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Perché Urquiola è l'erede dei grandi maestri del design italiano

di Gianluigi Ricuperati

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(ANSA)

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È di scena in questi giorni a Miami Art Basel, che con la sua appendice legata al design mette in mostra (e in vendita) i più importanti nomi del contemporaneo, andando ben al di là dei confini di ciò che in modo stereotipo i non addetti ai lavori definiscono ‘arte'.

30 novembre 2022
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3' di lettura

È di scena in questi giorni a Miami Art Basel, che con la sua appendice legata al design mette in mostra (e in vendita) i più importanti nomi del contemporaneo, andando ben al di là dei confini di ciò che in modo stereotipo i non addetti ai lavori definiscono ‘arte'.
Oggi ‘arte' significa sovvertimento dei valori, riscrittura della Storia, non solo in chiave etnica, e legata alle cosiddette ‘minoranze', ma anche in chiave di genere. Il sistema dell'arte è oggi una vero e proprio ‘camera di sperimentazione' legata ai valori, e come la Biennale di Venezia ha insegnato l'intera struttura della cronologia artistica può essere rimontata mettendo in luce le donne che per secoli (e nei lunghi decenni del ‘secolo breve', il Novecento) sono state messe in ombra.
C'è un settore che tuttavia mostra ancora ampie resistenze al cambio inarrestabile e giusto, ed è proprio il mondo dell'Architettura, dove le posizioni di forza maschili e bianche sono comunque sempre difficili da scalfire (anche se negli ultimi anni con figure come David Adjaye qualcosa sta mutando).
L'Italia, che di solito non è propriamente all'avanguardia su questi temi, può vantare - forse più per un fortunato caso che per una reale predisposizione al futuro comunque inevitabile - uno stato di eccezione, e riguarda proprio il più classico dei cavalli di battaglia del ‘Made in Italy', cioè il ‘design', che con il Salone e del Mobile e l'industria ad esso connessa trova nel nostro paese proprio uno dei centri nevralgici a livello globale, se non ‘il' cuore pulsante.
Proprio a Miami in questi giorni è presente infatti una delle figure centrali del design contemporaneo, Patricia Urquiola, architetto e progettista che pur essendo nata in Spagna vive da più di trent'anni a Milano ed è considerabile a tutti gli effetti una nostra connazionale, avendo lo studio la famiglia e le radici (i rami) ben saldi in Italia.
Patricia Urquiola è probabilmente la più seria candidata a ereditare la grande tradizione della cultura del progetto che ha fatto grande e nota non solo una città, non solo un distretto produttivo ma un'intera ‘cultura del fare e del pensare'. Oltre alla direzione artistica di Cassina, che già di per se sarebbe un fatto cruciale, lo studio Urquiola, gestito insieme al socio-marito Alberto Zontone, lavora o ha collaborato con tutti i marchi fondamentali del tessuto del design italiano, e porta sopratutto all'estero un modo di concepire il progetto che è insieme invenzione e inventario, memoria e sperimentazione tecnologica, attenzione ai dettagli e visione olistica, è una sorta di energia prudente, generosa e capillare, che investe tutto ciò che questa creativa eccezionale intraprende; dagli hotel ai tappeti, dall'allestimento di mostre alla curatela, dalla direzione alla pura progettazione.
Nel lavoro di Urquiola, che come tutti i grandi predecessori del design italiano è al contempo artigianale, culturale e artistico, si intravedono i segni di una classicità lieve, ma ramificata, solida e giocosa, che la apparentano ai grandi maestri (tutti maschi) che conosciamo e veneriamo.
Quando arriverà il momento di dare a questa spagnola ma più italiana di tutti i designer italiani un ruolo ufficiale di ambasciatrice e riferimento istituzionale per la diffusione dei principi e delle pratiche del ‘progettare con grazia e bellezza funzionale' che identifichiamo con ‘il' ‘nostro' design ?
Quando penseremo davvero che sarebbe un miracolo già aver fatto tutto questo essendo una persona proveniente dalla Spagna, in un paese non sempre così aperto al genio migrante, ma è ancor più significativo - ed esemplare, sopratutto per le giovani che oggi si affacciano a questo magnifico mestiere / vocazione - il fatto di aver dato al progetto italiano il colore prismatico del genere femminile, in un contesto dove ancora oggi le donne che fanno architettura ad alto livello sono ancora dei ‘casi'?

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