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Incertezze tedesche e futuro dell’Europa

di Sergio Fabbrini

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(AFP)

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Finalmente, dopo mesi di incertezze, il governo tedesco di Olaf Scholz ha deciso di fornire all'Ucraina i carri Leopard 2-A4.

30 gennaio 2023
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4' di lettura

Finalmente, dopo mesi di incertezze, il governo tedesco di Olaf Scholz ha deciso di fornire all'Ucraina i carri Leopard 2-A4. Tutto bene? Non proprio. Spiego perché. La politica tedesca continua ad essere appesantita della storia del Paese. Non potrebbe essere altrimenti. La Germania post-bellica ha condannato la guerra in quanto mezzo di risoluzione delle contese tra Paesi. Essa ha cercato di liberarsi dai suoi demoni rifiutando (all'interno) la politica come attività discrezionale e (all'esterno) la politica come attività di potenza. Con la fine della Guerra Fredda (1991), tale visione è evoluta verso una ideologia nazionale chiamata “mercantilismo”. Il dizionario politico tedesco ha abolito la parola “guerra” per sostituirla con la parola “commercio”. L'ideologia mercantilista ha condotto al ridimensionamento dei centri operativi della sicurezza e al sottodimensionato dell'apparato militare del Paese.

La produzione di armi è stata giustificata come business industriale, non già (anche) come sicurezza nazionale. La Germania ha continuato ad affidare all'America e alla Nato il compito di garantire quest'ultima, beneficiando di un bene pubblico (la difesa) senza pagarne i costi. In questo modo, peraltro, ha potuto investire le proprie significative risorse per scopi economici e di welfare, secondo la logica propria dell'“azzardo morale”. È singolare che oggi siano i Verdi (partito tradizionalmente pacifista), attraverso la ministra degli esteri Annalena Baerbock, a prendere le distanze dal mercantilismo. Non può stupire, comunque, che l'opinione pubblica del Paese continui ad essere spaccata come una mela (secondo Deutschland Trend Poll della settimana scorsa, il 46% dei cittadini tedeschi era a favore della fornitura dei Leopold 2 all'Ucraina, il 43% contro e l'11% indeciso). Come si può pensare che la Germania possa guidare la politica di sicurezza europea?

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Quest'ultima, però, non può essere guidata neppure dalla Francia, seppure molti a Parigi pensino che la sicurezza europea coincida con la visione francese. L'egemonismo francese è temuto da diversi Paesi europei ma anche extra-europei. Non c'è un Paese africano, colonizzato dalla Francia, che non risenta ancora oggi degli abusi coloniali subiti da quest'ultima. Pochi giorni fa, ad esempio, il governo di Burkina Faso ha imposto alle truppe francesi di lasciare il Paese, dove pure erano di stanza per combattere il terrorismo. Nessun Paese dell'Ue gode della legittimazione storica e dispone delle risorse materiali per poter esercitare, da solo, un ruolo internazionale significativo. È patetico che la Francia difenda il proprio seggio al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite oppure che la Germania chieda di farne parte. Così come è stata patetica la Brexit giustificata dall’ambizione inglese di ritornare ad essere la “Global Britain”, con il risultato di declassare internazionalmente Londra (al punto che, secondo un sondaggio Savanta pubblicato il 1° gennaio scorso su The Independent, 2/3 dei cittadini britannici ritornerebbe nell'Ue, se si tenesse un nuovo referendum). Così come è patetica l'Italia quando, serrando le mascelle, vuole far credere di essere una potenza. L'egocentrismo nazionalista dei Paesi europei più grandi e l'opportunismo nazionalista di quelli più piccoli sono la causa dell'impotenza militare dell'Ue. Secondo lo Stockholm International Peace Research Institute (Sipri), nel 2021, la spesa militare della Russia è stata di 65,9 miliardi di dollari, superiore a quella di ognuno dei grandi Paesi dell'Ue (Francia 56,6 miliardi, Germania 56 miliardi, Italia 32 miliardi e Spagna 19 miliardi). Tuttavia, senza considerare il Regno Unito (che ha avuto una spesa di 88,1 miliardi), la somma della spesa militare dei quattro grandi Paesi dell'Ue sarebbe di 163,6 miliardi, cioè 2,5 volte superiore alla spesa russa. Eppure, non abbiamo una difesa europea. Al suo posto abbiamo uno spreco di risorse (e quindi un incremento delle tasse), in quanto ogni Paese replica gli stessi apparati di difesa degli altri. Non cambierà molto con il nuovo investimento di 100 miliardi di euro promesso dal governo Scholz o con il quasi-raddoppio della spesa militare francese da 295 miliardi (per il periodo 2019-2025) a 413 miliardi (nel 2030) promesso dal presidente Macron. Ognuno continua ad andare per la propria strada. Il coordinamento volontario tra i governi nazionali, su cui si basa la politica sicurezza dell'Ue, è una ipocrisia organizzata. È vero che l'Ue ha aiutato l'Ucraina a comprare armi di difesa, attraverso l'European Peace Facility, un programma di 5,6 miliardi di euro creato nel 2021 e quindi rafforzato con altri 2 miliardi alla fine del dicembre 2022. Tuttavia, non solamente le risorse si sono già esaurite, ma il loro utilizzo ha dovuto subire i veti periodici del governo ungherese, dovendo essere approvato all'unanimità. Nel frattempo, qualcuno ha perso la vita in Ucraina. Al 19 gennaio 2023, l'assistenza militare americana all'Ucraina è stata di 27,5 miliardi dollari. La guerra è in casa nostra, ma non potremmo affrontarla senza l'aiuto di Washington D.C.. Insomma, il dilemma della sicurezza europea non si risolve, se non si dota l'Ue di una capacità militare autonoma dai suoi Stati membri. Su Foreign Affairs, Daniel Byman e Kenneth Pollack hanno ricordato che la politica dipenda anche dai leader, non solamente da forze impersonali. C'è, in Europa, qualche leader che riesca a guardare più lontano del proprio naso?

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