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Calo demografico, nei prossimi cinque anni chiuderanno 1.200 scuole

di Claudio Tucci

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Negli ultimi 10 anni già chiusi 2.600 istituti nel segmento infanzia e primaria. Emorragia al Sud. Ricerca Tuttoscuola: a breve effetti anche a medie e superiori. Riorganizzare la rete scolastica

28 maggio 2023
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3' di lettura

Le culle vuote degli ultimi anni sono già diventate banchi vuoti ed edifici scolastici chiusi. Per ora soprattutto nelle scuole dell’infanzia e della primaria. Ma l’ombra lunga della denatalità si sta già allungando anche alle medie, e a breve interesserà pure le superiori. I numeri della denatalità li ha ricordati nei giorni scorsi, Giuseppe Valditara, evidenziando come tra 10 anni dai 7,4 milioni di studenti del 2021 si scenderà a poco più di sei milioni, al ritmo di 110-120mila ragazzi in meno ogni anno. E tutto questo sta avendo effetto sugli istituti scolastici. Una ricerca della rivista specializzata Tuttoscuola fa i primi calcoli (e sono drammatici).

Nei prossimi cinque anni chiuderanno 1.200 istituti

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Negli ultimi dieci anni, è scritto nello studio, elaborato su dati ufficiali pubblicati sul sito del ministero dell’Istruzione e del merito, in Italia sono state sbarrate le porte di oltre 2.600 scuole, solo nel segmento delle scuole dell’infanzia e primaria (che, come noto, interessano gli alunni tra i 3 e gli 11 anni di età). E nei prossimi cinque anni si può stimare che ne chiuderanno almeno altre 1.200, tra statali e paritarie.

Emorragia al Sud

Il campanello d’allarme è che l’emorragia di iscritti non si è fermata mai negli ultimi dieci anni e ha colpito soprattutto al Sud: delle 2.600 scuole chiuse tra l’anno scolastico 2014-15 e il corrente 2022-23, due su tre (oltre 1.700) si trovavano nel Meridione. Il 15% delle scuole chiuse erano nel Nord-Ovest (-382), il 10% nel Nord-Est (-245) e il restante 11% al Centro (-289 scuole). Sono soprattutto i piccoli centri, in particolare nei territori montani, ad aver pagato il prezzo più alto, perdendo quello che è il primo centro di aggregazione della comunità locale, presidio di cultura e di relazioni educative.

Si ritira l’offerta privata (ma anche quella statale)

Oltre la metà (55%) delle scuole che hanno chiuso erano paritarie, in larga parte scuole dell’infanzia private. A ritrarsi quindi non è stata solo la scuola privata, che deve fare i conti anche con la crisi economica che rende più difficile pagare le rette e fa dirottare le iscrizioni verso la scuola statale, ma anche quest’ultima: negli ultimi dieci anni, ha calcolato ancora Tuttoscuola, lo Stato ha chiuso ben 1.176 scuole (450 dell’infanzia e 726 primarie), in tutte le Regioni (ma quasi il 70% al Sud e nelle Isole).

Tutti gli effetti dell’attuale trend demografico

Del resto, agli Stati generali della natalità, andati scena a metà maggio, è stato lo stesso Valditara a fotografare, senza troppi giri di parole, la cruda realtà dei numeri: secondo i dati citati dal ministro infatti nei prossimi 10 anni perderemo 500mila studenti alle superiori. Nella scuola secondaria di primo grado, ovvero le medie, il calo sarà di quasi 300mila alunni, in quella primaria di circa 400mila scolari e in quella dell’infanzia di oltre 156mila bambini. Quanto alle cattedre si rischierebbe di passare da 684mila a circa 558mila nel 2033/34 con una riduzione di 10/12mila posti di lavoro ogni anno.

Alcune proposte per affrontare il problema

Per Valditara è quindi necessario affrontare il problema, attraverso «nuovi criteri di formazione delle classi» e una «revisione dei criteri di formazione degli organici». A queste prime riflessioni Tuttoscuola ne ha aggiunte altre: politiche demografiche stabili, e in primis per la famiglia, un sistema completo e integrato per l’infanzia, migliore gestione del tempo, e un intervento urgente nella riorganizzazione della rete scolastica, «rivedendo i parametri minimi e massimi per la costituzione delle classi fissati quindici anni fa, quando il numero di studenti era in crescita».


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