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Moda second hand: obiettivo 77 miliardi di dollari tra alleanze e progetti ibridi

di Marta Casadei

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Il primo coinvolge il venditore che scatta e posta foto e gestisce offerte e spedizione

Il primo coinvolge il venditore che scatta e posta foto e gestisce offerte e spedizione

Brand e retailer cavalcano il boom dell’usato, spinto dalla voglia di sostenibilità e anche dall’accelerazione degli acquisti digitali. Fioriscono progetti ibridi, tra dimensione on e offline, come la collaborazione tra la start up Lampoo e Camera Buyer

19 aprile 2022
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3' di lettura

Un collier di Norman Silverman con diamanti a taglio smeraldo, baguette e brillante da oltre 211mila dollari. Una Birkin 25 di Hermès in pelle blu in vetrina a 26.350 euro. O un anello di fidanzamento di Tiffany Soleste in platino, con diamante giallo, “scontato” a 7.327 euro contro i 26mila del prezzo retail. Sono alcuni dei pezzi più pregiati (e costosi) in bella mostra sulle piattaforme di second hand. Un mercato che  sta crescendo esponenzialmente.

Secondo McKinsey, nel 2020 il mercato valeva 25-30 miliardi di euro, mentre nei prossimi 10 anni è prevista una crescita annua del 10 per cento. Il trend è confermato da un’analisi di Barclays secondo cui il business del fashion resale passerà dai 36 miliardi di dollari del 2021 ai 77 miliardi di dollari del 2025, crescendo 11 volte in più rispetto alle vendite di prodotti nuovi.

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Se i giganti del segmento sono al centro di grosse operazioni finanziarie (Vestiaire Collective ha rilevato l’americana Tradesy, creando un maxi polo del second hand con focus sugli Usa) , altri player del settore moda si stanno muovendo per cavalcare l’onda. Stanno fiorendo progetti ibridi, tra online e offline, che coinvolgono start up digitali, negozi fisici, storiche boutique, mega piattaforme di vendite online. L’ultimo in ordine cronologico vede alleati Moda Operandi e Rebag: una collezione di 115 borse di seconda mano (tra cui la Kelly di Hermès e una Louis Vuitton Sac Cœur in limited edition) saranno in vendita per un mese sull’e-store americano.

Il trait d’union tra tutti questi progetti - oltre all’obiettivo economico - è la volontà di dare vita a un modello circolare di business, sotto la spinta di un pubblico sempre più interessato alla sostenibilità ma ancora affascinato dai grandi brand. E, quindi, disposto ad acquistare prodotti usati.

Enrico Trombini ha creato Lampoo, piattaforma di second hand di lusso in piena pandemia. «Volevo creare un player con presenza paneuropea che utilizzasse un modello di business assente in Europa, cioè quello del conto vendita - spiega -. Siamo partiti a marzo 2020 e oggi abbiamo una piattaforma web, un negozio a Milano, uno in apertura a Londra tra sei settimane. L’obiettivo? Triplicare il fatturato annuo». Lampoo è stata ideata sul modello TheRealReal, piattaforma fondata a San Francisco nel 2011, oggi quotata al Nasdaq e pronta a raggiungere i 5 miliardi di dollari di Gmv nel 2025. E ha scelto di lavorare insieme ad altre realtà del sistema moda: «Ho sempre pensato che la piattaforma potesse essere partner per altre realtà. I negozi multimarca sono tra queste: erano stati totalmente tagliati fuori da un business in cui, invece, sono stati felici di poter essere parte». La formula è semplice: le clienti delle boutique (la prima a partire con il progetto Relove è Tessabit di Como) che decidono di dare una nuova vita a capi e accessori con Lampoo ricevono un buono sconto pari al 10% del valore dei prodotti da spendere in boutique.

Un “accordo” simile è quello tra Mytheresa, e-tailer di lusso con base a Monaco di Baviera, e Vestiaire Collective: l’idea è quella di stimolare la fetta di clientela più fashion e abbiente (che vende) a comprare prodotti nuovi e avvicinare al lusso e ai grandi brand una fascia di clienti più giovani e più orientate a un acquisto sostenibile.

Il second hand ha il suo mercato chiave negli Usa e ha importanti prospettive di crescita anche in Cina: secondo l’indagine Barclays il 60% ha in programma di aumentare gli acquisti di seconda mano e il 29% è propenso a rivendere i propri capi. Anche per questo il settore ha cominciato ad attirare grandi player. Dopo le collaborazioni (Gucci-The RealReal) e le operazioni finanziarie (Kering ha investito in Vestiaire Collective), alcune piattaforme e-commerce globali hanno lanciato il proprio canale di acquisto e vendita di prodotti usati: Farfetch ha acquisito la piattaforma Luxclusif e lanciato il progetto Second Life dedicato alle borse.

A cogliere l’opportunità offerta da un segmento che cresce anche grazie al valore di sostenibilità non sono solo le aziende che operano nell’alto di gamma: il gruppo H&M ha investito nel second hand con la piattaforma Sellpy, che attualmente è attiva in più di 20 mercati tra cui l’Italia, e dove sono in vendita capi e accessori (non solo a marchio H&M) che costano poche decine di euro. Un anno e mezzo fa anche il colosso tedesco Zalando è sbarcato nel pre owned: un anno dopo il lancio, a settembre 2021, la categoria Second Hand di Zalando è risultata in crescita di 20 volte, passando da 20.000 articoli a oltre 400.000 scelte sulla piattaforma, ed è disponibile in 13 dei 23 mercati europei.

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