di Riccardo Sorrentino
Addio a Qe ma senza traumi. Uscita soft anche per Italia
4' di lettura
Come cambierà la politica monetaria? L’attesa per la riunione della Banca centrale europea, questa volta, è grande. All’inizio della recente audizione al Parlamento europeo, il presidente Mario Draghi ha ripetuto la posizione della Bce sul ciclo economico: «La recente evoluzione dell'economia è stata più debole delle attese e le incertezze, legate in particolare ai rischi globali, restano evidenti». Nulla di realmente nuovo, ma nella precedente riunione la Bce aveva segnalato – come esito di una lunga discussione durante il consiglio di dicembre – che in questa situazione i rischi per la crescita, finora bilanciati, si stavano spostando verso il basso. Cosa accadrà adesso?
La moneta resta stabile
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La situazione è un po’ cambiata dal 13 dicembre: i dati macroeconomici in arrivo sono stati piuttosto negativi – in particolare la produzione industriale – e forse non bastano i fattori temporanei a spiegare questo rallentamento. Non sono ancora disponibili i dati sul pil del quarto trimestre – le primissime stime arriveranno il 31 gennaio – e non è quindi possibile capire se la crescita si muova ancora lungo il potenziale o stia scivolando, e a quale velocità, al di sotto. Ci sono però indicatori, inevitabilmente imprecisi, che permettono di costruire almeno uno scenario, anche se in questa fase vanno usati con attenzione. La crescita annuale della massa monetaria M1 reale – deflazionata – in genere aiuta a prevedere la crescita (annuale, non trimestrale) del pil, ma il suo andamento è stato alterato dal quantitative easing ed è difficile capire quanta parte del recente rallentamento è legato a un processo di “riequilibrio” e quanta lascia prevedere una frenata. I dati degli ultimi nove mesi segnalano in ogni caso una stabilizzazione che rende più solido il trend finora seguito dall'attività economica.
Nessun rischio concreto di recessione
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La caduta della produzione industriale, insieme all’andamento dell’economia globale, ha fatto in realtà riapparire persino lo spettro di una recessione (che in Italia potrebbe ormai essere una realtà). Per gli Stati Uniti, la Fed di Cleveland attribuisce ora all’ipotesi di una recessione a metà dicembre 2019 una probabilità del 24%, piuttosto elevata ma non ancora tale da permettere un verdetto conclusivo. Lo stesso indicatore usato dalla banca centrale Usa, lo spread tra i rendimenti di Eurolandia a 10 anni e quelli a tre mesi – calcolato sui soli titoli con rating AAA per evitare distorsioni legate a eventuali andamenti divergenti dei premi al rischio, anche se questa scelta impone di concentrare l’analisi sulla locomotiva dell'area – mostra sicuramente un appiattimento della curva, la cui pendenza era rimasta a lungo stabile. Il livello raggiunto, anche in questo caso, non permette di trarre conclusioni definitive: a marzo 2015 e a giugno 2016 lo spread era anche più basso.
Inflazione ancora sotto tono
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Una revisione della bilancia dei rischi da parte della Bce è, in ogni caso, verosimile. Ci sarà anche una nuova formulazione della forward guidance? I mercati non si aspettano più il primo rialzo dei tassi a fine estate – come indica ora la Bce – e non mancano analisti che puntano ormai al 2021. Potrebbe essere ancora presto per rivedere la guidance, in assenza di nuove proiezioni macroeconomiche – che arriveranno a marzo – ma non è possibile davvero escluderle. L’andamento dell'inflazione rende un prolungamento dei tassi a zero una scelta percorribile. I prezzi dell’energia hanno rallentato – e questo è anche un aiuto ai salari reali e alla crescita – contenendo l’inflazione complessiva, mentre l’inflazione core continua a muoversi in modo molto lento: nel lungo periodo la sua media dovrebbe avvicinarsi all'obiettivo del 2% - come è avvenuto prima della grande recessione – mentre da ottobre 2013 oscilla intorno all'un per cento. Le ultime proiezioni della Bce prevedono che questa inflazione di fondo salga all’1,4% (medio annuo) nel 2019 e all’1,6% nel 2020, livelli non certo soddisfacenti.
Condizioni finanziarie più espansive
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È anche vero però che la decisione di modificare la forward guidance deve essere compiuta nella consapevolezza che poi non si potrà tornare indietro in breve tempo (senza perdere credibilità, almeno). Senza contare che - come nota Oliver Rakau di Oxford Economic - «un cambiamento potrebbe essere vista come una reazione eccessiva». Sono argomentazioni che consigliano pazienza, in un contesto in cui i mercati si muovono in modo da rendere le condizioni finanziarie più espansive. Dall’ultima riunione i tassi di mercato, l’elemento più importante, sono decisamente calati - con la sola eccezione dei tassi a brevissimo termine – mentre la capitalizzazione di Borsa, dopo la flessione e il successivo recupero degli indici europei, è rimasta sostanzialmente ferma.
Euro ancora in flessione
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L’euro, invece, ha continuato la sua lentissima flessione, che ha ulteriormente allontanato il cambio effettivo dalla sua media di lungo periodo (attualmente è l'1,7% più in basso), abbandonata a fine settembre. Si tratta di un movimento non rapidissimo, poco più del 5% annuo, ma non certo irrilevante. I mercati, quindi, stanno eliminando un po’ di pressione sul fronte monetario e la Bce potrebbe tenerne conto rinviando la revisione della guidance alla prossima riunione, il 7 marzo, quando le proiezioni economiche daranno un quadro completo della situazione.
Prestiti ancora in rapida crescita
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Alcuni analisti puntano al lancio di una nuova Tltro, l’operazione di liquidità finalizzata ai prestiti per le aziende. I dati più recenti – non freschissimi – non ne segnalano però una stretta necessità: i crediti alle aziende continuano a crescere rapidamente; e, d’altra parte, le Tltro non sono state un grande successo. La Bce però potrebbe avere segnali diversi sull’andamento più recente dei prestiti, per esempio dall’evoluzione delle riserve delle singole banche (non dal loro livello); oppure potrebbe decidere venire incontro a esigenze di liquidità di lungo termine delle aziende di credito tentando allo stesso tempo di stimolare davvero – compito in realtà quasi impossibile per la politica monetaria – la crescita.
Riccardo Sorrentino
Redattore
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