di Sar a Monaci
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Quasi 100 milioni ricavati illecitamente dalle truffe telefoniche. Questa la tesi della procura di Milano, che ha appena chiuso l’indagine, durata due anni, a carico di ben 33 professionisti, esperti informatici ma soprattutto manager infedeli della WindTre, compagnia che tuttavia non risulta indagata (l’indagine è stata comunque estesa anche alla Vodafone e alla Tim).
La responsabilità sarebbe dunque solo dei professionisti, alcuni dei quali considerati dei maghi dell’informatica, capaci di realizzare meccanismi in cui l’utente si ritrovava a pagare 5 euro a settimana per servizi mai richiesti, come l’oroscopo, giochi, suonerie. Oppure abbonamenti a siti di gossip o video.
Secondo la ricostruzione, bastava visitare una pagina web, talvolta con l’inganno di fraudolenti banner pubblicitari e, senza fare nessun click, ci si ritrovava istantaneamente ad essere abbonati a un servizio che prevedeva l’addebito automatico sul conto telefonico ogni settimana o mese in cambio dell’accesso a contenuti come notizie, gossip o video. Oppure era sufficiente attivare i Servizi a Valore aggiunto, ovvero Vas ( di cui sono state individuate 26 società fornitrici) attraverso schede sim usate tra macchine per lo scambio di dati (per esempio per la gestione della caldaia o ascensore).
Le persone a cui sono stati prelevati soldi in questo modo sono migliaia, molti dei quali rimasti inconsapevoli a lungo.
L’indagine è stata realizzata dal pm Francesco Cajani e dall’aggiunto Eugenio Fusco, col supporto di Polizia Postale, nucleo speciale tutela privacy e frodi telematiche e nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf.
Gli accertamenti hanno individuato un sistema illecito molto ampio che, tra il 2017 e il 2020, sarebbe ruotato attorno a WindTre e avrebbe consentito una media di 30/40mila attivazioni indebite al giorno, nella primavera di due anni fa. Gli atti sono stati inviati anche all’Agcom, che è intervenuta con una delibera nel 2021 per regolare il mercato dei Vas.
Da sottolineare che almeno la metà degli illeciti guadagni sarebbero stati incassati dalla compagnia telefonica, che tuttavia non è indagata. Quindi si può supporre che gli incassi servissero ad aumentare la visibilità dei professonisti nel luogo di lavoro e a chiedere contratti migliori.
Ecco i principali responsabili. Si tratta dell’ex manager di WindTre Alessandro Lavezzari, Luigi Saccà - figlio di Agostino, ex dg Rai -, Fabio De Grenet. E poi Angelo Salvetti e Fabio Cresti, all’epoca rispettivamente legale rappresentante e vice presidente di Pure Bros Mobile spa, azienda che si occupa dello sviluppo di servizi digitali di mobile marketing e mobile payment; un consulente della stessa società, un socio di un’agenzia pubblicitaria e tre sviluppatori, cioè giovani ’maghi’ dell’informatica italiani che ai tempi lavoravano per una azienda con sede all’estero.
È attesa per la fine dell’anno la chiusura di un’altra parte dell’indagine per la quale, ha spiegato in una nota il Procuratore di Milano Marcello Viola, «il fenomeno accertato è attualmente scomparso».
Le intercettazioni fatte hanno aiutato a capire gli accordi tra manager interni ed esterni alla compagnia telefonica. «Se utilizziamo le vostre agenzie riusciamo a farne 2 o 3mila?», chiedeva un manager di DigitApp. E De Grenet : «noi siamo i primi che vogliamo mettervi nella condizione di lavorare...». I manager esterni stipulavano accordi per avere una loro percentuale ad ogni click.
Intanto 19 milioni sono stati sottoposti a sequestro preventivo, anche intervenendo su conti all’estero, mentre altri 21 milioni sono stati oggetto di ulteriore sequestro nei confronti dell’operatore telefonico, in quanto considerati “ricavi tossici”.
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