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Manovra e famiglie, le misure e gli stanziamenti previsti

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5 dicembre 2022
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7' di lettura

Assegno più alto del 50% per bambini sotto l’anno

di Cristiano Dell’Oste

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Con una dote aggiuntiva di 345,2 milioni per il 2023, la manovra sceglie di potenziare l’assegno unico per alcune categorie ben definite di beneficiari: bambini fino a un anno, famiglie con almeno tre figli, disabili (per questi ultimi vengono messe a regime le maggiorazioni previste per il 2022 dal Dl Sostegni-bis). Non c’è, invece, l’adeguamento all’inflazione dell’assegno e delle soglie Isee che ne regolano l’ammontare, come richiederebbe la stessa norma istitutiva (articolo 4, comma 11, del Dlgs 230/2021). D’altra parte, la relazione tecnica al disegno di legge di bilancio stima un costo totale dell’assegno unico – nel 2023 – di 18,57 miliardi di euro. Basta esercitarsi con il coefficiente Istat Foi per rendersi conto delle cifre in gioco: ci vorrebbero 1,17 miliardi per allineare al caro vita l’importo annuo erogato secondo le regole vigenti nel 2022 (e questo solo considerando l’inflazione da marzo - mese di debutto dell’assegno - a ottobre, ultimo mese rilevato).

Torniamo al disegno di legge. Dal 2023 l’importo dell’assegno unico sarà aumentato del 50% per ciascun figlio di età inferiore a un anno (350mila bambini, stima la relazione tecnica). Ad esempio, con Isee fino a 15mila euro l’importo salirà da 175 a 262,5 euro al mese; oltre i 40mila euro, passerà da 50 a 75 euro. Aumento del 50% anche per ciascun figlio da uno a tre anni, ma solo per le famiglie con almeno tre figli e Isee non superiore a 40mila euro (150mila bambini). Vengono inoltre rese strutturali le misure per i disabili: assegno ai figli disabili a carico senza limiti di età; maggiorazione per i figli disabili fino al compimento dei 21 anni; incremento di 120 euro della maggiorazione transitoria per le famiglie con almeno un figlio disabile e Isee fino a 25mila euro.

345 milioni
Lo stanziamento aggiuntivo
I fondi destinati nel 2023 a coprire gli aumenti dell’assegno unico (saliranno a 489 milioni annui dal 2029).

Un mese pagato all’80%solo per le neomamme

di Valentina Melis

Le lavoratrici madri del pubblico e del privato avranno un mese di congedo parentale retribuito all’80% del loro stipendio, esattamente come i cinque mesi del congedo di maternità. Il congedo parentale, cioè l’astensione facoltativa dal lavoro che le lavoratrici e i lavoratori possono utilizzare nei primi dodici anni di vita del figlio, è normalmente retribuito con un’indennità pari al 30% della retribuzione. Con la riforma entrata in vigore il 13 agosto scorso (Dlgs 105/2022), i mesi retribuiti al 30% sono stati estesi a nove: tre mesi non trasferibili, per ciascun genitore, e altri tre mesi a disposizione, alternativamente, della madre o del padre.

Ora il Ddl di bilancio 2023 propone di pagare a regime uno dei mesi di congedo parentale spettanti alla madre all’80% della retribuzione. Non si tratta di un mese aggiuntivo, ma di uno dei sei mesi già potenzialmente spettanti alla madre. L’aiuto si applicherà a partire dalle neomamme e fino ai sei anni di vita del figlio. Non potranno fruirne, dunque, le madri lavoratrici che hanno già figli sotto i sei anni, ma solo quelle che termineranno il congedo di maternità (cioé l’astensione obbligatoria dal lavoro) dopo il 31 dicembre 2022.

Il mese di congedo parentale retribuito all’80% sarà fruibile solo dalle lavoratrici madri, e non anche dai padri, con una scelta difforme rispetto alla ratio della direttiva Ue 2019/1158 recepita in Italia questa estate (con il Dlgs 105/2022): il congedo parentale retribuito è stato infatti esteso per concedere anche ai padri tre mesi di astensione facoltativa non trasferibili alla madre, in un’ottica di maggiore condivisione dei compiti di cura. Le lavoratrici che hanno fruito del congedo parentale nel 2020 sono state 140.400.

117 milioni
Il costo nel 2023
È la spesa stimata dal Governo, che dovrebbe salire a 204 milioni nel 2024 e a 210 milioni nel 2025

Under 36: conferma per i mutui agevolati

di Raffaele Lungarella

Per i giovani che vogliono comprare la prima casa, il disegno di legge di bilancio prolunga di 12 mesi l’esenzione da imposte e sposta al 31 marzo 2023 il termine ultimo per accedere a condizioni agevolate al fondo di garanzia gestito da Consap. Fino al 31 dicembre del 2023 i giovani con meno di 36 anni e Isee non superiore a 40mila euro, quando andranno dal notaio per rogitare faranno un assegno per pagare solo il suo onorario, ma non i vari tributi applicabili. A questa misura si abbina il fondo di garanzia della prima casa, per cui la manovra stanzia altri 430 milioni, portando a 2 miliardi il totale delle risorse da quando il fondo fu costituito con la legge 147/2013. Finora sono stati garantiti quasi 390mila mutui, per oltre 37 miliardi (dati Consap 31 ottobre).

Tutti gli acquirenti possono chiedere la garanzia del fondo del 50% su un prestito fino a 250mila euro. Da maggio 2021 la percentuale è diventata l’80% per alcune categorie di soggetti con Isee non superiore a 40mila euro, tra cui ad esempio i giovani con meno di 36 anni e le famiglie monogenitoriali con figli minori. Quest’anno le garanzie all’80% sono state più della metà del totale, di cui otto su dieci a under 36.

Fino a due mesi fa, le richieste di copertura all’80% potevano essere accolte solo se il tasso effettivo globale (Teg) del mutuo era inferiore al tasso effettivo globale medio (Tegm), aggiornato ogni tre mesi da Mef. Una forma di tutela degli acquirenti, che però – con inflazione e tassi crescenti – diventava impraticabile per le banche, come segnalato dall’amministratore delegato di Consap, Vincenzo Sanasi d’Arpe. Da qui la modifica con il Dl Aiuti-ter che ha introdotto una deroga al vincolo del Teg per le richieste presentate entro fine 2022, ora spostata al 31 marzo 2023.

430 milioni
Rifinanziamento
Le risorse destinate al fondo gestito da Consap, per la sua operatività nell’annualità 2023

Sospensione delle rate fino a dicembre 2023

di Raffaele Lungarella

Un anno di tregua in più per chi non riesce a stare al passo con le rate dei mutui prima casa, compresi i titolari di partita Iva. Il disegno di legge di bilancio sposta al 31 dicembre 2023 la data ultima per beneficiare del fondo Gasparrini. L’ampliamento dei soggetti ammessi al fondo fu deciso con il decreto Cura Italia (Dl 18/2020) emanato per fronteggiare gli effetti dell’emergenza Covid, e proprio al calo di fatturato di almeno il 33% su base trimestrale è condizionato l’accesso al fondo da parte di lavoratori autonomi, liberi professionisti, imprenditori individuali, coltivatori diretti, artigiani e piccoli commercianti.

Accedendo al fondo si può ottenere una moratoria per 18 mesi. Il prestito deve essere non superiore a 400mila euro e acceso per comprare la prima casa. Le rate non pagate vanno in coda, alleggerite del 50% degli interessi, per i quali la Consap – che gestisce il fondo – versa alla banca mediamente 850 euro per ogni mutuo, per un capitale residuo medio di 100mila euro.

Nel 2023 non ci si aspetta che il fondo sia inondato di richieste di intervento, si legge nella relazione tecnica al disegno di legge: un’attesa in controtendenza con il flusso di istanze registrato nel periodo più duro della pandemia, quando le richieste di assistenza del fondo arrivarono intorno a 200mila. È una buona notizia: significa che si riduce la platea delle famiglie in difficoltà economica. Ma per il futuro meglio tenere d’occhio i tassi di interesse: se andranno troppo su, crescerà la rata dei mutui a tasso variabile e alcune famiglie potrebbero trovarsi in difficoltà a pagarla, e dover ricorrere al fondo.

6 milioni
Fabbisogno stimato
Per coprire le richieste di sospensione delle rate si stima che bastino le attuali disponibilità del Fondo

Bollette luce e gas, sconto con Isee entro 15mila euro

di Alexis Paparo

Potrebbe allargarsi la platea dei beneficiari dello sconto in bolletta sulle utenze di luce e gas, destinato finora ai nuclei familiari con Isee fino a 12mila euro. Il disegno di legge di bilancio ipotizza un innalzamento del tetto Isee a 15mila euro per il 2023, che andrebbe a coinvolgere 500-600mila famiglie in più, secondo le stime di Arera (Autorità di regolazione per energia reti e ambiente). Mentre resta fermo il tetto Isee a 20mila euro per i nuclei numerosi, cioè con almeno quattro figli a carico.

Inoltre, verrà esteso al primo trimestre 2023 il rafforzamento dell’agevolazione, cioè con compensazioni integrative rispetto agli importi fissati dai bonus ordinari, come già previsto nei mesi scorsi. A copertura di questo rafforzamento sono stanziati 2,4 miliardi di euro, cui si aggiungono 115 milioni per l’allargamento dei beneficiari.

Per attivare il riconoscimento automatico dei bonus energia e gas in bolletta, è necessario e sufficiente che i clienti domestici economicamente svantaggiati presentino ogni anno la Dsu (Dichiarazione sostitutiva unica) e ottengano un’attestazione Isee entro la soglia. Oppure risultino titolari di reddito o pensione di cittadinanza.

L’accesso su domanda resta invece valido per il bonus destinato ai clienti domestici in gravi condizioni di salute (utilizzo di apparecchiature elettromedicali salvavita).

Se lo scorso anno, in una situazione pre-guerra, il bonus arrivava a coprire il 20-30% della bolletta dei cittadini con Isee fino a 8.265 euro, con il tetto elevato a 15mila euro – e in tandem con la riduzione dell’Iva sul gas al 5% e il taglio agli oneri di sistema -, la misura potrebbe arrivare a coprire l’80%-100% della bolletta.

2,5 miliardi
Per il bonus gas e luce
L’innalzamento della soglia Isee costa 115 milioni, mentre 2,4 miliardi potenziano l’aiuto fino a marzo

Iva al 5% su latte, pappe, seggiolini e pannolini

di Margherita Ceci

Tra gli interventi in manovra, c’è anche la riduzione dell’Iva al 5% sui prodotti per la prima infanzia. Il disegno di legge di bilancio prevede che dal 2023 latte e alimenti per bambini (latte in polvere o liquido e preparazioni alimentari a base di farine), seggiolini per auto e pannolini godano di una tassazione ridotta. Una misura che, secondo le stime, costerà allo Stato circa 178,18 milioni di euro su base annua a decorrere dal 2023 (22,35 milioni per latte e alimenti per bambini; 69,58 per i seggiolini; 86,26 per i pannolini).

Lo scopo dichiarato è aiutare le famiglie alle prese con un’inflazione a doppia cifra. La misura è stata preferita dal Governo rispetto all’azzeramento dell’Iva su pane e latte, che sarebbe costata circa 500 milioni, ma sarebbe stata più che altro simbolica, visto che l’aliquota sui beni di prima necessità è già oggi quella più bassa, al 4 per cento.

Il nuovo intervento sui beni per i neonati ben si sposa con le promesse elettorali di Fratelli d’Italia, che nel programma proponeva proprio un «ampliamento della platea dei beni con Iva ridotta, in particolare con riferimento al carrello della spesa e ai prodotti per l’infanzia».

Insieme al taglio delle imposte su questi beni, inoltre, il Ddl di bilancio punta a ridurre al 5% anche l’Iva sugli assorbenti (con una perdita di gettito di 36,9 milioni di euro su base annua dal 2023). La cosiddetta Tampon tax era già stata abbassata dal 22 al 10% con la legge di bilancio 2022 (Governo Draghi).

178 milioni
La spesa annua
È la riduzione di gettito fiscale stimata su base annua per la riduzione dell’Iva sui prodotti per bambini

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