di Lina Palmerini
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Fatte le primarie, confermato Matteo Renzi, tornano sul tavolo le questioni che la corsa per la leadership Pd aveva lasciato in sospeso: legge elettorale e alleanze. Oggi riapre il cantiere della commissione Affari Costituzionali della Camera anche se il presidente e relatore Andrea Mazziotti dovrà prendere atto di un nuovo rinvio per i contatti in corso tra partiti ora che il neo segretario è in sella. Contestualmente riapre pure il cantiere della possibile coalizione a sinistra che è strettamente legato a quale sistema di voto e che dipende dalla rinnovata investitura a Renzi. Ieri Giuliano Pisapia nel programma Tv “Otto e mezzo” ha rilanciato l’idea di rifare l’Ulivo pensando a una legge che premi la coalizione, altrimenti – ha detto – costruirà un’area di sinistra alternativa. Lo stesso concetto era nelle parole di Romano Prodi che ha sottolineato come lui ai gazebo prese consensi tre volte superiori a quelli di Renzi e che questo suggerisce di essere «inclusivi» se si vuole vincere. Insomma, tutte spinte a riappacificare un’area ma c’è un macigno che non è fatto solo dalla legge elettorale.
Il macigno in questione riguarda il nucleo politico di un futuro centro-sinistra riunito - o di un centrosinistra senza trattino, come direbbe Arturo Parisi - di cui il Pd di Renzi dovrebbe essere il perno, l’asse portante. Ecco questa sostanza programmatica – che il neo leader ha promesso illustrerà all’assemblea Pd domenica prossima – è piuttosto complicata perché è qui che si sono prodotte lacerazioni feroci e infine la scissione di Bersani, D’Alema e Speranza. Insomma, è vero quello che dice Pisapia che è «inaccettabile» porre un veto sui nomi – Renzi ha detto no a un’alleanza con D’Alema – ma un patto sui contenuti è ugualmente complicato. Come lo è sempre stato sin dai tempi di Prodi ma questa volta anche di più. Perché?
Perché la parte del Pd che è andata via è stata contraria al Jobs act, alle misure fiscali come l’abolizione della tassa sulla casa, alla riforma costituzionale: cioè al nocciolo duro delle politiche renziane. È immaginabile un “revisionismo” critico di Renzi su quelle che sono state le sue politiche di Governo?
Ecco, dalla risposta a questa domanda passa l’impresa di ricostruire l’Ulivo. E naturalmente passa anche dalla capacità di mediazione di Pisapia che sarà necessariamente sulle questioni di merito e non solo su fattori personali e caratteriali che pure hanno un peso. E dunque serve una forte volontà politica per andare verso una logica di coalizione perché questo implica che Renzi presenti un’agenda politico-economica profondamente cambiata e che anche gli scissionisti di Mdp facciano una marcia indietro rispetto ai toni e agli argomenti usati contro l’ex premier.
Questo è il nodo e si potrebbe dire che è il solito nodo visto che ogni volta il centro-sinistra ha fatto fatica a trovare convergenze nel programma e poi a tenerle negli anni in cui ha governato. Una fatica peraltro con esiti sempre negativi. Questa volta però è perfino più difficile perché c’è un passato troppo recente con cui fare i conti. E perché il neo confermato leader del Pd continua a dire di aver sbagliato il modo di comunicare agli italiani ma non la sostanza; e chi è andato via dal partito continua a definire la propria identità in antitesi a Renzi.
Lina Palmerini
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