Norme e Tributi
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Perché l’invio delle armi a Kiev non è contro la Costituzione italiana

di Patrizia Maciocchi

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(al62 - stock.adobe.com)

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L’articolo 11 ripudia la guerra come soluzione delle controversie e non come difesa. L’invio delle armi a Kiev è in linea con la Costituzione e con i Trattati sovranazionali che comunque sarebbero prevalenti sulle nome costituzionali

17 marzo 2022
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3' di lettura

L’invio di armi all’Ucraina, non viola l’articolo 11 della Costituzione secondo il quale l’Italia ripudia la guerra, è in linea con i trattati internazionali sottoscritti dal nostro paese, e non è un atto di guerra nei confronti della Russia. La decisione di inviare armi a Kiev, adottata dal Parlamento le scorse settimane - anche se non piace al 55% degli italiani come evidenziato dai sondaggi - è in linea sia con la Carta sia con le norme sovranazionali, che ci impongono di adeguarci alle scelte fatte dagli Stati con i quali l’Italia ha sottoscritto contratti internazionali. A chiarire la portata dell’articolo 11 della Costituzione è il presidente emerito della Consulta Cesare Mirabelli, che sgombra il campo dalla possibilità di invocare quanto messo nero su bianco dai nostri padri costituenti, per fermare l’invio di materiale di difesa in Ucraina: «Quanto scritto nell’articolo 11 ha il carattere di un’enunciazione generale - spiega Mirabelli - e va letto come il ripudio della guerra di aggressione o intesa come uno strumento di soluzione delle controversie internazionali. Ma per la Carta la guerra esiste. Può essere deliberata dal Parlamento e proclamata dal presidente della Repubblica. Anche se questo aspetto non ci interessa perchè non siamo noi in guerra.»

Il diritto dei popoli alla difesa

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L’attenzione va dunque spostata sul diritto naturale di ogni popolo a difendersi, affermato dallo Statuto delle Nazioni unite. «In questo caso sia l’assemblea della Nazioni unite sia la Corte dell’Aja hanno condannato la guerra di aggressione contro l’Ucraina - sottolinea Mirabelli - dunque prestare aiuto, senza entrare nel conflitto, è costituzionalmente legittimo. Un sostegno che può essere fornito con gli strumenti più vari, certo con l’assistenza sanitaria ai rifugiati, ma anche aiutando chi combatte e quindi anche con strumenti bellici di difesa, per respingere l’aggressore. Sempre nel rispetto del criterio di proporzionalità. Sarebbe addirittura auspicabile - prosegue Cesare Mirabelli - un ruolo più attivo dell’Onu, bloccato però dal veto della Russia, per dare il via libera a missioni di peacekeeping. Anche se lo sforzo maggiore, proprio nel rispetto dell’articolo 11 della Costituzione, deve essere compiuto al tavolo dei negoziati. Perchè la Carta non nega la possibilità della guerra di difesa, ma indica la via maestra della diplomazia come soluzione dei conflitti internazionali».

La Carta cede il passo ai vincoli sovranazionali

L’invito a non usare la Costituzione come una coperta che diventa a volte a troppo corta a volte troppo lunga, arriva da Tommaso Edoardo Frosini, ordinario di diritto costituzionale nell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. «La Costituzione parla a noi, non agli altri - precisa Frosini - e questa è una guerra degli altri, che ci riguarda però come partner di Stati con i quali abbiamo firmato dei Trattati». E anche se la nostra Costituzione ci vietasse la guerra, e così non è, si tratterebbe di un divieto destinato a cedere il passo a norme sovranazionali. «L’articolo 1 1 della Costituzione, non prevede un no generico alla guerra, la ripudia come offesa, - chiarisce Frosini - e va letto insieme all’articolo 10, secondo il quale l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. Anche l’articolo 117 ricorda che la potestà dello Stato va esercitata nel rispetto dei vincoli che derivano dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. L’Italia non è la Svizzera, e lo ha dimostrato in passato, inviando non solo armi ma uomini la cui vita era a rischio, in quelle che, in maniera molto soft, erano definite missioni di peacekeeping».

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