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Moda, Mediobanca certifica il rimbalzo: +20% sul 2021

di Giulia Crivelli

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Prada, finale della sfilata di settembre della collezione primavera-estate 2023

Prada, finale della sfilata di settembre della collezione primavera-estate 2023

Il report analizza 152 imprese con sede in Italia e fatturato superiore ai 100 milioni. Premiato chi si posiziona nel lusso, grazie a margini più alti, la flessibilità sostiene la crescita delle medie aziende

22 febbraio 2023
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3' di lettura

Il sistema moda italiano o tessile-moda-accessorio (Tma) è un mosaico complesso e affascinante, una filiera di filiere per definizione difficile da raccontare, a parole e con i numeri. Ci è riuscita quest’anno l’Area Studi di Mediobanca, che ha trovato una formula ancora più efficace rispetto agli scorsi report, che riesce a dipingere il quadro completo, fatto da Pmi, grandi aziende o gruppi quotati, ma anche da singoli marchi all’interno dei poli del lusso. Le società analizzate sono 152, scelte in base a due requisiti: avere la sede in Italia e un fatturato superiore ai 100 milioni. Il nuovo report – disponibile per il download completo all’indirizzo www.areastudimediobanca.com – aggrega i dati finanziari ed è corredato da un approfondimento curato dall’analista Nadia Portioli sulle dinamiche più recenti e prospettiche del settore, sulla mappa produttiva e sui dati di sostenibilità e che include la prospettiva sul comparto che emerge dal dialogo con sette ceo.

Il report Mediobanca conferma i dati annunciati tra la fine del 2022 e l’inizio del 2023 da Confindustria Moda, Sistema moda Italia e Camera della moda e cioè che lo scorso anno ha registrato valori molto positivi: i dati preconsuntivi mostrano una crescita del giro d’affari nominale a livello aggregato del 20% (a 82 miliardi, +21% sul 2019). A trainare i ricavi sono le vendite all’estero, in accelerazione del 24% sul 2021. In progressione anche gli investimenti, che dovrebbero attestarsi a un +35%. Positivo, nonostante le incertezze geopolitiche, lo sguardo sul 2023: gli analisti guidati da Nadia Portioli prevedono un ulteriore incremento del giro d’affari dell’8% che porterebbe l’aggregato delle maggiori aziende della moda a sfiorare i 90 miliardi, all’interno di uno scenario in rallentamento macroeconomico, in un contesto di tassi di interesse che vanno normalizzandosi verso l’alto e con le tensioni inflazionistiche in decelerazione. Sul fronte delle vendite, si rilevano segnali di ripresa dei consumi e la riapertura della Cina si prefigura come un’opportunità e un importante driver della crescita: segnali confermati dai dati sull’ultimo trimestre del 2022 di grandi marchi globali con una forte presenza in Cina, come il gruppo Tod’s, Moncler, Cucinelli, Ferragamo, oltre ai colossi francesi Lvmh e Kering.

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Il report Mediobanca certifica che i produttori di alta gamma reagiscono con maggior forza rispetto a quelli mass-market, superando i livelli del 2019 dell’1,1%, mentre i produttori della fascia più economica si trovano ancora al di sotto dei livelli pre-crisi (-3,6%). Ma c’è un dato meno prevedibile e forse più confortante, vista la struttura del sistema moda del nostro Paese: le medie imprese a controllo italiano segnano una ripresa più incisiva (+6,6% sul 2019) rispetto alle grandi (-1,7%) e a quelle a controllo estero (+3,3%), a conferma della maggiore dinamicità e flessibilità di questa classe dimensionale, fiore all’occhiello del nostro sistema industriale. Le dimensioni, comunque, contano: le prime venti aziende del report rappresentano da sole oltre la metà del fatturato aggregato. Al primo posto per ricavi si conferma Prada (3,4 miliardi) che precede Luxottica Group (3,2 miliardi, consolidata dalla multinazionale EssilorLuxottica), e Calzedonia (2,5 miliardi). Seguono Moncler e Giorgio Armani con un giro d’affari di 2 miliardi ciascuno.

La redditività segnala una dinamica calante: l’ebit margin scende dal 12,1% del 2019 al 10,6% del 2021, dopo l’impatto dirompente della crisi, quando si era fermato al 4,5%. Il comparto pelli, cuoio e calzature riporta i margini più soddisfacenti (15,7% nel 2021), seguito dall’occhialeria (12,3%). Abbigliamento e gioielleria sono gli unici due settori produttivi ad aver migliorato i margini nel triennio, superando i livelli pre-crisi. I prodotti di alta qualità continuano a premiare la redditività, con l’alta gamma a chiudere il 2021 con un ebit margin del 10,8%, il 46% al di sopra dei valori dei produttori mass market (7,4%). Il podio per redditività vede al primo posto Fendi (32,8%), davanti a Renato Corti (29,5%), produttore di calzature di alta gamma con clienti come Chanel, e Gingi (29,2%), società conosciuta soprattutto per il marchio Elisabetta Franchi.

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