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Il Pnrr vincolo per migliorare le politiche

di Sergio Fabbrini

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Per continuare ad ottenere (nei prossimi sei anni) quei fondi, occorrerà avviare una tale riorganizzazione del sistema nazionale delle politiche pubbliche da delimitare persino i confini della futura azione di governo

22 novembre 2021
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4' di lettura

C’è un’opinione che Next Generation EU (NG-EU) consista in un trasferimento finanziario di fondi, a favore degli stati membri dell’Unione europea (Ue) colpiti dalla pandemia, privo di condizioni e di controlli. È così? Nulla di più sbagliato. Anzi, per continuare ad ottenere (nei prossimi sei anni) quei fondi, occorrerà avviare una tale riorganizzazione del sistema nazionale delle politiche pubbliche da delimitare persino i confini della futura azione di governo. Vale la pena di capire perché.

L’incomprensione di NG-EU è diffusa tra i politici dei Paesi cosiddetti frugali del nord Europa, ma anche tra alcuni dei Paesi non-frugali del sud Europa (come il nostro). Tra i primi, quell’opinione è alimentata da un robusto pregiudizio negativo nei nostri confronti. Essi si considerano la componente “virtuosa” dell’Ue, anche se di “vizi” politici non difettano.

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L’Aia è ancora priva di un governo nazionale nonostante le elezioni si siano tenute il 15-17 marzo scorsi, Vienna è paralizzata da una crisi governativa che ha condotto alle dimissioni del cancelliere in carica accusato di corruzione.

Tant’é. Tra i secondi, in particolare in Italia, quell’opinione è invece alimentata dai partiti euroscettici che fremono per andare alle elezioni, così da mettere al centro della campagna elettorale l’utilizzo dei fondi di NG-EU. Qui, ad essere robusta è piuttosto l’ignoranza delle politiche europee. Si fa fatica a comprendere che NG-EU è destinata ad istituzionalizzare un vero e proprio vincolo interno ai Paesi beneficiari (nel nostro in particolare, per via delle dimensioni dei fondi assegnatici). Infatti, quei fondi sono trasferiti sulla base dei Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza (PNRR) che implicano la creazione di un framework regolativo così strutturato da condizionare i governi nazionali per i prossimi sei anni.

Ciò è dovuto al fatto che NG-EU è un programma di trasformazione (ambientale, digitale, sociale) dei Paesi beneficiari, non già di mero sostegno di questi ultimi. Persino il New Deal americano, promosso dal presidente Franklin D. Roosevelt e dal partito democratico negli anni Trenta del secolo scorso, non aveva il carattere trasformativo che ha NG-EU. Il New Deal promosse leggi innovative (come, ad esempio, il Social Security Act, il National Labour Relations Act, la Tennessee Valley Authority) che introdussero una discontinuità in diversi campi della politica pubblica federale. Tuttavia, esso non mirava a cambiare l’organizzazione delle politiche pubbliche degli stati federati, come è il caso di NG-EU relativamente agli stati membri dell’Ue. Per allocare i prestiti (loans) e le sovvenzioni (grants), lo strumento finanziario di NG-EU (la Recovery and Resilience Facility o RRF) richiede agli stati beneficiari di introdurre riforme del proprio sistema pubblico coerentemente con le raccomandazioni che la Commissione europea ha elaborato per ognuno di essi nel contesto dello European semester. L’implementazione coerente delle riforme e delle raccomandazioni costituisce la condizione per continuare ad ottenere i fondi dalla RRF, fondi che sono assegnati allo stato beneficiario secondo uno scadenzario strettamente controllato dalla Commissione europea. Se gli obiettivi delle riforme e la tempistica della loro implementazione non saranno rispettati, allora i fondi potranno essere sospesi. Attraverso il controllo della implementazione del PNRR nel corso dei prossimi sei anni, NG-EU strutturerà dunque il processo interno delle politiche pubbliche.

Naturalmente, sei anni sono tanti. Cosa succede se, con l’arrivo di un nuovo governo, quest’ultimo si rifiuta di operare all’interno di quel processo strutturato di politica pubblica? Succedono guai, in quanto l’utilizzo dei fondi è sottoposto ad un controllo collegiale (della Commissione europea e degli altri governi nazionali). Spetta alla Commissione europea valutare l’implementazione del PNRR, ma tale valutazione dovrà poi ottenere il consenso del Consiglio dei ministri dei governi nazionali. Se la Commissione europea decidesse di interrompere l’esborso dei fondi ad uno stato membro che non rispetti il proprio PNRR, tale decisione potrà essere neutralizzata dal Consiglio dei ministri solamente attraverso una maggioranza qualificata rovesciata (cosa non semplice da attivare). Inoltre, se un governo nazionale ritenesse che un altro governo nazionale non rispetti gli impegni presi con il proprio PNRR (perché, ad esempio, vuole introdurre la flat tax oppure reintrodurre Quota Cento oppure estendere il reddito di cittadinanza), allora la sua denuncia verrà sottoposta alla discussione del Consiglio europeo (l’organismo che coordina i 27 leader governativi nazionali). All’interno di quest’ultimo, come dovremmo ricordarci dopo l’esperienza del governo Conte I, l’isolamento costa caro. E sarebbe ancora più caro nel caso del non-rispetto del proprio PNRR. Si perderebbero i fondi da ricevere e si sprecherebbero quelli già ricevuti. Per di più, in nome di un vincolo interno e non già di un vincolo esterno (come fu tra il 2018 e il 2019).

Insomma, l’uso dei fondi di NG-EU è sottoposto ad un condizionamento sia sul piano delle politiche che su quello della politica. Poiché l’Italia ha bisogno di quei fondi come un assetato dell’acqua, è indispensabile riorganizzare la nostra politica così da mettere in sicurezza il governo delle politiche per i prossimi sei anni. Anche perché dovremo garantire un debito pubblico così alto che sarà miele per gli orsi della speculazione finanziaria. La strada da fare è molto tortuosa. È sconsigliabile guidare guardando lo specchietto retrovisore.

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