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Menhir, vicoli sottilissimi, case gonfie di corti fatte di abbacinante pietra chiara, antichi forni come il Panificio Vetrugno in cui vi invitano a entrare per mostrarvi come si preparano i biscotti secondo le ricette più antiche, e ancora l’ex Tabacchificio privato della famiglia Guarino diventato un museo-testimonianza dell'infinito e incompreso lavoro delle donne nella manifattura del tabacco, infine il sublime barocco della Chiesa Madre di Santa Maria delle Grazie: stordiscono, ammaliano, proprio come le creazioni in parole e gesti del suo concittadino più illustre. Bisogna partire da Campi Salentina, propio laddove ha preso avvio un secolo fa la vita di Carmelo Bene, per rendersi conto di come e perché sia diventato l'artista italiano più istrionico ed egotico del XX secolo. Questo piccolo borgo alle porte di Lecce, infatti, è tutto un eccesso di case, chiese, masserie fortificate, palazzi baronali che accendono sensi e voglie di godere la vita sino all'ultima goccia in ogni sua sfaccettatura.
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