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Nel 2022 deficit all’8%, «colpa» dei bonus edilizi. Il Mef: misure non replicabili

di Gianni Trovati

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(IMAGOECONOMICA)

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Sul calcolo ha pesato l’impatto dei crediti d’imposta, in particolare del Superbonus

1 marzo 2023
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3' di lettura

Eccoli, i numeri. Il buco prodotto dai bonus edilizi e dal ricalcolo dei crediti d'imposta cedibili porta il deficit 2022 all'8%, quasi tre punti in più rispetto al dato che sarebbe stato generato da una crescita reale del +3,7%, più bassa del +3,9% delle stime preliminari ma comunque maggiore del +3,6% indicato a novembre dal governo nella Nadef. Il colpo di Superbonus e dintorni si fa sentire anche nel 2021, che porta un disavanzo al 9% contro il 7,2% scritto nei documenti ufficiali di finanza pubblica, mentre una buona notizia arriva dal debito: l'anno scorso si è chiuso con un passivo al 144,7% del Pil, un punto sotto il livello previsto dal programma del governo, proprio grazie alla crescita un po' più vivace delle attese.

Sconti fiscali sfuggiti al controllo delle previsioni

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I numeri su Pil e indebitamento delle amministrazioni pubbliche diffusi dall'Istat portano dritte in archivio settimane di dibattiti astratti sui bonus edilizi, e misurano il colpo portato da una dinamica degli sconti fiscali presto sfuggita al controllo delle previsioni. Come atteso, le novità più rilevanti arrivano dalle modifiche nei criteri di contabilizzazione di Superbonus e bonus facciate, che come concordato da Eurostat e Istat vanno imputati integralmente nell'anno in cui si generano quando sono considerati “pagabili” per la loro “trasferibilità a terzi” (le cessioni dei crediti) e la possibilità di essere utilizzati “in compensazione con altri debiti fiscali”.

Il calcolo dell’Istat

Questo ricalcolo, spiega l'Istat, aumenta il rapporto fra deficit e Pil di due decimali nel 2020, e di 1,8 punti nel 2021.Il cambio di rotta contabile non incide invece sul debito, che ovviamente continua a essere calcolato in base al fabbisogno. Qui la notizia cruciale è di segno positivo, perché nel 2022 il debito/Pil si ferma al 144,7% senza arrivare al 145,7% calcolato a inizio novembre dalla versione rivista della Nota di aggiornamento al Def. A spingere al ribasso l'indicatore chiave per misurare lo stato di salute della finanza pubblica è prima di tutto una crescita reale che si attesta al 3,7%, con uno scarto di un decimale rispetto al +3,6% stimato dal governo, aiutata poi dall'inflazione che alza il prodotto nominale.

La spinta al Pil

La spinta più forte arriva da commercio e turismo che portano un +10,4% anche grazie a una spesa in alberghi e ristoranti cresciuta nel 2022 del 26,3% rispetto a un 2021 ancora frenato dalla pandemia e dalle restrizioni delle regioni a colori. Forte, ovviamente, anche lo slancio delle costruzioni, che crescono del 10,2%: dal momento che il settore pesa per circa il 5% sul totale del Pil, si può quindi calcolare in un +0,5% il loro contributo alla crescita complessiva.

Mef: governo impegnato per uscita sostenibile da misure non replicabili

E a stretto giro arriva la presa di posizione del ministero dell’Economia: «Il Mef prende atto delle decisioni degli istituti di statistica indipendenti che mettono un punto fermo sulla vicenda contabile, i riflessi sul bilancio dei bonus edilizi e delle cessioni dei crediti introdotti a decorrere dal 2020. Il governo con trasparenza, coerenza e responsabilità è impegnato ad assicurare un'uscita sostenibile da misure non replicabili nelle medesime forme. La correzione delle norme sui bonus edilizi è stato l'indispensabile presupposto a tutela dei conti pubblici per il 2023, invertendo una tendenza negativa certificata oggi dall'Istat. Parimenti il governo è al lavoro con tutti i soggetti interessati per risolvere il grave problema di liquidità finanziaria delle imprese ereditato da imprudenti misure di cessione del credito non adeguatamente valutate nei loro impatti al momento della loro introduzione».

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