di Andrea Chimento
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La nuova versione di Suicide Squad: dopo il pessimo lungometraggio del 2016, diretto da David Ayer, arriva questa settimana nelle sale un film che riprende i personaggi della DC Comics impegnati in una vera e propria “Missione suicida”.
Non si tratta né di un sequel, né di un reboot del film precedente, ma di una nuova trasposizione firmata da James Gunn, regista che è diventato celebre con i due film dei «Guardiani della Galassia», tra i lungometraggi più riusciti tratti dai fumetti Marvel.
La trama è incentrata su una squadra di supercriminali, incarcerati, di cui ha necessità Amanda Waller per una cruciale e pericolosa missione. Questi saranno capitanati da Bloodsport, personaggio che secondo la Waller potrebbe guidare la squadra e portarla al successo.Non c'erano forse grandi aspettative su questa vicenda, visto il flop di cinque anni fa, ma bastano poche sequenze per capire che con quest'ultimo «The Suicide Squad» siamo di fronte a un prodotto totalmente diverso, capace di divertire senza, fortunatamente, prendersi mai sul serio.
Violentissima e irriverente, è una pellicola in cui si sente pienamente la mano del regista, autore anche della sceneggiatura.
La durata (circa 132 minuti) è eccessiva e non mancano momenti di stanca nella prima parte, ma il film cresce alla distanza grazie a un ottimo ritmo, regalando soprattutto una parte conclusiva ad alto tasso adrenalinico che farà la felicità non soltanto dei fan dei personaggi della DC Comics, ma anche di tutti gli appassionati di cinema d'azione.
Il film punta molto sulla costruzione dei personaggi che compongono la squadra e tra questi non può mancare Harley Quinn con la solita Margot Robbie chiamata a interpretarla. Nel cast, tra gli altri, ci sono inoltre Idris Elba, John Cena e Viola Davis, ma non è il cast a brillare in questo lungometraggio che punta soprattutto sul montaggio visivo e sonoro, con grande attenzione alla colonna sonora.Il risultato è un prodotto godibile e ricco d'ironia, seppur non manchino diversi passaggi di troppo che lo rendono a tratti ridondante e prolisso.
Menzione positiva, tra i film sulle piattaforme, anche per «Il mondo che verrà» di Mona Fastvold, presentato in competizione all'ultima Mostra di Venezia.Ambientato a metà dell’Ottocento, il film vede protagonista Abigail, una donna che ha da poco subito una grave perdita e annota tutte le sue emozioni su un diario. Con l’arrivo della primavera, incontra Tallie, donna estroversa che si è appena trasferita con il marito in una fattoria nelle vicinanze di quella in cui abita Abigail con il suo compagno Dyer.L’amicizia tra le due cresce sempre di più, fino a sfociare in una vera e propria relazione appassionata e tormentata.
Prendendo spunto da un racconto di Jim Shepard (anche co-sceneggiatore insieme alla regista), Mona Fastvold dirige un’opera dal taglio quasi sempre epistolare, girata in pellicola e capace di trasportarci nelle atmosfere di un cinema d'altri tempi.
In grande crescita con il passare dei minuti, è un lungometraggio toccante, capace di costruire personaggi credibili e scritti con grande cura: oltre alle due protagoniste, è particolarmente efficace la figura di Dyer, interpretato da Casey Affleck, marito silenzioso e in apparenza distaccato, che dimostra con piccoli dettagli tutta la sua umanità.Ottimo anche il lavoro di Katherine Waterston (Abigail) e Vanessa Kirby (Tallie) in questo lungometraggio valorizzato da un gran lavoro di montaggio visivo e sonoro.
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