di Grazia Lissi
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«La musica parla un linguaggio universale, non conosce confini» racconta Ilaria Borletti Buitoni, Presidente della Società del Quartetto di Milano fondata nel 1864 da Arrigo Boito e Tito Ricordi, annunciando che la Società riserverà sino a fine Stagione dei biglietti gratuiti destinati ai profughi ospitati da Casa Jannacci e Caritas Ambrosiana.
«Nessuno è neutrale, oggi più che mai la cultura è la voce più autorevole, indipendente e libera; aver chiesto ad artisti viventi di prendere una posizione contro la mostruosa invasione russa in Ucraina non è un gesto discutibile, ed è una stupidaggine discutere su Dostoevskij. Centinaia di russi coraggiosi sono in prigione per aver espresso la loro opinione contro un leader che ha trascinato il suo popolo in una guerra che sarà devastante anche per la Russia stessa e, come dice il Presidente Draghi, porterà a una delle più grandi emergenze umanitarie del dopoguerra. Gli artisti russi prendano le distanze da Putin e si uniscano al grande popolo dei russi che non condivide questa scelta».
«La cultura non può esimersi dall'esprimere un segno di solidarietà concreto alle vittime: noi lo facciamo con la musica, con il nostro linguaggio con un gesto rivolto al sostegno di quelle istituzioni impegnate in prima linea come la Croce Rossa italiana e la Caritas Ambrosiana che quotidianamente si adoperano tanto in Ucraina quanto a Milano per i profughi. A queste due istituzioni abbiamo devoluto l'incasso del concerto di martedì scorso che ha visto protagonista il Quartetto Emerson. Per noi non esistono equi-distanze in questa situazione ma solo vittime, donne, bambini, case lacerate, vite distrutte e milioni di profughi. Lo abbiamo fatto perché la Società del Quartetto è una grande e antica comunità, certamente unita dall'amore per la musica ma anche dal senso di appartenenza per la nostra Milano e per i suoi solidi valori, tra i quali è fondamentale l'accoglienza di chi soffre».
«La classica eleva sempre, ascoltare Bach o Schubert o altri giganti della storia della musica fa bene all'anima. Gli ucraini, ad esempio, amano molto la musica classica, hanno grandi conservatori e teatri, so che in questo momento le priorità sono altre ma anche l'anima ha bisogno di essere nutrita. Bach parla di Dio, Beethoven della vita e Mozart va dritto al cuore. Se potessi, aumenterei l'attività di questo tipo, purtroppo però il Quartetto riceve pochissimi contributi statali e quindi non si può fare tutto ciò che si vorrebbe. Quello che le posso dire però è che intendo, in accordo con il Comune di Milano, accogliere nei nostri concerti in Sala Verdi non solo i profughi di tutte le guerre ma, più in generale, tutte le vittime di violenza. Perché la musica è la più potente medicina dell'anima».
«Condurre una battaglia infinita, l'Italia non è un Paese in cui si riconosce la qualità, da noi i contributi a pioggia non servono, bisogna scegliere quando si fanno politiche pubbliche culturali se si vuole che la comunità culturale cresca. L'Italia non ha mai riconosciuto la sua enorme tradizione nell'ambito della musica classica, nelle nostre scuole non s'insegna nulla, non si spiega chi è Monteverdi ma nemmeno chi è Beethoven. È molto difficile costruire il pubblico di domani; l'Italia non garantisce nulla ai giovani musicisti, ne ho conosciuti tanti che fanno la fame. In Francia e altrove danno contributi pubblici, ma fare musica classica in Italia è quasi impossibile; puoi anche intraprendere percorsi di qualità, artistici e innovativi ma non sono riconosciuti. È la logica della spartizione, la tua proposta finisce in un mazzo di altre, abbiamo invece bisogno di creare una politica di risorse pubbliche».
«Mia madre era amica di Arturo Benedetti Michelangeli che spesso veniva a trovarci; ricordo che suonavano a quattro mani brani da “Interrompue” di Schubert. Le stesse sonate che mio marito – suonava divinamente – ha eseguito per me, quando ci siamo conosciuti: sono il refrain della mia vita».
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