di Simone Filippetti
(ANSA)
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All'ingresso della City of London, mentre davanti si staglia la cattedrale di St.Paul, un gabbiotto della Metropolitan Police avvisa che all'ingresso del centro lavorativo e finanziario di Londra, il limite di velocità è di 20 chilometri all'ora. Il sindaco Beppe Sala, in visita a Londra, avrà sicuramente sorriso, pensando alle virulente polemiche sulla velocità a 30 chilometri a Milano. Paese che vai, stesso problema che trovi. Le metropoli sono la grande sfida del futuro, gli snodi dove si giocheranno gli equilibri economici, politici, e ambientali, di tutto il mondo. La popolazione mondiale aumenta: nel a 10 miliardi e la stragrande maggioranza andrà vivere in città.
Il primo cittadino della capitale economica d'Italia, unica metropoli internazionale, al secondo mandato, è volato nella capitale inglese per una due giorni di incontri, culminata in un vertice con Sadiq Khan e con il padre nobile della sinistra progressista (e pro-mercato) europea, l'ex premier Tony Blair. Oggi le due città. Il grande divario oggi è non tra i paesi, ma tra metropoli, che vivono di vita propria, il famoso slogan “Milano Città-Stato”, e la provincia.Su questo, Milano e Londra sono molto simili: la Brexit è stata un fenomeno esclusivamente “provinciale”, contro l'opulenta e accentratrice Londra, che non a caso ha votato compatta per il “Remain”; così come Milano è stata spesso accusata di cannibalizzare le risorse a scapito delle altre zone d'Italia. La sera prima, il 26 gennaio, Sala è stato ospite di ODI, (Overseas Development Institute), un centro studi indipendente, dove si è concesso a una chiacchierata con il pubblico inglese e italiano, moderata da Marta Foresti, direttrice dell'istituto inglese e fondatrice di LAGO. L'evento fa parte di Mayors Dialogue, un circuito di incontri tra sindaci europei che coinvolge anche l'Africa: entro il 2050 il 75% della popolazione mondiale vivrà in città e quelle che avranno il maggior tasso di urbanizzazione saranno quelle africane. L'idea è quella di promuovere la cooperazione e lo scambio di progetti e idee per risolvere problemi comuni a tutte le grandi città.
Per Milano, ha ricordato Sala, il punto di partenza per Sala e Miano è stato l'evento di Expo 2015, peraltro una vittoria di Letizia Moratti, oggi candidata alla presidenza della Regione. “Lì ho intuito la potenzialità della città che fino ad allora non era appetibile” ricorda il sindaco. Oggi Milano è entrata nel circuito delle grandi città internazionali: “Senza arroganza, ma chi vive a Milano poi non va a Bologna, ma viene qui a Londra” chiosa, strizzando l'occhio alla capitale britannica, ma rischiano di alimentare ancor di più la polemica Milano contro Resto d'Italia. Ma per una sera, Sala, l'ex manager Pirelli diventato uomo politico, si concede una dimensione internazionale, lasciando da parte le polemiche del cortile italico. “Milano vuole essere ancora più europea e ancor più internazionale” è il mantra del sindaco di fronte alla comunità britannica.
E’ uno slogan moderno e “acchiappone”, ma che, lo ammette lui stesso, porta anche dei problemi: essere più internazionali vuol dire anche essere, per forza, multietnici: «Milano contra il 20% di persone straniere, una percentuale bassa rispetto a Londra che è davvero un melting pot”. L'immigrazione, che arrivi da fuori o da dentro il paese, comporta problemi di sicurezza: “Milano è percepita come una città molto insicura, in realtà tutte le grandi città lo sono». E poi c'è il grande problema della mobilità. Con oltre 90 giorni all'anno di smog, Milano è tra le peggiori città europee: una causa della pessima qualità dell'aria sono anche le automobili. «A Milano abbiamo 52 auto per 100 abitanti, è troppo». Di qui la crociata, vera o presunta, ai veicoli privati, da molti vista come un sopruso alla libertà. Il problema è che, per milioni di persone, l'auto è unico modo per spostarsi e andare al lavoro la mattina.
Il problema dello smog e del traffico e il rovescio della medaglia di quello delle infrastrutture. “Ci vogliono più metropolitane che vanno verso le periferie”. Su questo Milano sta tentando di colmare un ritardo decennale: l'inaugurazione (ancorché parziale) della M4, la nuova linea di metropolitana, finalmente collega il centro con l'aeroporto cittadino; mentre a Londra il City Airport lo è già da fine anni 80. Sala, quando parla di mezzi pubblici al pubblico londinese, sa di dire quasi una banalità in una città che ha 11 linee di Tube (la metropolitana, che copre 400 chilometri, Ndr), una decina di treni suburbani (tra cui la recentissima Elizabeth Line) e la monorotaia sopra-elevata DLR. Nessuno di questi però è economico: acqua al mulino di Sala, criticato anche per il recente aumento del biglietto dei mezzi pubblici a Milano: «Il prezzo del biglietto copre appena il 41% dei costi del servizio» spiega e nell'aumento va a braccetto con Sadiq Khan: la TFL, equivalente inglese della ATM, ha annunciato l'ennesimo rincaro della metropolitana da marzo.
La terza ricetta di Sala sono le “regole”: anche qui, sfonda una porta già aperta. Fin dai tempi del sindaco Ken “Il Rosso” Livingstone, Londra ha da decenni una congestion charge (Area C) per le auto (peraltro carissima) e da poco anche la ULEZ (come Area B). Molto meno sviluppato il modello delle bici e delle auto in condivisione, dove Milano batte Londra. Dove invece Milano e Londra sono appaiate è il costo della vita che morde sul Tamigi come sotto la Madonnina. «È essenzialmente un problema di ricavi - commenta Sala - aumentano i costi per le famiglie ma non altrettanto gli stipendi. Tutta l'Italia ha un problema di bassi salari».
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