Sostenibilita
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Tecnologia e sostenibilità unite nella corsa verso emissioni zero

di Chiara Bussi

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(scharfsinn86 - stock.adobe.com)

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Già oggi il clean tech muove tra i 2.500 e i 3mila miliardi di euro a livello globale ma per l'Europa pesa il nodo materie prime. Produzioni i scala e incentivi dovrebbero favorire la crescita e l'espansione delle filiere

7 marzo 2023
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4' di lettura

Strada obbligata, leva per la competitività e fattore geopolitico. Se il percorso verso la neutralità climatica entro il 2050 a livello globale è stato tracciato, almeno sulla carta, le tecnologie pulite (o clean tech) per compiere questo salto diventano sempre più strategiche e con esse gli incentivi per promuoverli. Un’esigenza resa ancora più urgente dal rialzo dei prezzi dell’energia.

Ne è ben consapevole la società di consulenza Gartner che ha inserito la tecnologia sostenibile tra le principali tendenze del 2023. L’87% del campione di Ceo intervistati si attende un aumento degli investimenti in questa direzione nei prossimi due anni. Per poter centrare gli obiettivi Esg dell’Agenda Onu 2030 la tecnologia deve abbracciare la sostenibilità.

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«Definire il perimetro del clean tech non è semplice», puntualizza Davide Chiaroni, vicedirettore e cofondatore di Energy & Strategy della School of Management del Politecnico di Milano. Nell’interpretazione più estensiva comprendono le tecnologie per l’energia pulita (rinnovabili, idrogeno verde, cattura e stoccaggio di anidride carbonica), combustibili alternativi, tecnologie per l’efficientamento energetico degli edifici, e la mobilità sostenibile (veicoli a basse emissioni, sistemi di ricarica), fino all’illuminazione e al trattamento delle acque. Un microcosmo, aggiunge Chiaroni, «che nel 2022 secondo le nostre stime ha catalizzato circa 40 miliardi di euro di investimenti in Italia, anche sulla spinta del superbonus per la parte di efficientamento energetico degli edifici, tra i 450 e i 600 nella Ue e tra i 2.500 e i 3mila miliardi a livello mondiale».

Secondo l’Iea (l’Autorità internazionale dell’energia) circa la metà della riduzione delle emissioni arriverà proprio da tecnologie che non sono ancora disponibili in commercio. «Una nuova era industriale – si legge in uno degli ultimi report - che creerà nuovi mercati e milioni di posti di lavoro, ma anche rischi crescenti spingendo i vari Paesi a escogitare strategie industriali per assicurarsi un posto di rilievo nell’economia energetica globale».

Sullo scacchiere mondiale del clean tech la Cina corre, gli Usa inseguono e la Ue vuole recuperare terreno ma deve fare i conti con il nodo materie prime. Per le terre rare, vitali per le produzione di tecnologie chiave per l’energia eolica e le batterie, ad esempio, i Ventisette sono dipendenti al 98% da Pechino. Questo ha spinto verso l’alto i prezzi e sta minacciando la competitività europea. Al momento la maggior parte di queste tecnologie risultano ancora di gran lunga più costose rispetto alle loro alternative fossili, come dimostra il recente studio a cura del World Economic Forum e Bcg “Winning in Green Markets: Scaling Products for a Net Zero World”. L’ammoniaca blu, ad esempio, costa tra il 40 e il 250% in più, mentre la plastica riciclata o il cemento prodotto con la cattura e lo stoccaggio di anidride carbonica hanno un sovrapprezzo tra il 50 e il 110 per cento. «Le tecnologie green che a livello globale avranno più possibilità di espandersi e sostituire le alternative comuni più inquinanti, come già avvenuto con le batterie nell’autotrazione e con pannelli solari ed eolico nella generazione di energia elettrica – dice Federico Colombara, Partner & Associate Director, Climate & Sustainability di Bcg- sono l’idrogeno verde, il biometano e la cattura di carbonio in tutte le sue forme , relativa cioè sia alle emissioni di processo e di combustione, sia alla cattura della CO2 atmosferica. Insieme a rinnovabili e biometano, l’idrogeno verde e la carbon capture portate su ampia scala potranno supportare il percorso di sostenibilità di molte filiere industriali, come quella del cemento, dei metalli, della chimica e dei fertilizzanti». Ma soprattutto, idrogeno verde e CO2 (anche in forma di gas di sintesi, derivato cioè dalla gassificazione dei rifiuti), spiega Colombara, «sono potenziali punti di partenza per numerose nuove tecnologie che con una scala e un’adeguata progettualità si potranno affermare come soluzioni efficienti e sostenibili: in primo luogo carburanti e sostanze chimiche sintetici come e-metanolo o Saf, rispettivamente per il trasporto marittimo o aereo».

Intanto dal Canada al Regno Unito passando per l’India anche i Governi si muovono per accelerare la transizione verso queste tecnologie. Il pacchetto più corposo arriva dagli Usa con l’Inflation Reduction Act (Ira) da 369 miliardi di dollari dello scorso agosto che modifica alcuni crediti di imposta e ne crea di nuovi in un’orizzonte fino al 2032. La controffensiva di Bruxelles si chiama Green Deal Industrial Plan: annunciato dalla Commissione Ue il 1° febbraio, punta a trasformare il Vecchio Continente nella patria delle tecnologie pulite. Un pacchetto molto articolato costituito da un mix tra un allentamento delle regole sugli aiuti di Stato e azioni per sviluppare una catena di fornitura europea delle materie prime critiche entro il 2030. Nel medio termine l’obiettivo è arrivare a un Fondo sovrano europeo.

«Queste tecnologie saranno cruciali nei prossimi anni – afferma Milan Elkerbout, head of climate policy al think tank Ceps - ma la Ue deve accompagnare la transizione attirando maggiori investimenti per consentirne lo sviluppo e non restare indietro rispetto a Usa e Cina. Il Green Deal Industrial Plan va nella giusta direzione, ma Bruxelles deve imparare da Washington a prevedere un sostegno mirato, semplificato e trasparente per poter davvero dare una spinta significativa». Secondo Elkerbout, «occorre trovare un giusto equilibrio preservando il mercato interno senza distorsioni tra Paesi». Il Fondo Ue per l’innovazione, principale strumento di finanziamento di queste iniziative (si veda a pagina 6), deve essere reso meno complesso, soprattutto nei criteri di accesso».

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