvare la riforma del mercato del lavoro dopo avere raggiunto l’accordo con imprese e sindacati. Il Consiglio dei ministri di oggi darà il via libera al testo che, rivedendo le regole introdotte dai Popolari nel 2012, limita drasticamente il ricorso ai contratti a tempo determinato e rivaluta la contrattazione collettiva, senza togliere flessibilità alle imprese. Dopo quasi un anno di confronti (anche accesi e anche dentro al Governo) è stata dunque raggiunta l’intesa per la riforma del mercato del lavoro che l’Unione europea aveva chiesto alla Spagna.
La firma di re Filippo VI sul decreto sbloccherà prima della fine dell’anno anche la terza tranche di 12 miliardi di euro del Recovery Fund europeo. In Parlamento Sanchez dovrà successivamente convincere gli alleati a sostenere le nuove norme: Unidas Podemos non dovrebbe dare problemi mentre per i voti indispensabili dei piccoli partiti nazionalisti della Catalogna e dei Paesi Baschi servirà un’ulteriore trattativa, intrecciata purtroppo nei prossimi giorni con l’approvazione definitiva della Finanziaria.
«Chiudiamo il 2021 rispettando l’impegno del Governo: una nuova legislazione sul lavoro che recupera i diritti e difende la dignità del lavoro. Questo è l’inizio della fine delle anomalie del mercato del lavoro legate al lavoro temporaneo e precario», ha detto Yolanda Diaz, ministra del Lavoro e dell’Economia sociale. «Questo accordo ci permette di promuovere una ripresa più sostenuta nel tempo e più equa», ha commentato Nadia Calvino, ministra dell’Economia.
È la prima riforma del mercato del lavoro degli ultimi trent’anni che riceve la benedizione di tutte le parti sociali: il premier e i ministri hanno puntato sulla necessità di favorire la ripresa e sull’utilizzo dei fondi europei. Allineandosi alle richieste Ue per limitare il lavoro precario e dare efficienza al mercato del lavoro: in Spagna più del 25% dei lavoratori hanno contratti a tempo determinato (con percentuali molto più alte nelle attività legate al turismo e nelle costruzioni). Allo stesso tempo, secondo i dati ufficiali dell’Ine, il tasso di disoccupazione spagnolo è tra i più alti del continente: il 14,57% nel terzo trimestre, sul totale della popolazione attiva, e il 31,15% tra i giovani con meno di 25 anni che faticano a trovare protezioni contrattuali. «La Commissione valuterà la coerenza della normativa introdotta con gli impegni assunti dalla Spagna, la riforma raggiungerà il suo obiettivo solo se raggiungerà il giusto equilibrio tra sicurezza e flessibilità», ha affermato il commissario Ue all’Economia, Paolo Gentiloni.
La riforma prevede che tutti i contratti di lavoro siano a tempo indeterminato, con due eccezioni: «Le esigenze produttive e la sostituzione di altri lavoratori». In ogni caso non potranno durare più di sei mesi (o un anno in presenza di accordi collettivi) e potranno essere utilizzati dalle imprese per non più di 90 giorni in un anno. Vengono inoltre introdotti limiti ai subappalti e sanzioni più pesanti per le violazioni. Le nuove regole restituiscono un ruolo più forte ai sindacati: le aziende manterranno infatti il diritto alla flessibilità dell’orario di lavoro, ma i salari saranno fissati da accordi settoriali, non aziendali.
«È la prima riforma del lavoro fatta da quando la Spagna è diventata una democrazia che ripristina i diritti dei lavoratori», ha detto Mariano Hoya, vicesegretario generale della confederazione sindacale Ugt. Soddisfatto anche Antonio Garamendi, presidente dell’associazione imprenditoriale Ceoe: «L’accordo consolida un modello che ha consentito alle aziende di aumentare la produttività, la competitività e contribuire alla crescita occupazionale». A riprova del miracolo di mediazione compiuto dal Governo Sanchez, Garamendi tuttavia avverte: «Se verrà cambiata anche una sola virgola al testo, non potranno più contare su di noi».
Luca Veronese
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