di Giulia Crivelli
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«Il vino è come la poesia, che si gusta meglio, e che si capisce davvero, soltanto quando si studia la vita, le altre opere, il carattere del poeta, quando si entra in confidenza con l’ambiente dove è nato, con la sua educazione, con il suo mondo. La nobiltà del vino è proprio questa: che non è mai un soggetto staccato e astratto, che possa essere giudicato bevendo un bicchiere, o due o tre, di una bottiglia che viene da un luogo dove non siamo mai stati». Sono parole di Mario Soldati, che tra il 1968 e il 1975 compì tre viaggi alla scoperta dei vini italiani, raccontandoli poi nel libro Vino al vino, recentemente ripubblicato da Bompiani. Ma potrebbero essere parole di Brunello Cucinelli, che da appassionato di vino ieri ha annunciato di essersi trasformato anche in produttore.
«Abbiamo chiamato il nostro primo vino Castello di Solomeo perché è un rosso nato grazie alla vigna del borgo umbro che da anni curiamo come un progetto di lunghissimo periodo – ha spiegato ieri a Milano Brunello Cucinelli, presidente e direttore creativo dell’azienda che ha fondato oltre 40 anni fa, diventata oggi protagonista della super competitiva arena dell’alta gamma di abbigliamento e accessori. Per la presentazione del suo vino, annata 2018, prodotto in 9mila bottiglie, Cucinelli ha scelto l’Istituto dei Ciechi, un luogo ricco di storia e molto adatto a un progetto che è, in larga parte, sensoriale. Agli ospiti Cucinelli ha offerto un ingresso a Dialogo nel buio, la mostra allestita in modo permanente all’Istituto dei Ciechi. Una percorso nato come “simulazione della cecità”: i visitatori, a gruppi di massimo otto persone, compiono un piccolo grande viaggio di un’ora immersi nel buio e con una guida non vedente, che aiuta a usare in modo nuovo il tatto, l’udito, l’olfatto e il gusto. La capacità di vedere e capire senza usare gli occhi viene evocata da Cucinelli anche citando Omero: «A volte penso che sia stato un visionario proprio perché era cieco». Non è una battuta, l’imprenditore è serissimo quando parla di saggi del passato e, venendo al presente e al futuro, all’importanza di amare, rispettare a valorizzare il territorio.
«Questo vino, nato anche grazie all’incontro con l’enologo Riccardo Cotarella, come l’olio che produciamo da qualche anno, è un omaggio alla nostra terra umbra. Come lo sono le centinaia, migliaia di vini e olii prodotti in altri territori italiani – ha sottolineato –. Sono nato in una famiglia contadina e sicuramente ho più facilità a stabilire un contatto con la terra e la natura, ma sogno che tutti trovino questa connessione. Perché la natura e la terra sono bellezza, che dobbiamo osservare e difendere».
Per Cucinelli il vino è “solo” un nuovo tassello del progetto imprenditoriale e di vita al quale lavora, con la sua famiglia, da oltre 40 anni: «Oggi si parla tanto di sostenibilità e curare la terra e renderle omaggio coltivandola con la giusta lentezza è sicuramente un modo di essere sostenibili. Per un’azienda però è necessario prima di tutto la solidità economica e finanziaria. Per fare il vino e l’olio nel modo giusto, con gli esperti più appassionati e grazie al lavoro di giovani entusiasti devo continuare a vendere tanti maglioni. Anzi, devo farli sempre più belli, unici e desiderabili e venderne sempre di più». Una nota di leggerezza, che nasce però dai numeri: nei primi nove mesi dell’anno il fatturato della società Brunello Cucinelli – quotata dal 2012 alla Borsa di Milano – è salito del 27,7% a 642 milioni, con previsioni di chiudere l’intero anno con un’analoga crescita a due cifre di ricavi e redditività. Ma nulla avviene per caso: fino a poche ore prima di partire per Milano, Cucinelli era al lavoro sulla cartella colori della collezione autunno-inverno 2023-2024, insieme al suo ufficio stile di Solomeo.
«Deve esserci una coerenza interna in un progetto creativo e imprenditoriale. Non si crea bellezza e desiderabilità in un luogo brutto o dove si lavora male e si viene pagati poco – ha raccontato Cucinelli, citando una conversazione avuta anni fa con Leonardo Del Vecchio, il fondatore di Luxottica, scomparso quest’anno –. Di ritorno da una visita a una fabbrica che aveva acquistato negli Stati Uniti, mi raccontò di aver trovato uffici bellissimi ma capannoni per la produzione orribili, dove le persone lavoravano in condizioni difficilissime. Quella fabbrica fu interamente riprogettata: come Del Vecchio, che considero un maestro, credo che il benessere delle persone venga prima di ogni altra considerazione».
Ottimista per natura, Cucinelli non è preoccupato per il futuro economico e sociale dell’Italia, a patto di avere una sempre maggior consapevolezza dell’unicità del nostro Paese e delle sue ricchezze. «Dobbiamo avere cura per le nostre terre, per il patrimonio artistico e, non meno importante, per le nostre filiere produttive, la nostra tradizione artigianale, radicata in decine di distretti, che siamo riusciti a preservare anche durante la pandemia. Tutti devono fare la loro parte, in primis noi imprenditori, per proteggere le risorse umane, culturali e produttive dell’Italia».
Giulia Crivelli
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