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«Napoli può ripartire: più qualità urbana per attrarre le imprese»

di Vera Viola

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Costanzo Jannotti Pecci

Costanzo Jannotti Pecci

L’imprenditore campano parla di momento proficuo e appoggia la battaglia del sindaco Manfredi indicando le priorità per far crescere manifattura e occupazione

12 novembre 2021
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3' di lettura

«Per Napoli ora è tempo di ripartire: c’è una congiuntura favorevole ed è necessario trarne vantaggio». La sensazione e la speranza che il Covid possa nuocere meno, l’elezione del neo sindaco, Gaetano Manfredi, la possibilità di investire con i fondi del Pnrr, la voglia diffusa di ricominciare, per Costanzo Jannotti Pecci sono gli ingredienti di un momento dalle grandi potenzialità per la città, per l’area metropolitana e magari per tutto il Mezzogiorno.

Jannotti Pecci è imprenditore di lungo corso, ad della centenaria impresa Minieri che è titolare delle terme di Telese, del Grand Hotel di Telese, dell’azienda che imbottiglia nella stessa città acqua minerale, delle Terme di Latronico, in Basilicata, e amministratore unico della Palazzo Caracciolo Spa che gestisce l’omonimo albergo e il Britannique di Napoli: un gruppo con circa 350 dipendenti diretti e un fatturato pre covid di 20 milioni. Uomo schietto ed esigente, pronto a criticare gli amministratori pubblici su ciò che non va (e accade spesso) e a riconoscere le svolte positive.

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Lei parla di una fase delicata quanto proficua. Ma perchè?

Non c’è dubbio, siamo di fronte a un rimbalzo interessante che gratifica come imprenditori e come cittadini. Il turismo è ripartito, sia in estate quello balneare, sia in autunno nelle città d’arte. C’è solo da sperare che la quarta ondata della pandemia rimanga sotto controllo.

Tutto qui?

Per Napoli e la sua area metropolitana ritengo che si possa sperare in una vera “primavera”, grazie alla governance che è cambiata. Il sindaco Manfredi è uomo di indubbia capacità e competenze. Ha formato una giunta di altrettanto valore. Ci sono le premesse per superare dieci anni di inconcludenze che lasciano una città in ginocchio.

Ma senza risorse per la spesa corrente? Il sindaco qualche giorno fa ha quasi minacciato le dimissioni

Certo, con un Comune fortemente indebitato e una macchina amministrativa falcidiata da tagli, l’impresa è molto complessa. Mancano i dirigenti, i vigili urbani. Il Governo non può non occuparsi di Napoli. E delle grandi città, rimediando a decenni di tagli ai trasferimenti e allo stesso tempo fissando regole per evitare sprechi.

Per ottenere cosa? 

La città deve acquistare semplicemente normalità, migliorando i trasporti e in generale i servizi. Riqualificando il centro storico e le periferie. Sembra una banalità, ma ci sono pochi taxi: 2mila a turno contro i 9mila di Barcellona. Solo una città più “normale” potrà attrarre imprese, professionalità, cervelli. E potrà crescere sotto il profilo sociale e anche quello economico.

Insomma, attrarre investimenti manifatturieri .

Ne abbiamo bisogno. La manifattura deve crescere e deve creare occupazione. Ma c’è bisogno di migliorare le infrastrutture. Partiamo dal porto, a esempio, che è ancora sottoutilizzato. Abbiamo aree Asi degradate e teatro di progetti incompiuti. Spesso ancora non coperte dalla banda larga e non ben collegate alla rete dei trasporti. Penso si debbano favorire gli investimenti delle imprese presenti, il reshoring e attrarre investimenti esteri con centri decisionali e non solo succursali. Ci sono settori strategici da sostenere e nuovi poli su cui continuare a investire. Ci saranno i fondi del Pnrr per Napoli da spendere bene e sono una occasione da non perdere.

Su quali aree investire? 

Faccio un esempio. San Giovanni a Teduccio con il polo della Federico II che ospita la Apple Academy. È una realtà unica nel mondo. Ebbene questa presenza potrebbe promuovere una importante riqualificazione, e in parte lo sta facendo, di una vasta area urbana con gravi problemi anche di legalità. Ma bisogna accompagnare la rivoluzione avviata dall’università. Peraltro ci sono tanti progetti per l’area orientale, quelli proposti dalla Associazione NaplEst et Pompei, bisogna attuarli. Quel polo universitario ha anche posto l’accento sulla necessità di scommettere molto sulla formazione, vera arma per resistere ai cambiamenti. Ma abbiamo bisogno di tutti i livelli di formazione. Sembra un paradosso, ma si fa fatica a trovare operai specializzati. Poi c’è Bagnoli, dove in trent’anni non s’è messa una pietra.

Insomma, si ritorna sulla città, sulla riqualificazione urbana.

Si certo, a Napoli è tema centrale. Per riqualificare è necessario anche un nuovo piano urbanistico: quello in vigore è ormai superato e ha ingessato tutto.

Ma se Napoli si “risveglia”, lei pensa che ci saranno investitori disposti a scommettere?

Ne ho la certezza. Pochi giorni fa una mia fonte qualificata mi ha detto che tra le città d’arte Napoli è quella su cui ci sono più interessi da parte di catene alberghiere internazionali. Io ci credo.

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