di Marco Ludovico
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La sartoria italiana racconta eccellenze spesso sconosciute, a volte perfino misconosciute. Con una concorrenza ormai senza esclusione di colpi, compresi quelli sotto la cintura. Nella comunicazione digitale un profluvio ossessivo di brand, slogan, unicità esclusive e specialità insuperate. Tutto un fiorire sconfinato di fatture artigianali, su misura, sartoriali, made in Italy dall'inizio alla fine. Non sempre è così. Specie per un oggetto di culto per gli appassionati: la cravatta. In fondo, una striscia di stoffa colorata. In realtà, un mondo sconfinato. Lo sguardo, se vuole, può cogliere e scrutare pregi e difetti. Luci, taglio, corpo, eleganza, gusto, valore. Sostanza e apparenza non sono così semplici da distinguere. Ma poi l'occhio si abitua. Diventa esperto. L'inganno si fa difficile. La qualità si riconosce in un attimo o poco più.
Damiano Presta
La visita al negozio romano di Damiano Presta, maestro sarto di cravatte da molti lustri, spalanca la mente. Classe 1967, Presta è di Torano Castello, meno di 5mila anime in provincia di Cosenza. Dopo il diploma, quasi per caso, comincia a lavorare come rappresentante per le più grandi case mondiali del settore: Louis Vuitton, Ferragamo, Brioni, Ralph Lauren, Valentino, Fendi, Trussardi. Quando la crisi era un concetto impensabile, un continuo viaggiare e conoscere in Italia, nel mondo. Anni pieni di speranza e di entusiasmo. La passione comincia a vibrare. Lo travolge. Fino a raggiungere un coraggio che rasenta la follia.
Come un piccolo Davide contro tanti, troppi Golia, alla fine del 2010 Presta decide di cambiare rotta e approdi del laboratorio tutto suo di cravatte, fatte da lui e le sue maestranze. Proprio lì, a Torano Castello. Abbandona le produzioni a rotta di collo per le grandi firme, ordinativi di migliaia e migliaia di cravatte l'anno. Tutte quelle di nuova uscita, firmate con il suo nome, da quel momento affrontano il mare aperto di un mercato a volte molto duro. Sfida impossibile ma incessante, tenace e ostinata come solo un calabrese può affrontare. Ancora oggi, tutte le settimane, il maestro fa la spola tra Roma nel negozio in via Cola di Rienzo 203, dal martedì al venerdì, e il ritorno in provincia di Cosenza.
Circa una settimana fa è stata lanciata la linea “Damiano Presta per Silvio Berlusconi”. Da oltre dieci anni l'ex presidente del consiglio in esclusiva si fornisce, indossa e regala cravatte Presta. Ora nasce una collezione con etichetta dedicata e livello massimo di qualità. L'attualità, crisi di governo ed elezioni politiche, per la novità sartoriale c'è tutta, ma è un caso. La visita in via Cola di Rienzo, invece, si rivela uno squarcio illuminante sul mondo delle cravatte. La scoperta e la meraviglia di un capo di sartoria sui generis più che mai. Con una bellezza speciale: fatta di equilibri, solidità, dettagli. Inammissibili sbavature o imperfezioni. Con il suo incontenibile accento calabrese, vi racconterà verità e segreti dell'oggetto.
Come l'utilizzo di sete provenienti dalla Cina. Lo fanno in troppi. Lui invece si avvale da sempre di quelle storiche e celebri di Como. Usa con orgoglio il filo Gutermann, il migliore. Il suo fiore all'occhiello è il modello “sette pieghe”. Fatto a mano, una per una, in ogni passaggio, tranne quello obbligato alla macchina da cucire. Il taglio della seta, sempre a mano, è solo a 45°: risultato finale, simmetrie e centratura nel disegno impeccabili. Maniaco della perfezione, Presta al termine le controlla a una a una: basta un difetto per scartarle. La sua musa, lo scrive nel sito, è stata la scrittrice Elsa Morante con la sua celebre frase «La cravatta è l'ultimo ponte tra l'uomo e la fantasia. L'ultimo fossato tra l'uomo e la barbarie». Una folgorazione.
Marco Ludovico
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