Naufragio Crotone, Piantedosi ai migranti: "Fermatevi verremo noi a prendervi"
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Non si placa il fuoco di fila contro il ministro dell’Interno Piantedosi. Le opposizioni chiedono le scuse per le parole, bollate come «disumane», pronunciate del titolare del Viminale davanti alle telecamere all’indomani del naufragio in cui sono morte almeno 65 persone («la disperazione non può mai giustificare condizioni di viaggio che mettono in pericolo le vita dei propri figli») e sollecitano un’informativa assieme al ministro delle Infrastrutture Salvini sulla macchina dei soccorsi. Un’esigenza che si fa largo anche nella maggioranza. Dopo un giorno in totale silenzio, da Fratelli d’Italia si alza la richiesta di chiarimenti: «Se ci sono state lacune noi lo dobbiamo sapere». Intanto il ministro annuncia un piano immigrazione del governo con buove norme.
Piantedosi si presenta in Senato per un’audizione in commissione Affari costituzionali. Un appuntamento già programmato ma che dopo la tragedia sulle coste calabresi diventa l’opportunità per un primo confronto. Piantedosi conferma la linea del governo, chiarisce il senso della sua affermazione («Fermatevi, verremo noi a prendervi. Questo è il senso dei corridoi umanitari») e spiega di non avere motivi di ritenere che ci siano stati errori o sottovalutazioni. Ma Pd, Movimento Cinquestelle e Terzo Polo chiedono al governo una ricostruzione accurata dei fatti.
«Non è una richiesta che FdI lascerà alle opposizioni - è intervenuto il presidente della Commissione Alberto Balboni, di Fratelli d’Italia -. Noi siamo i primi a chiederlo, perché non si può lasciare una nave piena di bambini in balia delle onde ma rifiutiamo la strumentalizzazione politica». Parole che poi Balboni ha precisato: «Siccome sono stati avanzati dubbi non possiamo lasciarli alimentare alle opposizioni e nemmeno a certi giornali che strumentalizzano sempre contro il governo».
A due giorni dalla tragedia restano gli interrogativi sull’efficacia della catena di soccorso sollevati da più parti tanto da spingere la Procura della Repubblica ad accendere un faro anche su questo nell’inchiesta aperta sul naufragio. Una serie di circostanze sfortunate, una condizione meteo sfavorevole e un incastro di competenze. E una certezza: la chiamata alla Guardia Costiera, preposta ai soccorsi, arrivata domenica alle 4.30, troppo tardi per salvare i circa 180 migranti a bordo del barcone che si era già schiantato contro una secca ad un centinaio di metri dalla riva, a Steccato di Cutro. Si cerca ora di ricostruire cosa non ha funzionato la notte tra sabato e domenica, cosa si poteva evitare e cosa era impossibile prevedere e affrontare. A due giorni dalla tragedia e con gli interrogativi sull’efficacia della catena di soccorso sollevati da più parti, il Comando generale della Guardia costiera interviene per ricostruire gli eventi. Seguito da Frontex.
Piantedosi, nella trasmissione “Cinque Minuti” di Bruno Vespa , tornado del naufragio a Cutro, ha detto di confidare «in quella che è stata sempre la competenza, la professionalità e la vocazione delle nostre strutture di soccorso. Quest’anno ben 9mila persone sono state salvate dalle motovedette della capitaneria di porto e della Guardia di Finanza. In questo caso credo che al primo avvistamento abbia seguito un modo di procedere dell’imbarcazione che non ha segnalato il distress e quindi poi si è arenata in una secca all’arrivo: non ha chiesto aiuto da quelle che sono le prime ricostruzioni».
Nella sua audizione in Parlamento Piantedosi ha annunciato l’intenzione di «definire, d’intesa con i colleghi interessati, degli interventi di natura normativa» sui migranti e di «proseguire sul rafforzamento dei canali legali di ingresso»: un piano immigrazione collegiale e sotto la regia della premier Giorgia Meloni che velocizzi e semplifichi i meccanismi, dai rimpatri al sistema di accoglienza, passando per la protezione internazionale e i procedimenti per l’ingresso regolare degli stranieri. «Dobbiamo evitare che chi scappa dalle guerre si affidi a trafficanti di essere umani senza scrupoli», dice il titolare del Viminale, che riguardo a Paesi come la Libia annuncia «l’obiettivo di concorrere a svuotare le sedi di detenzione» ma contemporaneamente guarda anche al progetto di realizzazione di nuovi Centri di permanenza per i rimpatri («è molto dispendioso, ma lo riteniamo nel programma») aumentando i contatti con i territori all’origine delle partenze.
Sono già a quota mezzo milione le richieste per entrare e lavorare in Italia nel settore della produzione, nei trasporti, in agricoltura e nel terziario, come spiega da Bruxelles il suo collega al dicastero dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, il quale aveva detto di essere al lavoro come governo «per fa entrare legalmente quasi 500mila immigrati legali», precisando però che quella cifra si riferisce all’alto numero delle domande pervenute.
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