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Sanità mondiale, farmaci meno cari e brevetti

di Pietro Paganini

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24 gennaio 2019
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3' di lettura

Troppi cittadini faticano ad accedere alle cure più avanzate, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. Ridurre il prezzo dei farmaci è per l’Organizzazione mondiale della sanità una priorità. Come? Invitando i governi a fare uso delle licenze obbligatorie: la pratica che consente di copiare una cura protetta da brevetto per immettere sul mercato un farmaco più economico. Il fine è lodevole, ma lo strumento attenta ai fondamentali diritti di proprietà e minaccia l’innovazione.

Il brevetto che tutela i farmaci più innovativi non è la causa del difficile accesso alle cure. Le ragioni sono molto più complesse. Lo dimostra il fatto che i governi faticano a trovare la soluzione che richiede evidentemente un costante lavoro di riforme e investimenti che devono necessariamente seguire le trasformazioni economiche e sociali. Al contrario, i brevetti sono uno dei fattori che favoriscono l’innovazione, e quindi lo sviluppo di nuove cure, come dimostra l’Indice internazionale per la tutela della proprietà (Il Sole 24 Ore del 9 agosto 2018): le regioni che più tutelano i diritti di proprietà sono quelle che maggiormente innovano.

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La scelta di promuovere l’uso delle licenze obbligatorie è affrettata ed emotiva. Risponde forse, alla frustrazione di non trovare la soluzione perfetta per migliorare le condizioni di salute dei cittadini del mondo. Il ricorso a questo strumento ha senso per situazioni di emergenza sanitaria, quando vi è urgenza di reperire in poco tempo grosse quantità di un medicinale. Estenderne l’uso nella speranza di ridurre i costi serve soltanto a rassicurare gli animi, illudendoli:

1. la riduzione del costo non è né automatica né garantita come dimostrano i Paesi che hanno introdotto questa pratica per alcuni farmaci;

2. per replicare una cura occorrono comunque competenze e conoscenze avanzate che non sono facilmente reperibili, soprattutto nei Paesi più poveri;

3. la maggior parte dei farmaci in circolazione sono già privi di brevetto.

Il difficile accesso alle cure dipende da tanti altri fattori, come:

I. il numero insufficiente di personale sanitario (secondo l’Oms mancano 7,2 milioni di impiegati nel settore, saranno 12,9 milioni nel 2035, dato che per via della crescita della popolazione serviranno più medici e infermieri);

II. la debolezza dei sistemi assicurativi (pubblici o privati): in Germania solo il 12,9% dei costi sanitari è a carico delle famiglie, in India è l’86%, così come per i Paesi con redditi medio-bassi;

III. infrastrutture scarse e filiere inefficienti rallentano la disponibilità delle cure soprattutto nei Paesi in via di sviluppo;

IV. le tariffe sulle importazioni gravano sul costo finale. Una riduzione delle quote sui farmaci porterebbe a risparmi sostanziosi: 6,2 miliardi di dollari in Cina, 2,8 in Russia, 2,6 in Brasile, 737 milioni in India; la semplificazione delle pratiche burocratiche per il riconoscimento e la registrazione di nuove cure da parte delle autorità preposte: 2-3 anni in Cina per registrare un nuovo farmaco, 18 mesi in Brasile, India e Russia. Le licenze obbligatorie colpirebbero soprattutto le piccole e medie imprese del settore farmaceutico e del biotech che, a differenza delle grandi multinazionali, hanno risorse limitate, operano in pochi mercati, e hanno poche possibilità di competere sul mercato globale. Si rischia così di annientare un settore chiave dello sviluppo sociale ed economico di un Paese, indebolendone il sistema della ricerca e dello sviluppo. La proprietà intellettuale è lo strumento con cui si tutela il contributo che le Pmi portano all’innovazione.

Nell’era della globalizzazione in cui le industrie basate sulla conoscenza costituiscono il fondamento delle economie di maggior successo, i diritti di proprietà intellettuale (Dpi) devono essere considerati istituzioni di mercato fondamentali, insieme ai diritti di proprietà fisica. Questa tendenza dell’Oms a interferire ideologicamente con le attività dei governi è pericolosa poiché insegue le vie più facili che poi sono quelle che limitano le nostre libertà soggettive e oggettive (libertà di e libertà da) per imporre precisi comportamenti. La guerra allo zucchero per ridurre l’obesità nel mondo è purtroppo l’esempio recente più significativo. Invece di affrontare il problema affidandosi al metodo sperimentale, l’Oms ha preferito seguire la facile via ideologica e storicista: limitare le nostre scelte e determinare i nostri comportamenti discriminando un alimento. Colpendo la proprietà intellettuale, rischiamo di ripetere l’errore, minacciando seriamente l’innovazione che ci aiuta a rendere il mondo un posto migliore.

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