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Granarolo-Granlatte, via al primo impianto di biometano della filiera

di E.Sg.

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Impianto di biometano

Impianto di biometano

L’azienda agricola Pieve Ecoenergia metterà in rete 2,7 milioni di metri cubi l’anno di biometano che consentiranno un risparmio di 6.350 tonnellate l’anno di CO2 equivalente

1 dicembre 2022
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2' di lettura

Al via il primo impianto di biometano della filiera Granlatte-Granarolo, presso l’azienda agro-zootecnica Pieve Ecoenergia, a Cingia de’ Botti, in provincia di Cremona. Il nuovo impianto rappresenta un modello virtuoso in termini di sostenibilità: produrrà 320 metri cubi all’ora di biometano, 2,7 milioni di metri cubi l’anno che consentiranno un risparmio di 6.350 tonnellate l’ anno di CO2 equivalente. Il biometano sarà direttamente immesso in rete, consentendo all'allevamento a cui è legato di ridurre il più possibile l'impatto dell'intera attività produttiva.

«Il primo impianto di biometano agricolo della nostra filiera rappresenta uno stimolo per la messa a terra di ulteriori progetti di agroecologia – ha detto il presidente di Granarolo Gianpiero Calzolari all’inaugurazione –. Un esempio è il progetto Biometano di filiera ideato e annunciato con la Confederazione dei Bieticoltori Cgbi e che vedrà la realizzazione di 10 impianti consortili in 3 anni dislocati in Emilia Romagna, Lombardia, Friuli e Puglia. Essi produrranno 30 milioni di metri cubi anno di metano, cioè l’equivalente di ciò che serve in termini di energia termica negli stabilimenti italiani di Granarolo, 500mila tonnellate annue di fertilizzante naturale (il digestato), evitando l'emissione in atmosfera di 60mila tonnellate di CO2 equivalente, cioè quanto generato per l'illuminazione pubblica annua di una città di 867.060 abitanti come Torino».

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«La simbiosi tra gli animali allevati e i batteri prodotti è stretta in Pieve Ecoenergia – spiega una nota della società – perché l'impianto di digestione anaerobica rappresenta di fatto la concimaia della stalla. A tutti i reflui della stalla verranno aggiunti i sottoprodotti agroindustriali di ritorno dalla lavorazione, ad esempio gli scarti del pomodoro, le foglie e i tutoli di mais, normalmente inseriti nel piano culturale». Oltre al biometano immesso in rete, l'impianto restituirà il digestato, fertilizzante organico di alta qualità che soppianterà i concimi chimici utilizzati dall'azienda.


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