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Energia, armi e Siria: è nata la grande alleanza (plurimiliardaria) tra Putin e re Salman

di Antonella Scott

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Novant’anni dopo: re Salman d’Arabia e Vladimir Putin al Cremlino

Novant’anni dopo: re Salman d’Arabia e Vladimir Putin al Cremlino

5 ottobre 2017
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4' di lettura

La cooperazione tra Mosca e Riad «ha ridato vita all’Opec», e dopo tanti anni ha aiutato i produttori di petrolio a ritrovare un po’ di ottimismo: mercoledì sera la grande visita di re Salman d’Arabia, primo sovrano saudita della storia in Russia, era letteralmente partita con il piede sbagliato all’aeroporto di Vnukovo, dove la scaletta mobile (d’oro) dell’aereo reale saudita si era inceppata costringendo l’anziano Salman a scendere da solo per andare ad affrontare il freddo vento moscovita.

I tagli dell’Opec

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Ma giovedì mattina, in attesa del vertice al Cremlino, il ministro dell’Energia Khalid al-Falih ha riportato il sereno. Al centro della «cooperazione di successo» di cui ha parlato dopo aver incontrato il collega russo Aleksandr Novak è l’accordo raggiunto l’anno scorso dai produttori Opec e da altri 11 Paesi esterni al cartello, tra cui la Russia: tagli collettivi alla produzione di petrolio per un totale di 1,8 milioni di barili al giorno, una decisione che dal gennaio scorso ha ridato stabilità al mercato, aiutando i prezzi a toccare anche quota 60 dollari il barile. Nel loro incontro al Cremlino, Vladimir Putin e re Salman dovrebbero aver convenuto di andare avanti così, prolungando l’intesa oltre la scadenza di marzo. L’annuncio ufficiale del rinvio spetta al cartello, e quindi è atteso per il prossimo meeting del 30 novembre o per inizio 2018. Ma intanto le parole di al-Falih e la prospettiva di un prolungamento del patto russo-saudita hanno sostenuto i prezzi sia a Londra (dove il Brent ha guadagnato più del 2%, salendo a 57,12 dollari il barile), che a New York (+93 cents per il Wti a 50,91).

I documenti firmati

La sintonia sui tagli alle forniture è il punto di partenza che fa luce agli accordi stretti in questa “tre giorni” russo-saudita, per un valore - secondo il ministro Novak - ben superiore ai 3 miliardi di dollari: il Cremlino ne elenca 14, dal fronte dei petrorubli al nucleare, passando per la ricerca spaziale, l’agricoltura e consistenti acquisti di armi. Tra i primi accordi nel campo dell’energia Sibur, il gigante russo della petrolchimica, che insieme al Fondo di investimento statale russo (Rdif) ha firmato una dichiarazione di intenti per condividere progetti nella raffinazione con Saudi Aramco, la più grande compagnia petrolifera al mondo di cui Riad si prepara a privatizzare il 5%, il prossimo anno. Una delle ragioni per cui anche per i sauditi è cruciale che i prezzi del petrolio non si allontanino da quota 50 dollari per un po’. Il fondo Rdif ha poi firmato un accordo per investire fino a 100 milioni insieme al Fondo pubblico di investimento saudita nella costruzione di strade e ferrovie in Russia; un altro fondo congiunto investirà un miliardo di dollari in progetti energetici, un altro miliardo andrà a progetti hi-tech.

Nella sfera degli armamenti, Riad ha accettato con una prima dichiarazione di intenti di acquistare sistemi missilistici di difesa terra-aria S-400, che nelle scorse settimane i russi hanno venduto anche alla Turchia. Commessa miliardaria, se confermata, per un valore di più di 3 miliardi. In campo nucleare, Rosatom si è proposta ai sauditi per la costruzione di due reattori con cui Riad intende realizzare la diversificazione prevista da Vision 2030, l’ambizioso piano di riforma che spinge l’economia saudita oltre il petrolio.

«Storico» è l’aggettivo che Vladimir Putin ha usato accogliendo nel Salone di Sant’Andrea al Cremlino re Salman, descrivendo un evento che il presidente russo è sicuro «darà un forte impulso allo sviluppo delle nostre relazioni bilaterali». Una cooperazione strategica che ha impiegato più di 90 anni a fiorire: come ha ricordato Putin, nel 1926 l’Unione Sovietica fu il primo Paese a riconoscere il regno saudita fondato dal padre di re Salman, Abdulaziz “Ibn Saud”. Ma poi le relazioni bilaterali si persero nel gelo della Guerra fredda e dell’invasione sovietica dell’Afghanistan, e Riad si avvicinò a Washington.

L’amicizia ritrovata

Ma ora re Salman chiama la Russia «Paese amico», invita Putin a Riad e assicura l’ospite che i loro colloqui serviranno a rilanciare l’economia globale ma anche la stabilità e la sicurezza internazionale. Perché oltre alla convergenza dei rispettivi interessi in campo energetico, la presenza di Salman a Mosca è un riconoscimento del ruolo svolto dal Cremlino in Medio Oriente, dove la Russia scesa in campo in Siria a fianco di Bashar Assad è diventata un Paese di riferimento, nei nuovi nuovi equilibri che ora giocano a favore di Damasco.

«L’Arabia Saudita non sta cercando di rimpiazzare la propria alleanza con gli Stati Uniti - spiega Ayham Kamel, analista di Eurasia Group - ma, strategicamente, sta costruendo le fondamenta dei rapporti in un mondo in cui gli Stati Uniti non sono più il solo centro di gravità». A partire dal Medio Oriente, «dove la determinazione e la capacità di Putin di sostenere il regime siriano sarà anche impopolare nel Golfo, ma viene certamente rispettata». In più, continua Kamel, Riad «probabilmente riconosce che a differenza dagli Stati Uniti la Russia può giocare un ruolo importante come mediatore con l’Iran». Così per prima cosa re Salman cerca da Putin rassicurazioni sul contenimento dell’influenza di Teheran in Siria e dintorni, in cambio di questo grande investimento nella cooperazione energetica - stabilità dei prezzi inclusa - di cui l’economia russa ha un grande bisogno.

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