di Giorgio dellìOrefice
(Imagoeconomica)
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Nel 2020, l'anno segnato dalla pandemia, che ha messo in discussione molti fattori alla base dei sistemi di produzione, distribuzione e consumo, la Dop economy ha confermato il ruolo esercitato nei territori, grazie al lavoro svolto da 200mila operatori e 286 Consorzi di tutela dei comparti cibo e vino.
A confermare questi numeri è l'analisi del X IX Rapporto Ismea-Qualivita sul settore italiano sugli 841 prodotti italiani a marchio DOP IGP che anche nel difficilissimo 2020 ha raggiunto i 16,6 miliardi di euro di valore alla produzione (-2%), pari al 19% del fatturato totale dell'agroalimentare italiano, e un export da 9,5 miliardi di euro (-0,1%) pari al 20% delle esportazioni nazionali di settore.
Risultati resi possibili dall'impegno di tutto il sistema con azioni di solidarietà, attività di sostegno agli operatori, accordi con i soggetti del mercato («sono 60 i milioni erogati dagli istituti bancari italiani per la misura del Pegno rotativo. Sono Dop e Igp una fetta rilevante degli aiuti erogati nell'ambito del Fondo indigenti», ha ricordato il direttore della Fondazione Qualivita, Mauro Rosati) e un continuo dialogo con le istituzioni che, riconoscendo la valenza strategica del settore, hanno supportato attraverso apposite misure la continuità produttiva delle filiere Dop Igp, capaci di esprimere un patrimonio economico dei territori italiani per sua natura non delocalizzabile.
Sul fatturato complessivo i prodotti agroalimentari pesano per 7,3 miliardi alla produzione contro i 9,3 miliardi dei soli vini. Confermato il valore delle esportazioni targate Dop e Igp che nel 2020 hanno raggiunto un valore di 9,5 miliardi (-0,1%). Un risultato che è frutto dei 3,92 miliardi dei cibi a marchio Ue (+1,6%) e dei 5,57 miliardi di esportazioni dei vini (-1,3%).
Di grande rilievo i dati del rapporto Ismea-Qualivita relativi al peso territoriale delle produzioni Dop e Igp. Cifre che mostrano come nel 2020 se da un lato restano predominanti in termini di valori espressi le regioni del Nord Italia, tuttavia, è tra quelle del Sud che si registrano i maggiori progressi. Le prime cinque regioni per produzioni a marchio Ue sono nell’ordine Veneto, Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte e Toscana. Mentre le prime tre provincie sono Treviso, Parma e Verona. Tuttavia, nel 2020 l’area Sud e Isole ha messo a segno un incremento del fatturato rispetto all’anno precedente del 7,5% con in prima fila Puglia e Sardegna e con produzioni come l'Arancia Rossa di Sicilia o la Pasta di Gragnano entrambe Igp.
L'agroalimentare italiano Dop, Igp, Stg è un sistema articolato che coinvolge complessivamente oltre 86mila operatori, 165 Consorzi autorizzati e 46 organismi di controllo.
«In Europa c’è una forte spinta all’omologazione alimentare che per noi, che puntiamo invece alla differenziazione legata alle tradizioni, è semplicemente inaccettabile. Dobbiamo promuovere e stringere alleanze a partire da Francia e Spagna per contrastare questa deriva». A dirlo nel corso della presentazione del rapporto Ismea-Qualivita sui prodotti Dop e Igp, il ministro per le Politiche agricole, Stefano Patuanelli.
«Allorizzonte –ha aggiunto il ministro – c’è anche una riforma delle regole Ue sui prodotti Dop e Igp. Dovremo lavorare in quella sede per rafforzare le tutele e disinnescare le insidie che possono celarsi dietro il tentativo di trasferire l’intero capitolo della qualità alimentare all’ufficio per la proprietà intellettuale. E poi ci sono i tentativi di omologazione nascosti dietro il sistema di etichettatura Nutriscore. È vero che i cittadini vogliono essere più informati, ma non solo sugli aspetti nutrizionali. Anche sul dove e come quel prodotto è realizzato. E infine c’è l’aspetto del consumo moderato che è centrale nel nostro stile di alimentazione ed è il tipo di comportamento in grado di trasformare l’alcol da elemento potenzialmente dannoso in un facilitatore della convivialità».
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