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Il mistero di Ettore Majorana, in fuga da sé stesso e dalla Storia

di Giuseppe Chiellino

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Proprio mentre torna di attualità il tema del nucleare, tra i timori di escalation nel conflitto russo-ucraino e la necessità di fonti di energia sicure, Mimmo Gangemi ricostruisce in un romanzo, tra indizi, congetture e verità giudiziarie, le vicende di uno dei fisici più importanti del ’900 a cui si devono, insieme agli altri Ragazzi di via Panisperna, le prime e fondamentali intuizioni sulle potenzialità dell’atomo

13 febbraio 2023
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3' di lettura

Su Ettore Majorana e sulla sua scomparsa tra il 26 e il 27 marzo del 1938, si sono esercitati in tanti, nel tentativo di risolvere il mistero di quel viaggio in piroscafo tra Napoli e Palermo, in cui si perdono le tracce del giovane scienziato. Majorana è uno dei ragazzi di via Panisperna, il gruppo di fisici italiani a cui si devono le prime fondamentali scoperte sull'energia dell'atomo, guidato da Enrico Fermi che sul finire di quello stesso anno riceve il Nobel per la fisica grazie all’identificazione «dei nuovi elementi radioattivi prodotti dal bombardamento di neutroni e per la scoperta delle reazioni nucleari causate dai neutroni lenti».

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Ettore Majorana (Agf)

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La verità giudiziaria

Proprio quando la minaccia dell'arma atomica torna d'attualità insieme alla paura di un'escalation della guerra in Ucraina, e si torna a discutere delle grandi potenzialità dell'uso civile e pacifico di questa energia nucleare per accelerare la decarbonizzazione e superare – in sicurezza - la dipendenza dalle fonti fossili, Mimmo Gangemi sceglie il romanzo per ricostruire le “sette vite” di Majorana, uno dei maggiori fisici italiani, e non solo italiano. Nell' “L'atomo inquieto” (Solferino, 311 pag) in libreria da qualche settimana, Gangemi sposa la tesi forse meno bizzarra tra le tante formulate nel corso dei decenni sulla scomparsa di Majorana e fa sue, in sostanza, le conclusioni a cui è giunta nel 2015 la Procura di Roma che per quattro anni ha indagato sulla scomparsa dello scienziato. Nel chiedere l'archiviazione, i magistrati hanno escluso il suicidio o l'omicidio e anche il rifugio in un convento, affermando che lo scienziato era vivo tra il 1955 e il 1959 e si trovava in Venezuela, nella città di Valencia, con una falsa identità e il cognome Bini. Conclusioni, queste, a cui la Procura era giunta dopo l'analisi di una foto di cui il Ris aveva accertato la «perfetta sovrapponibilità» dei tratti somatici di Ettore con quelli del padre.

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Francesco Fasani (a sinistra) con Bini a Valencia, in Venezuela (1955)

Le sette vite di Torè

Sette vite, dunque, nel racconto di Gangemi, tra storia e romanzo, passate da Ettore (“Torè”, per la voce di dentro che affiora nell'animo inquieto dell'uomo, prima che dello scienziato) a mimetizzarsi per sfuggire a sé stesso e al mondo, con identità diverse per cancellare il passato ma senza cercare davvero un futuro. L'ultimo Majorana è nei messaggi contraddittori delle lettere e dei telegrammi del 25 e del 26 marzo '38, indirizzati alla famiglia e al direttore dell'istituto di fisica dell'università di Napoli, dove da pochi mesi è titolare di cattedra. Da quel momento cominciano le altre vite di Torè. E anche il romanzo di Gangemi. Dalla Certosa di Serra San Bruno, sulle Serre calabresi, al sanatorio per malati di tubercolosi, con nomi e documenti sempre diversi. Fino al trasferimento a Berlino, in veste di scienziato svizzero, al servizio della Germania di Hitler per realizzare - in competizione con gli Stati Uniti e con Fermi - l'arma definitiva con cui vincere la guerra. La disfatta tedesca spinge Ettore a ripiegare transfuga in Italia, a Bolzano, e a rinunciare per sempre ai suoi studi, nascosto insieme ad altri, come lui, compromessi con il regime e in fuga dalla Germania occupata dai vincitori.

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Adolf Eichmann (al centro) . Secondo alcuni l'uomo a sinistra è Majorana (1950)

Tra indizi e congetture il cerchio si chiude

Con la presa di coscienza di cos'era stato davvero il Terzo Reich, cresce in lui l'angoscia di essere prima o poi riconosciuto e considerato complice dei crimini nazisti. La nuova fuga, in Sud America prima in Argentina con Adolf Eichmann (secondo alcuni confermata da una foto sulla nave), poi in Venezuela per prendere definitivamente le distanze dai nazisti. Tra italiani ma con una nuova identità, quella di Andrès Bini il cui nome tornerà tanti anni dopo nell’inchiesta dei magistrati romani. E ancora il ritorno in Italia, senza una vera meta, se non sé stesso. Il cerchio si chiuderà in modo tragico, più o meno lì dove era iniziata la sua fuga dal mondo.

Districandosi tra indizi e congetture, Gangemi ricostruisce la tormentata vicenda umana personale. Spesso immagina. E racconta, nel suo stile ricco ma sempre agile e scorrevole. Una storia di fughe e rinunce, di libertà e sofferenza, incastonata nella Grande storia di un conflitto mondiale e delle ferite inferte all'uomo e all'umanità. Qualunque sia stata la scelta di Ettore Majorana, in quella primavera di 85 anni fa.

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