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Giuseppe Bono, l’ultimo autentico boiardo di Stato

di Paolo Bricco

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 Giuseppe Bono durante la conferenza stampa della consegna ufficiale della Nuova ammiraglia Costa Diadema da Fincantieri a Costa Crociere, 2014 7  ANSA

Giuseppe Bono durante la conferenza stampa della consegna ufficiale della Nuova ammiraglia Costa Diadema da Fincantieri a Costa Crociere, 2014 7 ANSA

Nella antica definizione di Eugenio Scalfari, Giuseppe Bono è probabilmente l’unico boiardo di Stato ad avere esercitato un potere continuo e duraturo, che ha trapassato le ere geologiche dell’economia pubblica, della società e della politica italiana

8 novembre 2022
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2' di lettura

Con Giuseppe Bono, spentosi all’età di 78 anni, se ne va l’ultimo boiardo di Stato. Anzi. Se ne va l’ultimo – probabilmente l’unico - boiardo di Stato, nella antica definizione di Eugenio Scalfari, ad avere esercitato un potere continuo e duraturo, che ha trapassato le ere geologiche dell’economia pubblica, della società e della politica italiana. Il potere e la responsabilità di Giuseppe Bono, dalla Prima repubblica dei partiti, sono infatti trasmutati nella Seconda repubblica e sono arrivati fino a noi, fermandosi soltanto sul ciglio della “modernizzazione” voluta da Mario Draghi, che ha interrotto il suo controllo assoluto, radicale e alla fine ossificato di Fincantieri.

Nella Prima repubblica Bono è stato un uomo di primo rango del management socialista che, culturalmente e operativamente, aveva in Bettino Craxi e in Riccardo Lombardi i suoi “dante causa”. Nelle geografie degli anni Settanta e Ottanta, quel gruppo di dirigenti di impresa – a cui apparteneva Bono - attraversava l’Iri e Finmeccanica e investiva appieno l’Efim.

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Nella Seconda repubblica, il suo regno incontrastato è stata Fincantieri. Una società a controllo pubblico che ha modernizzato nella gestione e soprattutto nella collocazione di mercato, sfruttando con abilità la sua vocazione a muoversi fra industria nazionale, politica italiana e geopolitica internazionale. Fincantieri, insieme a Finmeccanica-Leonardo, ha rappresentato – nell’epoca della ritirata della grande impresa privata italiana di matrice novecentesca – lo zoccolo duro a cui l’intero sistema nazionale si è tenuto saldamente agganciato per non cadere in un agonizzante provincialismo. Giuseppe Bono è stato consapevole di questa sua centralità. E, per vent’anni, ha interpretato – con una forza al limite del dominio – la guida di questo pezzo significativo del Sistema Paese.

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