di Vittorio Carlini
La Borsa, gli indici del 16 settembre 2021
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Un’azienda di media o piccola capitalizzazione. Spesso innovatrice grazie alla ricerca applicata. Non di rado leader, anche nei mercati internazionali, nel proprio settore. È questo, per grandi linee, l’identikit della società che, dalla “fossa delle Marianne” di metà marzo 2020, ha dominato la rimonta dei titoli a Piazza Affari.
La riprova? La offre il confronto tra i principali indici della Borsa milanese. Il Ftse Italia Star, dal valore più basso in scia al picco della pandemia, ha guadagnato circa il 138% (chiusura al 16/9/2021). Rispetto alla capitalizzazione si tratta di un incremento intorno ai 39,4 miliardi. Certo: è un valore inferiore a quello attribuibile al Ftse Mib che è salito di oltre 276 miliardi. E, tuttavia, la performance delle blue chip nostrane è ben inferiore: +74%.
Quest’ultima percentuale, peraltro, è nettamente inferiore sia a quella delle small cap (+111%) che al rally della pattuglia del Ftse Italia mid cap (+88%). Anche qui la ripresa delle capitalizzazioni è minore: oltre 9 miliardi per le piccole aziende e circa 54 per le sorelle “medie”. Ciò detto, però, l’impostazione di fondo non cambia: i titoli ad alti requisiti (le Star) e le mid cap sono le regine del rally di Piazza Affari.
Al che sorge la domanda: perché questo andamento? «In generale -risponde Alberto Villa, responsabile della ricerca equity di Intermonte - può sottolinearsi un duplice motivo. Il primo è il ritorno della fiducia politica nei confronti dell'Italia, soprattutto da parte degli investitori esteri, grazie il Governo presieduto da Mario Draghi». Il secondo, invece, attiene «agli investimenti del Recovery Fund europeo che, essendo spesso collegati al mercato domestico, non di rado aiutano le aziende di più piccole dimensioni».
Va detto, peraltro, che molte delle realtà in oggetto (in particolare le Star) sono società le quali, essendo state in grado di gestire e superare dure crisi quali quella post Lehman o dei debiti sovrani europei, hanno raggiunto livelli di efficienza e resilienza importanti. Gruppi che, spesso sfruttando la leva delle acquisizioni, sono diventate multinazionali tascabili. Il che ha aiutato le performance in Borsa.
È il caso di SeSa il cui titolo è entrato in orbita: dai minimi del 12 marzo è cresciuto del 438,6% (chiusura al 14/9/2021). Il gruppo è un “acquisitore seriale” e il suo primo trimestre 2021-‘22 è stato caratterizzato da ricavi (+13,3%) ed Ebitda (+35,7%) in aumento. Al di là dello shopping, però, c’è un altro fil rouge tra queste società da corsa: l’essere esposte al mondo dell’ hi tech. Così può ricordarsi Alkemi (+392,5%), Esprinet (+273,4%) e Reply (+252,5%).
Senza scordare, poi, Tinexta (+430%) rispetto alla quale si ritrovano proprio le caratteristiche della tecnologia, dell'internazionalizzazione e dell’M&A. Il gruppo, attivo sul fronte della digitalizzazione, nella prima metà del 2021, ha visto ricavi ed Ebitda rettificato aumentare anche, e soprattutto, grazie allo shopping. L’M&A ha contribuito sia al rialzo della prima riga di bilancio (+31% rispetto all'incremento del 12,6% legato all'espansione organica) che del Mol adjusted (5,2 milioni contro i 2,1 riconducibili allo sviluppo interno).
Ma non è solamente questione di internazionalizzazione del business, efficienza di gestione e innovazione ed M&A. Un ruolo importante lo recita l’eccesso di liquidità in circolazione. I titoli appartenenti a panieri quali quello della Star sono spesso caratterizzati da un Beta superiore all’unità. Cioè, hanno la tendenza a reagire in maniera più che proporzionale alle dinamiche dei mercati: quando i listini salgono le società in oggetto corrono di più; quando, invece, le Borse cadono questi titoli ruzzolano giù più velocemente.
Soprattutto quando, per l’appunto, c’è liquidità in eccesso. Si tratta di un contesto dove gli investitori generalisti, non conoscendo bene i fondamentali delle aziende, prendono posizioni indistinte sul settore. Con il che, da una parte, i corsi azionari, balzano all’insù; ma, dall’altra, c’è il rischio che, al minimo accenno di pericolo, partano i flussi di vendita.
A ben vedere, una barriera all’ipotetica valanga potrebbe essere data dai Pir che, secondo alcuni esperti, sono stati anche tra i fattori che hanno spinto le small mid cap italiane. «Quest’ultima tesi– riprende Villa - mi convince poco. Solo adesso, dopo un periodo di deflusso, si assiste alla ripresa della loro raccolta. Quindi non credo siano stati tra i fautori del rally delle Pmi quotate a Piazza Affari». In realtà, potrebbero tornare ad essere un «fattore rilevante nel prossimo futuro».
Già, il futuro. Ma questa corsa è destinata a proseguire? «Ritengo che il momento sia ancora favorevole, in particolare se persistono elementi positivi come la ripresa di consumi ed investimenti. Ciò detto, però, non si devono dimenticare incognite quali il rialzo delle materie prime» e i colli di bottiglia sulle filiere internazionali di approvvigionamento. Tutte variabili che possono aumentare la volatilità. Insomma, torna il vecchio detto: bisogna fare selezione, ogni azienda è una storia a sé. O almeno, algoritmi permettendo, dovrebbe esserlo.
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Vittorio Carlini
Redattore
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