(Imagoeconomica)
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In Italia ci sono norme che ostacolano il principio costituzionale della difesa del risparmio. Così il presidente della Consob, Paolo Savona, nel corso della presentazione del rapporto dell'Autorità sulle scelte di investimento delle famiglie italiane. Savona ricorda di avere sollecitato a giugno Governo e Parlamento affinchè «garantissero parità di trattamento normativo, non solo tributario, tra tutte le attività possedute» per contrastare l'aumento dell'inflazione. «Dopo un iniziale interesse alla proposta - afferma Savona - non sono stati fatti progressi, anzi le discriminazioni di trattamento normativo tra attività di portafoglio sono aumentate, ostacolando il raggiungimento dell’obiettivo di tutela del risparmio in ogni forma, come previsto dalla Costituzione».
L’intervento di Paolo SavonaVisualizzaSavona ricorda che secondo la sua proposta gli effetti dell'inflazione potevano essere mitigati «costruendo a livello individuale un portafoglio dove la componente mobiliare e immobiliare, nonché quella valutaria (euro e dollaro) fossero in equilibrio».«L'inflazione ha da sempre legami con la quantità di moneta e questa con il finanziamento della spesa pubblica attraverso l'indebitamento statale: essa opera come una tassa occulta e iniqua violando il fondamento democratico della no taxation withour rapresentation» ha detto Savona, precisando tuttavia che «nonostante la perdita del potere di acquisto subito - nota Savona - la consistenza del risparmio è rimasta immutata».
Il presidente della Consob afferma che la funzione di utilità della politica economica ha come macrovariabili «la tutela del lavoro, anche attraverso la crescita reale; un’equa distribuzione del reddito; l’incoraggiamento e la protezione del risparmio». Nel corso del 2022, tuttavia aggiunge Savona, «l’insieme della politica economica seguita dopo la ripresa dell’inflazione ha scelto di privilegiare le prime due macrovariabili: il lavoro, poggiando la sua tutela sul sostegno alla crescita reale, e l’equa distribuzione del reddito, poggiando il suo raggiungimento sull’intervento a carico del bilancio pubblico. I contenuti della sua funzione di utilità sono stati tali da accettare che l’aumento dei prezzi gravasse maggiormente sul risparmio, con l’eccezione di una sua modesta remunerazione conseguente al discusso aumento dei tassi nominali dell’interesse e il riconoscimento di compensazioni fiscali stimabili nell’ordine del 2%. Su questa soluzione - prosegue Savona - è mancato un dibattito politico esplicito, non foss’altro per rilevarne gli effetti sull’equità distributiva degli oneri di aggiustamento degli squilibri inflazionistici».
L'80% degli italiani che investono i propri soldi ritiene “complessa” la gestione delle finanze personali «anzitutto a causa del contesto incerto e della crescita dei prezzi». Il 65% sembra comprendere gli effetti dell'inflazione, schizzata al 12,3% a fine 2022. Ma tra gli investitori che preferiscono detenere i propri risparmi in un conto corrente (21%) e tra quanti indicano l'inflazione tra i fattori di difficoltà nella gestione delle finanze personali (21%), rispettivamente più di un terzo e circa un quarto non coglie l'impatto della crescita dei prezzi sul proprio potere di acquisto. Sebbene in lieve crescita, le conoscenze finanziarie non sono ancora sufficientemente diffuse né rispetto ai concetti di base (ad esempio, la nozione di diversificazione degli investimenti è compresa solo dal 50% degli intervistati) né rispetto agli strumenti finanziari (la quota di risposte corrette a domande su conto corrente, azioni, obbligazioni e fondi comuni di investimento rimane al di sotto del 60%) né rispetto alle dimensioni del rischio finanziario (in particolare, la percentuale di intervistati che ha familiarità con le nozioni di rischio di credito, di mercato e di liquidità oscilla tra il 20% e il 49%).
La quota degli italiani che investono e che accedono alla rete per scambiare criptovalute e negoziare online è «in crescita (rispettivamente dal 2% all'8% e dall'8% all'11%)», così come l'interesse potenziale, che «si associa, tra le altre cose, alla prospettiva di guadagni facili e alla propensione a sopravvalutare le proprie conoscenze in materia». Dal rapporto Consob emerge che, con particolare riferimento alle criptovalute, gli intervistati acquisiscono informazioni principalmente dalla stampa generalista (42% dei casi), dai media specializzati (28% del campione) e da social media e web communities (26%; Fig. 5.11). I fattori che possono incentivarne l'acquisto sono soprattutto la diversificazione degli impieghi del proprio risparmio (16%) e l'opportunità di un guadagno immediato (15%).
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