di Sara Magro
Una suite di Ca’ Bonfardini a Venezia
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Elisabetta Gabri e Mauro Morello, coppia nata tra i banchi di scuola e imprenditori nel mondo della moda e dell’architettura, hanno sempre condiviso una grande passione per l’ospitalità. Dopo il primo investimento a Milano, nel 2016 hanno fondato I Palazzi, un piccolo gruppo alberghiero caratterizzato da palazzi storici in destinazioni di grande valore turistico. Si tratta di una realtà nuova nel mondo dell’ospitalità italiana, che si distingue per definizione del concept e della quale abbiamo discusso con Mauro Morello.
Mauro Morello
Come è nata l’idea della collezione?
«Negli anni Novanta abbiamo comprato l’Hotel Indigo a Milano, come investimento, e lo abbiamo dato in gestione al gruppo Planetaria. Poi abbiamo deciso di continuare su quella strada, occupandoci però anche del management. Scegliamo immobili vincolati dalle Belle Arti, perché desideriamo che nei nostri alberghi si respiri la storia, anche attraverso gli arredi d’epoca, i tessuti preziosi e lo stile».
Qual è stata la prima struttura del gruppo I Palazzi?
«Nel 2016, il Palace Grand Hotel, 120 camere a Varese. È un palazzo progettato dall’architetto Giuseppe Sommaruga, massimo esponente del Liberty italiano, ed è circondato da un parco di 62mila mq su una collina intera che guarda due laghi, Varese e Comabbio. Al momento stiamo lavorando alla piscina di 25 metri, al centro congressi, alla spa».
San Lorenzo a Linari
Quante strutture ci sono finora nel vostro portafoglio?
«Al momento sono tre: oltre al Palace, ci sono Ca' Bonfadini a Venezia, con 21 camere, che a febbraio 2023 diventeranno 39 con l’annessione della nuova ala, e San Lorenzo a Linari, un ex monastero del 1200, con 22 appartamenti, 25 camere e presto anche una spa e un vigneto, a due passi da Siena».
Quali è il comun denominatore tra i vostri hotel?
«L’attenzione all’ospite e l’estraniazione dal contemporaneo sono le caratteristiche condivise. Ma in ogni albergo si respira un’atmosfera diversa, a seconda del luogo in cui si trova. Appena entri devi poter dire: ecco, sono sui laghi lombardi, sono a Venezia, sono in Toscana».
Che tipo di esperienze proponete?
«Come oggi vuole l’hotellerie di alto livello non vendiamo camere, ma offriamo servizi ed esperienze. Per esempio, a Ca’ Bonfadini si dorme tra in un palazzo che è uno scrigno dell’arte pittorica tra Sei e Settecento e si assaggiano i menù di Lorenzo Cogo, talentuoso chef veneto, massima espressione della nuova cucina italiana. Inoltre, abbiamo una convenzione con la Fenice per garantire i biglietti degli spettacoli agli ospiti, e organizziamo momenti speciali come il brindisi in barca davanti a San Marco per l’ultimo dell’anno».
E a Varese e Siena?
«Con Marco Mazzocco, chef del Palace di Varese e prima al Belmond Hotel Splendido di Portofino, vogliamo creare un ristorante gourmet aperto anche a chi non è ospite. Inoltre organizziamo visite a Villa Panza, una dimora storica con una bellissima collezione di arte del Novecento. Invece a Siena ospitiamo una stagione concertistica nel chiostro e montiamo un maxi schermo per vedere in diretta il Palio».
Il rapporto con il territorio è un valore aggiunto fondamentale dell’ospitalità. Quali sono i vostri accorgimenti per un turismo più sostenibile?
«Oggi tutti parlano di sostenibilità, riferendosi sempre al risparmio energetico e alla gestione dei rifiuti. Pochi invece intendono il rispetto del paesaggio, argomento che ci sta molto a cuore. Ciò detto, l’Indigo di Milano è un edificio quasi passivo, energeticamente autosufficiente, si riscalda e si raffredda con pochissimo combustibile fossile. E lo stesso vale per il Grand Hotel di Varese».
Grand Hotel, Varese
Cosa significa ospitalità di lusso per voi?
«Vivendo in una realtà molto stressante, ci piace l’idea di offrire ai nostri ospiti una comfort zone, luoghi unici, tranquilli, dove allontanarsi dai problemi. Per noi è importante che ogni ospite si porti a casa un ricordo positivo del soggiorno. È questo lo spirito dei nostri hotel».
E qual è il miglior albergo in cui ha soggiornato?
«Il Four Seasons di Firenze mi è rimasto nel cuore, per la storia dell’edificio e per l’atmosfera degli ambienti»
C'è un gruppo alberghiero che è per voi fonte di ispirazione?
«Spesso abbiamo soggiornato negli alberghi Belmond e Baglioni. Adottiamo quello che ci è piaciuto, ma sempre in modo molto personale».
Lo yacht Monte Napo
Della vostra collezione fa parte anche lo yacht Monte Napo: l’ospitalità continua a bordo?
«I nostri hotel sono molto legati ai luoghi e alla storia degli edifici che li ospitano. Allo stesso modo, sul nostro Riva facciamo vivere gli ospiti con i piedi nell'acqua, tra Porto Cervo e la Corsica, e l’itinerario si decide giorno per giorno insieme al comandante. Insomma, massima personalizzazione, in uno dei mari più belli del mondo, su una delle barche più esclusive d'Italia. Questa è la nostra idea di lusso».
Prossimi progetti?
«Innanzitutto vogliamo portare a termine quelli in corso, che non è poco. Poi stiamo cercando un albergo a Roma per completare la nostra collezione italiana, nella speranza che i nostri figli in futuro si occupino di sviluppare nuovi progetti, magari all'estero».
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