Norme e Tributi
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La garanzia scatta anche se il cliente non prova l’esistenza del difetto

di Maurizio Caprino

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(Photographee.eu - stock.adobe.com)

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Risoluzione del contratto anche quando il mezzo rimane idoneo all’uso

10 febbraio 2022
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2' di lettura

Il venditore di un veicolo non può rifiutare di riconoscere la garanzia sostenendo che il cliente non ha dato la prova del difetto che lamenta: basta che il consumatore si limiti a denunciarlo, perché la normativa va interpretata alla luce del fatto che il venditore (essendo un professionista) ha maggior facilità a eseguire verifiche tecniche sul mezzo. Così la Seconda sezione civile della Cassazione (ordinanza 3695/2022, depositata ieri) ha ribaltato una sentenza che aveva negato al cliente l’applicazione della garanzia perché il vizio di conformità lamentato non risultava essere stato dimostrato.

Il principio non è nuovo, ma le controversie sono sempre molte e non di rado il consumatore deve produrre perizie, con costi e incertezze che lo dissuadono dall’andare avanti. Anche nel caso deciso con l’ordinanza 3695, il venditore sosteneva che le riparazioni da lui effettuate in garanzia implicassero un vizio di conformità, di cui oltretutto andava dimostrata l’esistenza fin dalla consegna del mezzo nuovo.

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L’ordinanza fissa in modo articolato i punti-cardine della questione, richiamando anche la giurisprudenza della Corte Ue. Tutto va interpretato alla luce del fatto che, come stabilisce l’articolo 135 del Codice del consumo, vale la tutela prevista da quest’ultimo, più forte rispetto a quella stabilita dal Codice civile, che invece si applica agli aspetti non regolati dalla norma consumeristica.

Proprio il Codice del consumo (articolo 129) presume che un difetto esista sin dalla consegna, se si manifesta entro sei mesi (diventati un anno per i contratti conclusi dal 1° gennaio 2022, Dlgs 170/2021) e viene denunciato dal consumatore entro due mesi dalla scoperta (condizione abolita dal Dlgs 170/2021 per i nuovi contratti). Il venditore resta responsabile per i difetti che si manifestano entro due anni dalla consegna, solo che dopo sei mesi l’onere della prova passa sul consumatore.

Ma quest’onere è “asimmetrico”: al consumatore, data la sua posizione più debole, basta “denunciare” e non anche dimostrare, per cui fa fede qualunque mezzo idoneo (per esempio, il documento di accettazione in officina, in cui dichiara che c’è un difetto e lo descrive per come può, in rapporto alla complessità tecnica dell’oggetto difettoso, che sui veicoli è alta). La Cassazione lo ricava dalla sua sentenza 5142/2003 e dall’articolo 5 della direttiva europea 1999/44, per come è stato interpretato dalla Corte Ue nella sentenza 4 giugno 2015 (causa C-497/13). Il cliente non è nemmeno obbligato a indicare la causa del presunto difetto né una sua eventuale origine imputabile al venditore.

Inoltre, nel caso in cui la riparazione non riesca, si ha diritto alla risoluzione del contratto anche quando il difetto persiste: non è necessario che esso renda il bene inidoneo all’uso (sentenza 22146/2020).

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