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Il voto francese e i nuovi equilibri dell’Europa unita

di Sergio Fabbrini

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(AFP)

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Domenica prossima, in Francia, gli elettori eleggeranno il presidente della Repubblica per i prossimi cinque anni. Al primo turno, domenica scorsa, sono emersi due candidati, Emmanuel Macron e Marine Le Pen

18 aprile 2022
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4' di lettura

Domenica prossima, in Francia, gli elettori eleggeranno il presidente della Repubblica (che ha poteri di governo) per i prossimi cinque anni. Al primo turno, domenica scorsa, sono emersi due candidati, Emmanuel Macron e Marine Le Pen. La posta in gioco delle elezioni è molto alta. La Francia è una potenza nucleare, dispone di un seggio permanente nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ed è un Paese centrale dell'Ue. Vale la pena di capire il contesto della competizione e le differenze tra i due candidati. Quattro considerazioni. La prima: la politica francese è sempre di meno strutturata dalla divisione tra Sinistra e Destra. Il Paese che ha inventato lo Stato nazionale sta vivendo le turbolenze della ridefinizione di quest'ultimo in Stato membro dell'Ue' La tradizionale divisione sociale (tra classi e ceti) non è scomparsa, ma è ridefinita dalla interdipendenza europea del Paese.

È puro non senso sostenere, come fa Thomas Piketty, che la scelta (domenica prossima) è tra una candidata della destra estrema (Le Pen) e un candidato della destra moderata (Macron). Significa non comprendere la natura di quell'interdipendenza. Eppure, è passato quasi mezzo secolo dal fallimentare tentativo del presidente Francois Mitterand, e del primo ministro Pierre Mauroy (1981-1983), di governare la Francia come fosse uno stato indipendente (con “la nazionalizzazione in un solo Paese”). Domenica prossima, la scelta è tra un candidato europeista oppure sovranista.

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Seconda considerazione. La frattura tra europeismo e sovranismo ha messo in discussione il tradizionale sistema politico della Quinta Repubblica francese (inaugurata nel 1958). I partiti di centrosinistra (Socialisti) e di centrodestra (Repubblicani) si sono rarefatti, ma non sono scomparsi i loro elettori. Domenica prossima, saranno loro a decidere il vincitore, sostenendo il candidato europeista (Macron) oppure la candidata sovranista (Le Pen). Le Pen è una sovranista in quanto si è emancipata dal nazionalismo indipendentista del passato, Macron è un europeista in quanto si identifica con la costruzione di una sovranità europea. Il sovranismo di Le Pen non è adattamento all'esistente, né l'europeismo di Macron è preservazione di quest'ultimo. La divisione tra di loro concerne due progetti politici alternativi di cambiamento dell'Ue.

Terza considerazione. Il progetto politico di Le Pen mira alla «disintegrazione differenziata» dell'Ue (andare indietro con chi ci sta). Nella conferenza stampa tenuta mercoledì scorso ne ha precisato i contenuti. Lasciare l'Ue non è (più) nei suoi piani. Nei suoi piani è ristabilire la supremazia del diritto francese su quello europeo, oltre che uscire da una serie di politiche pubbliche europee che hanno sacrificato gli interessi nazionali del Paese. Ciò significa mettere in discussione l'integrità del Mercato unico, privilegiando i francesi nelle assunzioni lavorative o nell'assegnazione delle case o nella fornitura dei servizi sociali. La Francia uscirà dalla politica europea dell'energia (sostituendola con una propria politica nucleare), dalla politica comune agricola (che pure la beneficia enormemente), dal Patto di stabilità e crescita (congeniale agli interessi della Germania). Il progetto di Le Pen mira ad uscire da alcuni programmi e a preservarne altri, come propongono da tempo l'ungherese Orban e il polacco Morawiecki. Inoltre, con lei presidentessa, la Francia uscirà dal comando militare integrato della Nato, rimanendo nel pilastro politico di quest'ultima (rispettando l'Art. 5 che afferma che un attacco ad un membro dell'alleanza è un attacco a quest'ultima). La Francia non sarà più un «protettorato americano» e i soldati francesi non prenderanno ordini da nessun altro che non sia un ufficiale francese. La Francia si distanzierà dall'America e si riavvicinerà alla Russia, giocando un «ruolo terzo» tra le due (ad esempio, non avrebbe inviato armi all'Ucraina). La Francia si libererà dai vincoli del multilateralismo, ridimensionando anche la collaborazione con la Germania (con la quale vi sono «irreconciliabili differenze strategiche»).

Quarta considerazione. Il progetto politico di Macron mira invece alla «integrazione differenziata» dell'Ue (andare avanti con chi ci sta). Con Macron, l'Ue è andata e potrà andare avanti. Il 18 maggio 2020 è riuscito a convincere la cancelliera tedesca Angela Merkel a sostenere il programma di Next Generation Eu, basato su debito europeo. Il 23 dicembre scorso ha co-firmato con Draghi un articolo per il Financial Times in cui si propone la riforma del Patto di stabilità e crescita, oltre che l'europeizzazione del debito accumulato dai Paesi europei per la pandemia. È sostenitore della politica di difesa europea e del rafforzamento del pilastro europeo della Nato. Tuttavia, il suo europeismo ha non poche ambiguità. La sua politica di difesa europea ha un carattere intergovernativo, condizione che favorisce la leadership francese. Considera importante la Nato, per necessità più che per scelta (è “prudente” nel sostegno all'Ucraina). Vuole riformare il Patto di stabilità e crescita, ma non al punto di dotare Bruxelles di una sua autonoma capacità fiscale.

Insomma, domenica prossima, in Francia, si deciderà non solamente chi governerà quest'ultima, ma anche e soprattutto come cambierà la politica europea e internazionale. La Francia sta anticipando i termini del confronto all'interno dell'Ue, opponendo due visioni opposte di differenziazione. Quella di Le Pen svuoterebbe l'Ue senza abolirla, quella di Macron la rafforzerebbe senza definirla. Dove risiede il futuro dell'Europa?

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