di Rita Fatiguso
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La Cina sceglie la via della prudenza per il Pil atteso nel 2023, il Work Report per l’Assemblea dei delegati indica un valore di circa il 5% (l’anno scorso il 5% e oltre si è risolto, a consuntivo, in un +3%) ma indica un aumento - per l’ottavo anno consecutivo - del 7,2% dei fondi per la difesa per il 2023, in leggero aumento sul 7,1% del 2022, in cifre assolute l’impegno è di 224.79 miliardi di dollari. Le amministrazioni centrali amplificheranno lo sforzo per sostenere il debito degli enti locali ma al tempo stesso la NDRC, la commissione per le riforme, ha stabilito che il Paese dovrà ricorrere a più carbone per sostenere il fabbisogno energetico.
La Cina indica un obiettivo di crescita “attorno al 5%” per il 2023, evitando di cadere nel tranello dell’euforia dopo la recente e repentina ripresa del manifatturiero, con il Pmi sopra quota 50, la linea che separa dalla recessione. Ciò che conta davvero è rafforzare il controllo dell’economia, sulle imprese e sulla società, favorendo l’espansione e i consumi interni e questo round della Plenaria del Parlamento ha tutti i numeri per poterlo fare. L’anno scorso il premier Li Keqiang aveva fissato nel Work Report l’obiettivo di crescita di quest’anno a oltre il 5%, diventata 3% a consuntivo. Quest’anno la fine dei controlli antivirus che hanno tenuto bloccati a casa milioni di persone e scatenato proteste ha portato a una repentina riapertura ancora tutta da valutare nei suoi effetti. meglio non sbilanciarsi, in fondo la crescita dello scorso anno nella seconda economia più grande del mondo è stata la più debole fin dagli anni Settanta.
Mentre il Work Report cerca di mettere a fuoco il problema del debito degli enti locali, trova la soluzione-tampone con - addirittura- la previsione di un trasferimento in loro favore del 70% della spesa centrale. Nel frattempo lo snodo della proprietà che ha guidato la crescita per un decennio ma ora langue, resta in ombra. Non basteranno certo le risorse spostate dal centro alla periferia a risollevare le sorti delle amministrazioni periferiche le cui sorti sono sempre state affidate alla vendita della terra e alle costruzioni in generale.
Per tutta risposta - e per l’ottavo anno consecutivo - è prevista una crescita del 7,2% dei fondi per la difesa per il 2023, in leggero aumento sul 7,1% del 2022. In cifre assolute l’impegno è di 224.79 miliardi di dollari. La relazione sul bilancio era piuttosto cauta sul tasso di crescita economica nel 2022, ma quest’anno è più ottimista.
Una nota dolente che già emerge è che la Cina avrà più bisogno di carbone per la fornitura di energia, “il combustibile fossile potrebbe essere utilizzato per migliorare l’affidabilità e la sicurezza del sistema energetico”, stando a quanto riporta uno dei documenti diffusi durante l’Assemblea.
La Cina - ricordiamolo - si è impegnata a raggiungere il picco delle emissioni di carbonio entro il 2030 e la neutralità del carbonio entro il 2060. Pechino punta comunque a ridurre il consumo di energia per unità di Pil di circa il 2% nel 2023.
Secondo i dati del National Bureau of Statistics, nonostante gli effetti della guerra in Ucraina la seconda economia più grande del mondo ha fatto affidamento sul carbone per generare il 56,2% della sua elettricità l’anno scorso, ma ha aumentato significativamente il suo uso di gas naturale e l’energia rinnovabile negli ultimi anni per ridurre le emissioni di carbonio. La produzione fluttuante degli impianti rinnovabili, tuttavia, ha portato le autorità a frequenti marce indietro e a fare affidamento sempre più su energia a carbone affidabile e facilmente distribuibile per sostegno dell’offerta.
Rita Fatiguso
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