di Claudio Scardovi (*)
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L'inizio del nuovo anno è il momento ideale per i nuovi propositi. Tutto questo non potrebbe essere più vero con riferimento alla sfida epocale (esistenziale?) della green conversion: ci sentiamo tutti più buoni ed ecosostenibili, o pretendiamo di esserlo. Ed iniziamo ogni anno nuovo con obiettivi di sostenibilità totale, questa volta per davvero e per sempre.
L'Unione Europea sta provando a dare un contributo in tal senso, supportando gli sforzi della “finanza verde” (quella dei 100 Tn di Mike Carney), fatta soprattutto di debiti, che non è chiaro se riuscirà a contrastare il cambiamento climatico ridando alle nuove generazioni la sostenibilità perduta. Ma certamente li lascerà al “verde”, finanziariamente parlando, visto il penalizzante arbitraggio generazionale operato per decenni nella struttura del sistema pensionistico e su cui la mole di debito pubblico accumulatasi, con ogni sua deriva inflazionistica, andranno ulteriormente ad insistere.
L'Unione Europea sta infatti introducendo (con ultima proposta circolata proprio lo scorso 31 Dicembre) un sistema di labelling (o “tassonomia”) che segmenta le attività economiche in “ecologicamente sostenibili” o meno. Questo per contrastare il fenomeno del green-wash (molteplici modelli di scoring ESG altamente soggettivi e parziali, manipolabili e manipolati dalle aziende alla ricerca di finanziamenti più facili ed economici e di un'immagine alla moda con i consumatori target dei loro prodotti).
Gli investitori ecosostenibili “buoni”, seguendo i “nuovi propositi” ESG faranno il resto, supportando la green conversion. Ad esempio, avendo chiarito che l'energia nucleare è green, la green finance potrà adesso supportarla, ridando speranza alle next generations del reattore della porta accanto. Il tutto in chiave statica (visione manicheista tra buoni e cattivi, e non tra quelli “con target di miglioramento” o “lungo la strada della perdizione”) e senza ragionare sul “delta” rispetto al target perseguito.
Un approccio basato sulle tassonomie e sulle intenzioni buoniste degli investitori, non avendo precise e dirette conseguenze sul costo o sulla liceità della CO2 emessa lungo le diverse catene del valore, non incide realmente sui comportamenti di produttori e consumatori e rischia di creare facili arbitraggi per gli investitori privati non interessati alla sostenibilità di lungo periodo dell'Umanità sul Pianeta Terra.
Un approccio statico non si presta neppure ad attribuire un diverso ruolo nel tempo alle energie inquinanti (quindi cattive), ma che risultano necessarie per la transizione (ad es. il gas naturale o il nucleare) tenendo conto del percorso realizzato e delle altre esigenze primarie di chi, ad esempio, rischia di morire per la fame o il cattivo tempo.
Se ammettiamo che in ognuno di noi coesistono, in misura diversa ma inevitabilmente, buone e cattive intenzioni, e parimenti ogni attività economica possiede contributi positivi e negativi, con rilevanza dinamica nel tempo, allora ai migliori (peggiori) propositi dobbiamo dare seguito in due modi.
Con regole cogenti: divieti rispetto a ciò che non è accettabile e tasse su quant'altro è dannoso ma (almeno temporalmente) inevitabile e necessario a “finanziare” (monetariamente, ma anche sostanzialmente, come nel caso del gas per superare i prossimi inverni) la conversione green.
Con un nuovo modello di wealth management, basato su un approccio macro-microeconomico ed anche antropologico che definisca le strategie d'investimento in base agli obiettivi di benessere (finanziario, ma anche sociale ed ecologico) pesati per le diverse generazioni, a partire dalle next generations, che sono quelle oggi con minor voce in capitolo e con pochi denari da spendere: depauperate finanziariamente, ma anche socialmente ed ecologicamente.
La green finance e un nuovo modello di wealth management dovrebbero contribuire a cambiare i comportamenti di ciascuno di noi, non sulla base di un semplice labelling tra buoni e cattivi, ma con i giusti incentivi (e con le relative punizioni) per farci diventare migliori investitori, migliori consumatori e migliori cittadini e ridare alle nuove generazioni la speranza di anni migliori.
(*) Amministratore delegato di HOPE S.B. SICAF
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