Norme e Tributi
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Rallentare per essere più veloci, il nuovo ritmo degli slow brand

di Giampaolo Colletti e Fabio Grattagliano

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Intrecciare ago, filo e tempo.  Margaret Seaman, trisnonna inglese novantatreenne con la passione del lavoro a maglia, è diventata sui social uno dei profili più cliccati. Ha ricreato a maglia una fedele replica di Buckingham Palace. Il segreto della decana magliaia è nel tempo, come ha dichiarato nelle sue recenti interviste alla stampa inglese

Intrecciare ago, filo e tempo. Margaret Seaman, trisnonna inglese novantatreenne con la passione del lavoro a maglia, è diventata sui social uno dei profili più cliccati. Ha ricreato a maglia una fedele replica di Buckingham Palace. Il segreto della decana magliaia è nel tempo, come ha dichiarato nelle sue recenti interviste alla stampa inglese

Le aziende cercano di trovare un equilibrio tra l’esigenza di commercializzare prodotti e servizi in un tempo sempre più rapido e il bisogno di comprendere le logiche di lungo termine del mercato

5 maggio 2023
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4' di lettura

«Il segreto? Prendersi il giusto tempo. Di solito lavoro a maglia per otto ore al giorno per svariati mesi. Per fare le cose al meglio ci vuole tempo». Ha spiazzato il mondo intero ed è diventata un’eroina sui social Margaret Seaman, trisnonna 93enne con la passione del lavoro a maglia. Pochi giorni fa è finita sulle copertine dei tabloid inglesi per aver ricreato a maglia una fedele replica di Buckingham Palace. L’opera è lunga quasi due metri ed è realizzata con la lana. Seaman ha trascorso otto mesi a lavorare ai ferri la residenza reale. Una passione nata nella sua quarta età: infatti dieci anni fa, a seguito della morte del marito, ha iniziato questo lavoro realizzando creazioni di ogni sorta. Una missione sociale: nel corso degli anni nonna Margaret, insignita della medaglia dell’impero britannico, ha raccolto migliaia di sterline devolute in beneficenza. In un mondo che corre veloce questa magliaia declina un nuovo modo di concepire la vita e i consumi, ha scritto la Bbc, dedicandole la copertina del tg della sera. Nel 2019 Seaman ha creato a maglia il palazzo reale di Sandringham nella contea di Norfolk e durante la pandemia ha trasformato centinaia di gomitoli di lana in una riproduzione di un ospedale, omaggio ai medici in prima linea per l’emergenza. «Amo le grandi sfide e mi piace tenermi occupata. Non avrei mai immaginato che questa passione avrebbe portato a tutte queste emozioni», ha detto Seamen, premiata come campionessa di maglia dell’anno dalla Duchessa di Cornovaglia.

Rallentare uguale accelerare

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In un mondo che va veloce, la migliore risposta potrebbe essere quella di rallentare. E non lo sostiene solo Margaret Seaman. Potrebbe sembrare un paradosso nel marketing segnato dal fattore velocità, con l’immissione a scaffale di nuovi prodotti entro pochi mesi dall’ideazione, ma ciò che emerge da nuovi indicatori è una tendenza globale che coinvolge consumi e imprese. È il tempo dello slow brand. «Rallentare non significa restare indietro, ma attuare una trasformazione nel tempo. Più che una percezione fisica, implica un’azione mentale». Lo ha scritto David Phillips, uno degli esperti nelle pubbliche relazioni più noti in America. Ma anche per gli analisti di McKinsey rallentare uguale accelerare. È quanto emerge dalla loro ricerca condotta in America su grandi aziende internazionali. I team più affiatati sono quelli che riescono a metabolizzare meglio ciò che avviene nel proprio business. Così comunicatori e marketer dovrebbero leggere con più attenzione la contemporaneità.

Ne è convinta anche Patrizia Musso, docente a contratto di Brand communication all’Università Cattolica di Milano e autrice del libro “Slow Brand - Vincere imparando a correre più lentamente” per FrancoAngeli. «Oggi più che mai, nel flusso rapido di messaggi e nuovi trend cui ogni consumatore è sottoposto, emerge la tendenza di innestare nuovi tempi in nuovi spazi, più a misura d’uomo. Si tratta di strategie e progetti capaci di introdurre un’efficace diluizione dei tempi di contatto con i propri stakeholder finalizzata alla creazione di nuove e più durature relazioni. Agli spot rapidi, di alto impatto e orientati alla vendita di un prodotto, si affiancano contenuti brandizzati di lunga durata che intrattengono e che sono capaci di svelare nuove dimensioni valoriali, invitando a riflettere su tematiche sempre più sfidanti come ad esempio la sostenibilità. Perché ci vuole tempo per informarsi, per leggere, per capire e quindi per agire», dice Musso, che è anche promotrice della sesta edizione dello Slow Brand Festival in Università Cattolica, realizzato in collaborazione con Almed. «Sarà un modo per mostrare come qualsiasi brand possa sviluppare una strategia slow offline e online che attraversa varie generazioni di consumatori, dai boomer alla generazione Z. Per essere uno slow brand bisogna anche trovare il tempo di comunicare al meglio, in ottica strategica, con canali giusti e mirati per i vari target. Accanto agli slow brand spiccano poi moltissimi nomi di slow boss, vero motore portante di una strategia capace di attivare reali dialoghi prima con i dipendenti e poi con i consumatori», precisa Musso.

La responsabilità dell’Ai

Sul banco degli imputati ci sono le nuove forme di intelligenza artificiale generativa e le evoluzioni di una relazione con il consumatore finale che è sempre più senza soluzione di continuità. Così le dinamiche legate al social care, il servizio cliente che si sviluppa sulle chat di instant messaging o sui canali diretti social, hanno contribuito ad accelerare questo fattore tempo. Come persino i flussi degli stream video di TikTok o i reels della galassia Meta. «In realtà se non fosse uscita l’intelligenza artificiale generativa con ChatGpt probabilmente non sarebbe neppure riemerso fra gli addetti ai lavori il libro di Phillips. Almeno fino a quando non si è verificata questa ultima ondata, non si è sentita l’urgenza di rallentare. Anche se la velocità doppiava già facilmente l’utente normale e, negli anni scorsi avevamo già il bisogno di rallentare senza apparire luddisti», afferma Toni Muzi Falconi, storico esponente delle relazioni pubbliche e professore alla Lumsa di Roma e alla New York University. Andare oltre l’Ai e i social per affrontare scenari più evoluti e disorientanti che necessitano di maggiore decodifica. Anche se talvolta gli anticorpi si annidano proprio online. Dopo essere stato rifiutato da ben 85 agenti letterari, “Stone Maidens”, il thriller che Lloyd Devereux Richards aveva impiegato 14 anni a scrivere, si è preso la sua rivincita diventando il più venduto su Amazon, a 11 anni dalla pubblicazione. Il merito è della figlia Marguerite, che con un video su TikTok ha generato quasi 50 milioni di visualizzazioni. Nessuna campagna di advertising, ma l’aiuto incondizionato della community. Perché Marguerite in una lettera d’amore in video ha semplicemente chiesto agli utenti di sostenerla, gratificando il lavoro di una vita del papà, come ha ricostruito il New York Post. In fondo anche sul web chi la dura, la vince.

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