di Marzio Bartoloni
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Ci sono gli indecisi che probabilmente alla fine in buona parte si vaccineranno, c’è chi esita in attesa di vedere come va la pandemia per decidere e poi ci sono quelli ribattezzati come “ni-vax” perché difficili da convincere. E infine c’è lo zoccolo duro dei no vax che non accetteranno mai di immunizzarsi. È su questa ampia fetta di italiani che si gioca la partita più importante della più grande campagna vaccinale di tutti i tempi: quella che proverà a raggiungere entro settembre con i vaccini l’80% degli italiani, compresi i 12-15enni come chiesto dal commissario Figliuolo per assicurarsi l’ambita immunità di gregge.
Al momento però gli italiani sicuri di volersi vaccinare sono la metà: secondo una survey in via di pubblicazione realizzata a fine aprile da Iqvia - uno dei più importanti provider mondiali di dati sanitari -su 800 medici, 200 farmacisti e 400 cittadini il 50% degli italiani è certo di vaccinarsi. A questi si aggiunge un 25% di popolazione di indecisi, che dicono che probabilmente si vaccineranno ma non hanno ancora la certezza. Un’area grigia insomma a cui si aggiunge un altro 25% di contrari al vaccino divisi tra chi sicuramente non lo farà (l’8%) e un’ampia fetta (il 17%) che sostiene che probabilmente dirà no al siero contro il Covid.
L’indagine di Iqvia è interessante perché mostra anche la propensione al vaccino in base all’età e si scoprono delle sorprese: ad esempio i più favorevoli sono i giovanissimi tra i 18 e i 24 anni con solo il 13% che probabilmente dirà di no al vaccino, un dato che sembra trovare conferma dalla corsa di questi giorni agli open day del vaccino riservato ai ragazzi. La fetta più ampia di contrari o di probabilmente contrari si concentra tra i giovani adulti delle fasce 25-34 anni (27%) e 35-44 anni (28%), quelle interessate dalle vaccinazioni proprio in questa fase. Ma i “resistenti” si contano anche tra gli over 65 con un altro 27%, diviso tra chi dice sicuramente no al vaccino (il 13%) e chi probabilmente no (14%).
Un dato preoccupante, questo, perché si tratta della fascia d’età che rischia di più ricoveri e decessi con il Covid. E tra l’altro anche qui le resistenze sembrano trovare conferma negli ultimi dati: secondo l’ultimo report del Governo sui vaccini sono 3,3 milioni gli over 60 che ancora non hanno ricevuto la prima dose (400mila over 80, 900mila over 70 e 2 milioni di over 60). Un fronte questo su cui Figliuolo ha chiesto alle Regioni di attivarsi per intercettare soprattutto chi ha difficoltà all’uso del web.
Ma è indubbio che ora più che mai sia necessario anche un’ampio «piano strutturato di informazione e comunicazione» per ridurre l’esitanza vaccinale, come chiede sempre un paper in via di pubblicazione di Iqvia messo a punto da un gruppo di esperti (tra questi Walter Ricciardi e Guido Rasi). Anche perché il sondaggio di Iqvia mostra come dietro all’esitanza emergano timori e preoccupazione (39%), incertezza (16%), rabbia e insofferenza (7%). Una situazione determinata anche dalla scarsa o appena sufficiente conoscenza dei vaccini registrata da ben un cittadino su tre (il 33%). Del resto la maggioranza si informa dai giornali (75%) e dai social media (35%). Cruciale dunque un vero piano di comunicazione anche perché se si dovesse continuare la vaccinazione nei prossimi anni, solo il 41% si dice già convinto ad aderire.
«Malgrado il fatto che alcuni italiani abbiano delle resistenze a vaccinarsi, quasi tutti dichiarano che la vaccinazione sia l’unica via d’uscita dalla pandemia. È importante che i medici possano favorire la divulgazione di una informazione corretta che rassicuri i cittadini sull’importanza di vaccinarsi», avverte Sergio Liberatore, amministratore delegato di Iqvia Italia.
Marzio Bartoloni
vice caposervizio
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