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Industria dolciaria in allarme: l’Indonesia blocca l’export di olio di palma

di Micaela Cappellini

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(AdobeStock)

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Dopo lo stop alle esportazioni di olio di girasole dall’Ucraina a causa della guerra, le imprese devono ripensare le strategie per l’approvvigionamento di olii vegetali

29 aprile 2022
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2' di lettura

Non c’è pace, per l’industria dolciaria e per quella della trasformazione. Dopo che si sono bloccate le esportazioni di olio di girasole dall'Ucraina, e dopo che su quelle russe è stata decisa una tassa del 20%, ora è la volta dell’Indonesia, che a partire dal 28 di aprile ha deciso di bloccare le esportazioni di olio di palma. Lo stop è stato deciso per contrastare l'aumento dei prezzi sul mercato interno, che ha superato il 40% dall'inizio dell'anno. Il primo risultato di questo blocco, ricorda la Confagricoltura, è stato l’aumento delle quotazioni dell’olio di soia, alternativo sia a quello di girasole che a quello di palma, di cui l’Indonesia è prima esportatrice al mondo: alla borsa di Chicago i prezzi della soia hanno raggiunto il massimo storico.

In Italia, stando ai dati dell'Ismea, il prezzo dell'olio di girasole raffinato negli ultimi dodici mesi è passato da 1,46 a 2,87 euro a chilogrammo. Quanto all’olio di palma, il nostro Paese ne importa dall'Indonesia per un valore di circa 590 milioni di euro, che rappresenta quasi la metà del totale delle importazioni dall'estero. L’industria alimentare italiana, soprattutto quella dei prodotti da forno e delle conserve, è in cerca di alternative: «L'Unione europea deve fare la propria parte - sostiene il presidente della Confagricoltura, Massimiliano Giansanti - è indispensabile aumentare i raccolti europei di cereali e semi oleosi e va anche definito quanto prima un Piano olivicolo nazionale: l'Italia può e deve riconquistare una posizione di primo piano per la produzione di olio d'oliva».

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Secondo le previsioni dell'Unione italiana olio di palma sostenibile, la guerra in Ucraina e la carenza di materie prime stavano riportando in auge l'olio di palma tra le aziende dell'industria alimentare italiana, tanto che il suo impiego era previsto in crescita del 20%. Ora però a ostacolare il ritorno all’utilizzo di questo olio, dopo anni di campagne contro, ci si è messo il bando indonesiano. E non solo: la Coldiretti punta il dito anche contro l’ultima circolare che il ministero dello Sviluppo economico ha emanato all'inizio di aprile sull’onda dell’emergenza dello stop agli arrivi dall’Ucraina, e che consente all'industria alimentare di utilizzare l’olio di palma in sostituzione di quello di girasole senza indicarlo esplicitamente in etichetta. «L’olio di palma - scrive la Coldiretti - è un prodotto che già molte imprese in Italia hanno deciso di sostituire poiché alle preoccupazioni sull'impatto sulla salute, a causa dell'elevato contenuto di acidi grassi saturi, si aggiungono quelle dal punto di vista ambientale, perché l'enorme sviluppo del mercato dell'olio di palma sta portando a livello globale al disboscamento selvaggio di vaste foreste». Secondo la Coldiretti, l’Italia dovrebbe piuttosto puntare sull'olio di oliva, di cui il nostro Paese è il secondo produttore mondiale e che ha avuto aumenti di prezzi contenuti al 5,3% rispetto al +25,9% degli altri olii vegetali.

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