Mondo
Pubblicità

Mondo

Alta tensione tra Serbia e Kosovo: rinviato di un mese il divieto di documenti serbi

Balcani occidentali, Metsola: "Dovrebbero trovare posto nell'Ue"

Il presidente serbo Vucic parla alla nazione: i serbi del Kosovo non tollereranno altre persecuzioni. Motivo scatenante sarebbe una legge sulle carte d’identità e le targhe automobilistiche

31 luglio 2022
Pubblicità

3' di lettura

Alta tensione al confine tra Serbia e Kosovo. Le autorità del Kosovo hanno chiuso domenica sera due valichi di confine con la Serbia per i blocchi stradali messi in atto da dimostranti kosovari di etnia serba per protestare contro nuove leggi approvate dal governo su documenti di identità e targhe automobilistiche, in vigore da lunedì 1 agosto. La disputa ha riacceso le tensioni tra Pristina e Belgrado, che non riconosce l’indipendenza del Kosovo. Media internazionali riferiscono che il presidente serbo Aleksandr Vucic, in un discorso televisivo, ha mostrato una cartina del Kosovo coperto dalla bandiera serba e ha avvertito che se i serbi saranno minacciati, la Serbia ne uscirà vittoriosa.

Nella serata di domenica il governo del Kosovo ha mandato un segnale rinviando di un mese, fino al primo settembre, il divieto dell’uso di documenti e targhe serbe nelle regioni del nord a maggioranza serba, secondo quanto riferisce l’agenzia russa Tass. Era stato proprio l’annuncio del divieto, che doveva entrare in vigore oggi, a scatenare violente reazioni dei serbi del Kosovo e riacceso pericolosamente le tensioni tra Pristina e Belgrado

Pubblicità

Le notizie al momento sono frammentarie ma da quanto si apprende in tutto il Kosovo settentrionale si sono sentite allarmi, mentre chiese e monasteri hanno suonato ripetutamente le campane. In alcuni casi sarebbero stato avvertiti degli spari e osservati movimenti di truppe al confine tra i due paesi.

I manifestanti kosovari di etnia serba hanno bloccato le strade che conducono ai valichi di confine di Jarinje e Bernjak, obbligando le autorità a deciderne la chiusura. Media locali riferiscono che la Forza per il Kosovo a guida Nato (Kfor) ha inviato militari a pattugliare le strade. I manifestanti protestano contro la decisione di Pristina di imporre a partire da domani anche ai serbi che vivono in Kosovo l’uso esclusivo di carte d’identità e targhe kosovare. A partire dalla guerra del 1999, il Kosovo aveva tollerato l’uso di targhe emesse dalle istituzioni serbe in quattro municipalità del nord del Paese dove sono presenti maggioranze serbe. D’ora in poi sarà invece obbligatorio l’uso di targhe con l’acronimo Rks, cioè Repubblica del Kosovo. I proprietari di automobili hanno tempo fino alla fine di settembre per effettuare il cambiamento.

Il presidente serbo Aleksandar Vicuc, parlando alla nazione, ha affermato che «i serbi del Kosovo non tollereranno altre persecuzioni. Cercheremo la pace, ma lasciatemi dire che non ci arrenderemo. La Serbia non è un Paese che si può sconfiggere facilmente come lo era ai tempi di Milosevic». Da tempo la tensione tra i due paesi dei Balcani sta salendo di intensità e Belgrado denuncia persecuzioni nei confronti della minoranza serba in Kosovo. Questo sarebbe anche uno dei motivi scatenanti, unito al fatto di una possibile – secondo le dichiarazioni serbe – «invasione da parte delle truppe kosovare a partire dalla mezzanotte tra domenica e lunedì 1 agosto».

Ricordiamo che in Kosovo è presente un contingente Onu formato da poco meno di 4mila soldati di 28 diversi Paesi, molti dei paesi Nato o alleati. La forza internazionale Kfor a guida Nato “controlla da vicino” la situazione al confine tra Kosovo e Serbia ed è “pronta a intervenire se la stabilità è messa in pericolo” in base al suo mandato, sancito dalle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Lo si legge in un comunicato emesso questa sera. Nel comunicato diffuso in tarda serata, si afferma che il comandante della Kfor, il generale ungherese Ferenc Kajari, è in continuo contatto con tutte le istituzioni interessate, e anche con i vertici militari serbi. La Kfor, forte di circa 3.500 uomini, è presente in Kosovo dalla fine della guerra nel 1999, sulla base della risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

La Russia «chiede a Pristina, agli Stati Uniti e all’Unione Europea di fermare le provocazioni e di rispettare i diritti dei serbi in Kosovo». Lo afferma la portavoce del ministero ministro degli Esteri russo, Maria Zakharova. Zakharova ha anche sottolineato che un tale sviluppo degli eventi è un’altra prova del fallimento della missione di mediazione dell’Unione europea, riporta la Tass.

L’Alto rappresentante della politica estera dell’Unione europea (Ue), Josep Borrell, ha ’«accolto con favore la decisione del Kosovo di spostare le misure al primo settembre» sul divieto dell’uso di documenti e targhe serbe. ’«Mi aspetto che tutti i blocchi stradali vengano rimossi immediatamente», ha scritto Borrell su Twitter sottolineando che «le questioni aperte dovrebbero essere affrontate attraverso il dialogo facilitato dall’Ue e l’attenzione dovrebbe concentrarsi sulla normalizzazione globale delle relazioni tra Kosovo e Serbia, essenziali per i loro percorsi di integrazione nell’Ue’».

Riproduzione riservata ©
Pubblicità
Visualizza su ilsole24ore.com

P.I. 00777910159   Dati societari
© Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti riservati
Per la tua pubblicità sul sito: 24 Ore System
Informativa sui cookie  Privacy policy