di Roberta Capozucca
3' di lettura
Con lo stanziamento della quota di prefinanziamento, pari fino al 13% del totale per ciascuno Stato membro, la macchina del Recovery Plan sembra essersi messa finalmente in moto e, con la pubblicazione dei primi bandi, si iniziano a delineare con più chiarezza le strategie messe in campo dai singoli stati. Tra ottobre 2020 e marzo 2021, proprio durante il periodo di definizione dei piani nazionali, Culture Action Europe, il maggiore network europeo di istituzione e professionisti culturali, ha coordinato un'azione congiunta affinché il settore culturale fosse esplicitamente incluso nei PNRR come strumento di ripresa, con una quota di budget pari ad almeno il 2%.
La proposta, sostenuta anche dal Parlamento Europeo e inserita tra i punti della Risoluzione di settembre, è tuttavia rimasta disancorata dalla realtà normativa e, a differenza di altri ambiti come quello della transizione ecologica e del digitale per cui sono stati fissati dei tetti percentuali nelle strutture dei piani, la linea del 2% non ha superato il braccio di ferro politico al tempo del negoziato, rimanendo di fatto un semplice auspicio.
Con l'obiettivo di valutare quanto questo auspicio sia stato accolto, Culture Action Europe ha condotto un'analisi sui PNRR presentati a Bruxelles, analizzando la tipologia e l'entità degli interventi a sostegno del settore culturale e creativo. I risultati della ricerca, raccolti nella pubblicazione “Culture in the Eu’s National Recovery and Resilience Plans” e presentati alla fine dello scorso anno, mettono a sistema le informazioni ricavabili dai testi pubblici dei Piani e offrono una prima visione aggregata sui finanziamenti disponibili e sulle strategie adottate dai singoli stati europei per la ripresa del comparto culturale e creativo.
Dall'analisi è emerso che solo 14 paesi su 26 (il 53% del totale) hanno previsto a vario titolo interventi a sostegno del settore, destinando all'obiettivo poco meno di 12 miliardi di euro sui circa 500 miliardi ad oggi effettivamente richiesti dagli stati membri.
Insomma, se guardassimo il dato a livello aggregato potremmo dire che sì la soglia del famigerato 2% è stata raggiunta, ma lo stesso non vale per i singoli stati dove solo quattro raggiungono la stessa percentuale. Insieme all'Italia, che con il 2,1% del budget totale pari a 4,2 miliardi di euro è di fatto lo stato che più investirà sul settore, c'è la Repubblica Ceca con il 4% del totale, pari a 290 milioni di euro,e la Francia che, in un sistema di co-finanziamento nazionale ha stanziato per il periodo 2022-2024 un budget per la cultura di 100 miliardi di euro, pari al 2% del totale. Altri stati membri, tra cui la Germania e il Lussemburgo, hanno invece escluso i supporti al settore culturale e creativo dal PNRR, aumentandone però i fondi attraverso gli strumenti nazionali dedicati. Rispetto alla tipologia degli interventi, dall'analisi di Culture Action Europa si evince che la maggior parte sono di carattere infrastrutturale, di cui molte azioni riguardano l'efficientemento energetico e il miglioramento della connettività dei luoghi della cultura, oltre che il restauro di ampie fette di patrimonio e agevolazioni alle industrie culturali e creative.
Tra i 14 PNRR presi in esame, quasi nessuno ha inserito proposte di carattere sistemico volte al superamento delle fragilità del settore; ci provano la Repubblica Ceca e la Spagna, che tra le riforme inseriscono l'adozione e l'implementazione di uno statuto per la professione di artista e la Francia, che è l'unica a prevedere un sostegno economico alla creazione contemporanea. Per quanto riguarda l'Italia, al netto delle polemiche, risulta essere la nazione europea che più investirà in cultura attraverso il PNRR, uno dei pochissimi stati ad aver esplicitato la destinazione culturale già nel titolo di un'intera missione e ad aver dettagliato un ambizioso piano di rigenerazione a base culturale.
Dall'analisi, inoltre, si ha l'impressione che i PNRR siano strumenti fin troppo rigidi per un settore altamente multidimensionale e trasversale come quello culturale, interpretato da tutti i paesi principalmente attraverso la lente hardware, ad esempio il turismo per lo sviluppo economico, e non per la sua dimensione innovativa e sociale. Tuttavia sarebbe opportuno iniziare a valutare i PNRR all'interno di un ecosistema in cui ogni programma d'investimento ha una propria finalità specifica. Questo significa che il settore culturale e creativo, e non solo, farà bene a pensare al PNRR non in maniera isolata, ma a fianco di altri strumenti più congeniali alle sue esigenze: a partire dai Fondi della Politica Coesione (FESR, FSE, FEARS) fino ad arrivare ai programmi a gestione diretta della Commissione Europea come Europa Creativa, Erasmus e Horizon Europe, tutti meglio attrezzati a riconoscere la valenza innovativa della cultura con linee dedicate. In ultimo, è fondamentale ricordare che indipendentemente dallo stanziamento finanziario, ogni intervento dovrà essere accompagnato sul piano normativo da nuove misure che creino una cornice europea per il lavoro culturale, a tutela innanzitutto delle condizioni dei suoi professionisti.
P.I. 00777910159 Dati societari
© Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti riservati
Per la tua pubblicità sul sito: 24 Ore System
Informativa sui cookie Privacy policy