di Antonella Scott
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A una a una, le voci si spengono. La radio Eco di Mosca, nata nel 1990 sull’onda della perestrojka, è stata costretta a sospendere le trasmissioni. Il canale tv Dozhd, divenuto famoso nella stagione delle proteste contro Vladimir Putin iniziata nel 2011, è fermo al messaggio con cui la direttrice Natalja Sindeeva annuncia il blocco: «Ci servono le forze per capire come continuare a lavorare». Fuori uso in Russia Facebook e Twitter, BBC e Deutsche Welle, bloccati per aver diffuso «false informazioni» sulla guerra in Ucraina. Chiuderci, ha commentato il segretario britannico alla Difesa Ben Wallace, «non salverà Putin dalla verità».
Il giro di vite contro l’opposizione politica e contro la libera stampa in Russia non è notizia di questi giorni: ma la legge approvata venerdì 4 marzo dalla Duma e in serata firmata dal presidente Vladimir Putin azzera ogni possibilità di informare la popolazione su quanto sta avvenendo in Ucraina. Dove la guerra è «un’operazione militare speciale», i leader ucraini e il loro esercito «neonazisti» che per otto anni hanno sottoposto a «genocidio» la popolazione russofona del Donbass. Costringendo Mosca a intervenire per proteggerli.
Una verità di Stato che nega ai russi le immagini dei quartieri residenziali rasi al suolo a Kharkiv, il dramma dei profughi, il terrore dei bambini, i corpi smembrati dei soldati russi ai piedi di carri armati bruciati. Non vedranno, non sapranno. «È venuta l’ora di stringersi attorno a Putin», ha detto il portavoce del presidente, Dmitrij Peskov.
Chi non lo farà, chi diffonderà notizie false sulla guerra che non c’è, ora rischia fino a 15 anni di carcere. La legge approvata contiene emendamenti al Codice penale: tra questi, sono anche previste multe per chi invoca sanzioni contro la madrepatria, e via via pene sempre più severe per chi getta il discredito sulle forze armate o chiama le persone a manifestare. La decisione ha costretto una lista sempre più lunga di media a fermare il lavoro, a tutela dei propri giornalisti: si fermano CNN, Bloomberg, Voice of America.
«La censura militare in Russia è entrata rapidamente in una nuova fase - è il messaggio di Dmitrij Muratov, premio Nobel per la Pace e direttore di Novaja Gazeta, un altro punto di riferimento della stampa liberale, il giornale di Anna Politkovskaja e Michail Gorbaciov -. Dalla minaccia di bloccare e chiudere le pubblicazioni sono passati a quella di perseguire penalmente i giornalisti e i cittadini che diffondono informazioni sulle operazioni militari diversi dai comunicati stampa del ministero della Difesa. Non c’è dubbio che la minaccia verrà messa in pratica».
Per questo il quotidiano di Muratov ha preso la decisione di rimuovere dalle proprie pagine ogni riferimento al tema della guerra in Ucraina, per poter continuare a raccontare «le conseguenze per la Russia: la crisi economica, i problemi di accesso a medicine e tecnologie straniere, la persecuzione dei dissidenti».
Neppure la nuova legge intimidisce Aleksej Navalnyj, oppositore in carcere dal gennaio 2021, costretto ad affrontare sempre nuove accuse e nuovi processi. «Da otto giorni - ha fatto scrivere sul proprio sito web - il nostro Paese è considerato il male assoluto, da otto giorni sulle città ucraine piovono bombe e missili. Putin infanga la nostra bandiera, la nostra lingua e la stessa parola “Russia”. Forse avete paura, ma cedere alla paura significa stare dalla parte dei fascisti e degli assassini. Uscite per le strade, che tutto il mondo veda che Putin non è la Russia. Spesso chiedono: “Cosa può cambiare un incontro?”. Cambierà noi. Noi, risposta al futuro della Russia». L’appuntamento è domenica 6 marzo, a Mosca e Pietroburgo.
Ma chi potrà raccontare la protesta, i prevedibili arresti? Un’altra vittima della repressione è Memorial, la più antica organizzazione russa a difesa dei diritti umani di cui a dicembre è stata ordinata la chiusura, e che venerdì si è vista arrivare le forze speciali negli uffici di Mosca. La perquisizione è andata avanti per ore, gli avvocati di Memorial non sono stati ammessi all’interno. Al direttore Aleksandr Cerkasov, fa sapere Memorial Italia, è arrivata una telefonata di solidarietà dal presidente francese Emmanuel Macron.
Antonella Scott
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