di Carlo Marroni
Vaticano, fondi Segreteria di Stato: l'immobile di Londra al centro del processo
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Il processo in Vaticano sugli scandali finanziari si sgonfia, con decisioni clamorose. Il Tribunale presieduto da Giuseppe Pignatone, secondo quanto affermato dagli avvocati Massimo Bassi e Cataldo Intrieri, ha annullato il rinvio a giudizio di Fabrizio Tirabassi, già dipendente del reparto amministrativo della Segreteria di Stato, ma anche del cardinale Angelo Becciu, dei finanzieri Raffaele Mincione e Gianluigi Torzi e di mons. Mauro Carlino. «Di fatto il clamoroso processo sulla vendita dell’immobile di Sloane Square è di fatto azzerato e limitato ad ipotesi di reato secondarie», dicono gli avvocati Massimo Bassi e Cataldo Intrieri, difensori di Tirabassi.
Una svolta arrivata nella terza udienza del processo, che vede dieci imputati, le cui posizioni ora cambiano decisamente, e sarà il Tribunale a renderlo noto. Di certo la notizia principale riguarda Becciu, che nel settembre scorso fu colpito da un provvedimento del Papa di rimozione dagli incarichi e dal sollevamento delle prerogative cardinalizie. Il cardinale «non ha potuto esercitare il diritto di interrogatorio in merito ai due capi di incolpazione su cui noi avevamo eccepito. Un altro aspetto è che avevamo eccepito era non aver avuto una serie di atti e interrogatori, interrogatori completi non i verbalini, e il Tribunale ha detto ’dovete metterli a disposizione delle difese’. Tutto quello che abbiamo eccepito è stato accolto» è il commento dell’avvocato Fabio Viglione, difensore del card. Becciu, dopo l’ordinanza di oggi del Tribunale vaticano nel processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato.
L'avvocato sottolinea che il promotore di giustizia, già nell’udienza di ieri, «aveva fatto un passo indietro, evidentemente ritenendo che alcune documentazioni le avrebbe dovute mettere a disposizione, e dall’altro lato che avrebbe dovuto procedere agli interrogatori», aggiunge il legale, secondo cui ora «gli interrogatori possono anche precludere questa fase: l’interrogatorio è un diritto che l’imputato può svolgere anche per evitare il processo - spiega -, se non lo svolge questa possibilità manca». Il provvedimento del Tribunale riguarda il card. Becciu per l’ipotesi di subornazione e per il peculato nella vicenda Spes, «su cui la struttura del reato è cambiata, noi ci siamo difesi su una ipotesi diversa». Viglione ribadisce anche che «vogliamo vedere la registrazione di mons. Perlasca, ore di interrogatori non i verbalini. I termini sono stretti. Gli interrogatori invece seguiranno un altro corso, per quei due capi d’imputazione il promotore di giustizia deve ricominciare. Per ora va avanti solo un altro pezzo».
«É un’ordinanza molto importante, che accoglie nella sostanza praticamente tutte le censure che abbiamo sollevato. Per Raffaele Mincione è conclamata l’illegittimità della richiesta di rinvio a giudizio. Adesso vedremo cosa farà il promotore», commenta l’avvocato Giandomenico Caiazza, difensore del finanziere Raffale Mincione. «Siamo rasserenati da questa ordinanza - osserva - perché evidentemente il Tribunale riconosce molte delle nostre censure a tutta l’indagine». Per Mincione il Tribunale ha ordinato la restituzione degli atti all’Ufficio del promotore di giustizia per tutti i reati ascrittigli. Il Tribinale aveva fissato nuova udienza il 17 novembreQuindi il processo in Vaticano va avanti, ma di fatto in larga parte risulta azzerato. E arriva (entro un mese al massimo) la prova regina. Resta l'ordinanza circa la parziale restituzione al Promotore di giustizia (quindi alla “procura”) degli atti, limitatamente a una parte degli imputati e dei reati loro ascritti, e che entro il 3 novembre si proceda al deposito degli atti ancora mancanti, tra cui le video registrazioni del testimone chiave mons. Alberto Perlasca, a lungo capo dell'ufficio amministrativo della Segreteria di Stato, quindi il gestore del tesoretto da cui sono partiti i pagamenti per il palazzo. Il processo riprenderà (salvo diversa decisione) il prossimo 17 novembre.
«Appare necessario - si legge nell'ordinanza rilasciata nella mattina - che il Promotore di giustizia comunichi se mons. Perlasca sia imputato in questo o in altri procedimenti e per quali reati, onde poterne apprezzare la veste processuale in vista delle future attività istruttorie». Inoltre i giudici mettono nero su bianco che relativamente alla ‘prova regina', cioè il video interrogatorio al teste chiave Perlasca, «non si comprende come la tutela della privacy possa essere messa a rischio dalla pubblicità, propria della sede dibattimentale, di atti (gli interrogatori) che per la loro natura non sono sottoposti a segreto o di dichiarazioni (come quelle rese da a Perlasca) che lo stesso Promotore ha indicato come fonti di prova e ha ripetutamente evocato per motivare la sua richiesta di citazione a giudizio degli imputati». Stesse considerazioni, annota il Tribunale vaticano, «valgono, oltre che per ogni verbale contenente dichiarazioni, anche per quanto riguarda le intercettazioni o le cose in sequestro (compresi i supporti informatici) di cui le parti hanno diritto di prendere visione presso il luogo ove sono tuttora custodite (locali nella disponibilità dell'Ufficio del Promotore di giustizia)».
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