di Luigia Ierace
2' di lettura
Bisogna accelerare per rispettare i tempi previsti dall’Agenzia per la Coesione territoriale e non perdere un’occasione unica per la Basilicata: realizzare nell’ex-area industriale dismessa (Sito di interesse nazionale) di Tito Scalo, il Green Digital Hub Basilicata (GDHB), unico progetto lucano fra i 27 ammessi a finanziamento dall’Agenzia per la Coesione Territoriale nell’ambito degli ecosistemi dell’innovazione nel Mezzogiorno. L’intervento, per 50 milioni (di cui 20 finanziati dall’Agenzia, 25 dalla Regione Basilicata e 5 dal Cnr), su circa 49mila mq di superficie, «consentirà di riqualificare e rendere funzionali aree degradate, edifici e strutture dell’ex-Liquichimica di Tito utilizzando le più moderne tecnologie per la sostenibilità energetico-ambientale al fine di ospitare attività di ricerca applicata e sviluppo e infrastrutture di ricerca sulle transizioni gemelle digitale e verde».
A spingere è Gelsomina Pappalardo, presidente dell'Area Territoriale della ricerca del Cnr di Potenza (Istituti Imaa, Ispc, Ism) nonché responsabile del progetto che ha come capofila il Cnr con il coinvolgimento di altri 16 partner tra cui la Regione Basilicata che ha il ruolo di Stazione Appaltante, l'Università della Basilicata e altri soggetti pubblico-privati. «Un importante volano di sviluppo e di crescita», ha sottolineato Pappalardo spiegando che «l'obiettivo è riqualificare e infrastrutturare aree ed edifici di proprietà della Regione per sostenere adeguatamente attività di ricerca e trasferimento tecnologico in ambito nazionale ed europeo potenziando anche le collaborazioni esistenti tra ricerca pubblica e sistema produttivo».
Il Cnr, insomma, cerca una “casa adeguata” in un sito che rischia di diventare un'area fantasma con scheletri vuoti e pericolosi, ma che può rinascere attraendo risorse, posti di lavoro e innovazione grazie a un'idea progettuale, vincente dall'Agenzia di Coesione, che si fonda sul modello di innovazione a quadrupla elica Ricerca-Impresa-Pubblica Amministrazione-Cittadini. Infrastrutture e spazi dedicati alla R&S per la generazione della conoscenza; laboratori condivisi ricerca-impresa-PA dedicati alla diffusione della conoscenza.
Ora, però, urge far partire il progetto edilizio che prevede la realizzazione di 5 edifici identici per dimensioni e orientamento, ma differenti per l'articolazione degli spazi interni, e altri due, più grandi, per i laboratori. Ma perché un ecosistema dell'innovazione proprio nell'area industriale di Tito? Per la forte concentrazione di attività di ricerca, facilities e infrastrutture di ricerca nel settore ambientale (una delle maggiori del Mezzogiorno); per una consolidata rete di collaborazioni con Unibas, cluster tecnologici e imprese innovative con circa 1000 addetti.
P.I. 00777910159 Dati societari
© Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti riservati
Per la tua pubblicità sul sito: 24 Ore System
Informativa sui cookie Privacy policy