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Previdenza complementare: come funziona e come dedurre i contributi

di Giuseppe Argentino

4 luglio 2018
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3' di lettura

Con l’aiuto della previdenza complementare, il reddito di un pensionato potrà elevarsi del 12-15 per cento. La stima è della Ragioneria generale dello Stato, secondo cui tra 20 o 30 anni un lavoratore dipendente percepirà dall’Inps una pensione pari a circa il 60% dell’ultima retribuzione; per un lavoratore autonomo tale pensione potrà ridursi a meno del 50% dell’ultimo reddito da lavoro. La previdenza complementare appare, dunque, una necessità.

L’iscrizione al fondo integrativo
Il Dlgs 252/2005 ha consentito a qualsiasi persona di iscriversi ai fondi pensione istituiti per promuovere piani di risparmio previdenziale di lungo periodo. In particolare, i lavoratori subordinati, compresi i pubblici dipendenti, possono iscriversi ai fondi pensione destinandovi il Tfr, ed eventuale altra contribuzione aggiuntiva personale, con l’obbligo per il datore di lavoro di aggiungere altra contribuzione, a totale suo carico, nella misura fissata dalla contrattazione. In questo modo un lavoratore, tra Tfr e contribuzione aggiuntiva, può accantonare circa il 10% della sua retribuzione, che nell’arco di una vita lavorativa di 30-40 anni contribuisce a costruire una seconda pensione, fondata su un montante contributivo incrementato dagli interessi composti prodotti dai rendimenti maturati nel tempo in conseguenza degli investimenti effettuati.

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Lo sgravio fiscale dei contributi
La previdenza complementare offre numerose opportunità, in particolare per quanto riguarda la normativa fiscale che prevede la deduzione dal reddito della contribuzione versata fino a 5.164,57 euro all’anno; il Tfr viene comunque devoluto in regime di neutralità d’imposta. Non è tutto: i rendimenti maturati, infatti, sono soggetti all’imposta del 20%, che scende al 12,5% se prodotti da titoli di Stato. Inoltre, la prestazione al pensionamento non sarà tassata insieme con gli altri redditi, ma assoggettata a un’imposta secca del 15 %, che si ridurrà dello 0,3% per ogni anno di permanenza nei fondi pensione oltre il quindicesimo, con un massimo di riduzione del 6 per cento.

In pratica, chi rimane iscritto alla previdenza complementare per almeno 35 anni si vedrà applicare una tassazione del 9% sulla prestazione pensionistica. Quest’ultima potrà essere erogata in rendita, oppure in capitale, ma in questo caso in misura non superiore al 50% del montante accumulato; il capitale tuttavia potrà essere percepito al 100% se la conversione in rendita di almeno il 70% del montante sarà inferiore al 50% dell’assegno sociale. Per intendersi, quest’anno tale assegno ammonta a 5.889 euro.

L’investimento per la pensione
Un’altra opportunità è data dagli investimenti della contribuzione che può essere collocata, a scelta della persona interessata, su linee diverse, alcune più esposte alla volatilità dei mercati finanziari, e quindi più rischiose, altre bilanciate, meno rischiose, o ancora su linee prudenziali. In genere, è consigliabile orientare gli investimenti al proprio ciclo di vita, collocando il proprio risparmio previdenziale su linee più rischiose in età giovanile (quando il capitale è ancora di importo modesto e vi è tempo per recuperare eventuali rendimenti negativi, ma dove si possono realizzare anche “guadagni” interessanti), spostandosi, negli anni successivi, verso linee bilanciate e poi conservative (a maggior tutela del risparmio accumulato).

L’anticipo e il riscatto del montante
Prima del pensionamento si possono ottenere anticipazioni, in qualsiasi momento, fino al 75% del montante maturato, per fare fronte a spese sanitarie: in tal caso si applica una tassazione del 15% con le riduzioni già menzionate.

Passati otto anni dall’iscrizione alla previdenza complementare, si può ottenere un’anticipazione fino al 75% del montante per l’acquisto o la ristrutturazione della casa di abitazione, e fino al 30% per ulteriori esigenze non necessariamente da specificare: in entrambi i casi l’anticipazione è tassata al 23 per cento.

Un lavoratore può inoltre riscattare il 50% del montante se è disoccupato da oltre 12 mesi, o se si trova in cassa integrazione o in mobilità; ma il riscatto può essere totale se la disoccupazione si protrae per più di quattro anni anni, o si è affetti da invalidità permanente con riduzione della capacità di lavoro a meno di un terzo. In questi casi si applica una tassazione del 15% (con le riduzioni già evidenziate).

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