di Chiara Beghelli
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Le mani scivolano, lo sguardo giudica, la mente calcola e il cuore sente. La materia prende forma e diventa creazione. Era il 2003 quando l’Unesco decise che era giunto finalmente il momento di riconoscere come Patrimonio dell’Umanità non solo i monumenti che era riuscita a edificare nella sua storia, ma anche la sua capacità di creare oggetti ed esperienze: il patrimonio immateriale, appunto, spesso a rischio estinzione, che in Italia ha oggi 15 referenze. Non si tratta solo di cultura. «Il laboratorio è uno spazio sociale. I laboratori, passati e presenti, hanno sempre creato vincoli tra le persone», scrive Richard Sennet nel suo ormai classico L’uomo artigiano (Feltrinelli), sottolineando l’aspetto più vitale dei luoghi dove la creatività nasce ed è condivisa, cioè gli atelier, le botteghe.
Sarà anche per questo che dopo la pandemia le richieste per viaggi esperienziali fra l’artigianato artistico italiano sono aumentate: «La mano pensa per te – nota Eleonora Odorizzi, fondatrice di Italian Stories, piattaforma che organizza viaggi fra i laboratori artigiani di tutta Italia –. L’artigianato offre una sorta di terapia, come ogni forma d’arte, un momento di cura e di benessere». «I nostri viaggi sono alimentati dal bisogno di manualità e soprattutto dal desiderio di trovare attività sempre più vicine al luogo di residenza, per limitare gli spostamenti e per scoprire la bellezza vicino a casa», conferma Elena Sisti, che ha lanciato Elesta Travelling Passion by Maptya.
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Entrare in un atelier, osservare l’artigiano al lavoro, partecipare a processi creativi spesso antichi di secoli, è un nuovo modo di viaggiare e una via sofisticata alla conoscenza di un territorio. Sono sempre più numerosi anche gli enti locali che si rivolgono ad agenzie di questo tipo per mettere a punto un’offerta organica e ricca: «Il caso della rete di artigiani di San Gimignano, per esempio, è molto virtuoso – aggiunge Eleonora Odorizzi –. Di recente è stata ripresa anche la coltivazione dello zafferano, che nel Medioevo era una fonte di ricchezza e fama per la città. Un modo per scoprire un altro aspetto della sua storia».
Milena, designer del metallo in Basilicata (ph: Eleonora Odorizzi)
Proprio la Toscana, insieme al Veneto, l’Umbria, le Marche, il Lazio e la Puglia sono le regioni che più stanno puntando su questo tipo di offerta. Ma si stanno avviando progetti anche in Trentino Alto Adige e in Emilia-Romagna, legati in questo caso al mosaico, una delle arti che desta più interesse insieme a gioielleria e ceramica: «Selezioniamo i luoghi significativi per il passato e il presente della tecnica e della sua storia, trovando il giusto equilibrio tra le visite classiche e imperdibili e quelle più specifiche relative al mosaico: ad esempio a Milano il Camparino o la visita a Fantini Mosaici – dice Elena Sisti –. Proponiamo inoltre viaggi in Toscana legati al tema del marmo, con approfondimenti e corsi di scultura negli studi di artisti e scultori a Carrara. Poi ci sono le esperienze legate al tessile, come quelle in Sardegna, e la parte sui mestieri della moda, un tema apprezzatissimo dagli stranieri, che stavamo sviluppando prima della pandemia e che stiamo riprendendo. E abbiamo un viaggio intero dedicato al pizzo, nato in occasione della Biennale dei Pizzi e dei merletti di Como».
Gli italiani amano questo tipo di esperienze, ma è all’estero che sta crescendo più velocemente la passione per il made in Italy più autentico, soprattutto negli Stati Uniti e in Gran Bretagna: «Sono spesso viaggiatori che già conoscono l’Italia e ne vogliono scoprire nuovi aspetti – sottolinea Eleonora Odorizzi –. A Venezia, per esempio, offriamo la possibilità di visitare l’atelier dell’ultimo battiloro italiano, che produce foglie d’oro da impiegare nel mondo food, beauty o nel decoro. Un atelier che si trova in quella che fu la casa di Tiziano Vecellio».
Agata, ceramista in Sicilia (foto Anna Romano)
Il fatto che si tratti di mestieri antichissimi non deve far pensare che questo sia un mondo agée: sono spesso gli artigiani più giovani a voler aprire le loro botteghe ai visitatori, per mostrare anche come stanno portando nel futuro questi saperi, come le ragazze di unPizzo, che a Cantù utilizzano le tecniche del tombolo per creare mobili e decorazioni. Il futuro che si affaccia sul passato: «Il turismo culturale legato all’artigianato potrebbe essere determinante nella valorizzazione dei territori e dell’immenso patrimonio immateriale del nostro Paese – conclude Elena Sisti –. La domanda è esigente e cresce e le persone sono disposte a pagare cifre interessanti per imparare, per veder fare o per acquistare poi il prodotto finito. «La mano è la finestra della mente», notava Kant. Oggi anche dell’economia del turismo.
Chiara Beghelli
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