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Via al semestre bianco: gli ultimi sei mesi del mandato presidenziale in 10 domande e risposte

di Nicoletta Cottone

Semestre bianco: cosa è, quando inizia e cosa prevede la Costituzione italiana

Le regole fissate dall’articolo 88 della Costituzione per gli ultimi sei mesi del mandato presidenziale

3 agosto 2021
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5' di lettura

Per Sergio Mattarella scatta il semestre bianco. Negli ultimi sei mesi del suo mandato, che dura sette anni, il presidente della Repubblica non può sciogliere anticipatamente le Camere. Ecco cosa succede in dieci domande e risposte.

Cosa è il semestre bianco?

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Negli ultimi sei mesi del suo settennato il presidente della Repubblica non può sciogliere anticipatamente le Camere. Lo prevede l’articolo 88 della Costituzione: «Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse. Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura». Il capo dello Stato perde, dunque, uno dei poteri più importanti (ma ne ha altri).

Il capo dello Stato potrà indire nuove elezioni?

No. In base all’articolo 88 il capo dello Stato negli ultimi sei mesi del suo mandato non può sciogliere le Camere. E, quindi, non può indire nuove elezioni. Unica eccezione: se la fine di una legislatura coincide con il termine dell’incarico al Colle del capo dello Stato. Si tratta di una modifica alla Costituzione introdotta nel 1991.

Quando scatta il semestre bianco per il presidente Mattarella?

Il semestre bianco scatta dal 3 agosto 2021, fino alla scadenza naturale del mandato settennale del presidente Sergio Mattarella, nel gennaio 2022

Perchè è stato introdotto nella Costituzione?

Il semestre bianco fu introdotto durante i lavori dell’Assemblea Costituente, voluto in particolare da Renzo Laconi, esponente sardo del Pci, per neutralizzare il timore che si verificasse un «colpo di Stato legale», come disse durante i lavori della Costituente. I padri costituenti temevano, infatti, all’inizio dell’era repubblicana e subito dopo la fine del ventennio fascista, che un presidente autoritario avrebbe potuto sciogliere le Camere per avere prorogati i poteri e influenzare le nuove elezioni. Insomma per far eleggere, attraverso elezioni politiche anticipate, un Parlamento più incline a una eventuale rielezione del capo dello Stato.

Quale modifica è stata successivamente inserita nella Costituzione sul punto?

La Carta costituzionale è stata modificata nel 1991, con l’obiettivo di evitare un “ingorgo istituzionale” per la coincidenza della fine della legislatura con il termine del mandato presidenziale di Francesco Cossiga. All’articolo 88 venne aggiunta un’ultima frase, «salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura».

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Quali sono i timori nel corso del semestre bianco?

Molti ritengono che il semestre bianco tolga l’arma più forte all’inquilino
del Colle: la minaccia di mandare tutti a casa di fronte a una crisi non gestibile. Il timore è che, senza il rischio che il capo dello Stato rinvii alle urne, i veti incrociati di partiti e movimenti politici possano moltiplicarsi e portare al tentativo di dare vita a un nuovo governo. Il capo dello Stato mantiene comunque tutti gli altri poteri.

I poteri del capo dello Stato sono dimezzati?

I poteri non sono dimezzati: restano immutati i poteri di nomina, di firma, di rinvio delle leggi, come la prerogativa di inviare messaggi al Paese. Oltre alla moral suasion per evitare ribaltoni dei partiti. Due gli assi nella manica: in primis il capo dello Stato può mantenere l’eventuale esecutivo dimissionario in carica per l’ordinaria amministrazione. Inoltre il presidente della Repubblica ha l’arma finale delle dimissioni. In questo caso lo scioglimento delle Camere spetterebbe al successore.

Nel corso del semestre crescono le fibrillazioni dei partiti?

Senza la minaccia del capo dello Stato di mandare tutti a casa e indire elezioni, è possibile che le forze politiche entrino in fibrillazione e tentino di modificare la maggioranza esistente, senza rischiare elezioni anticipate. In realtà l’arrivo di Mario Draghi a Palazzo Chigi nel febbraio del 2021 ha cambiato le carte in tavola, in quanto intorno al premier si è costituito un governo di unità nazionale a garanzia dell’utilizzo del Recovery plan. E Draghi rappresenta «scudo e garanzia» dell’attuazione e dell’erogazioni dei fondi del Next generation Ue, come ha ricordato sulle pagine del Sole 24 Ore il professor Francesco Clementi, ordinario di diritto pubblico comparato all’Università di Perugia. Un governo nato per fronteggiare le gravi emergenze: sanitaria, sociale, economica e finanziaria, come spiegò il capo dello Stato Sergio Mattarella al termine delle consultazioni del 2 febbraio 2021. Potrebbero comunque aumentare impuntature e veti incrociati dei partiti, come accaduto sulla riforma del processo penale di Marta Cartabia, tema sul quale è stata poi trovata una quadra.

In passato sono state richieste di modifica del semestre bianco?

Sì, il caso più noto è il discorso nel 1963 dell’allora presidente della Repubblica Antonio Segni. Nel messaggio alle Camere evidenziava «qualche manchevolezza» della Costituzione e invitava i legislatori a rimediare. Tra le disfunzioni indicate c'era anche il semestre bianco, che secondo Segni - scomparso nel 1972 - «altera il difficile e delicato equilibrio tra i poteri dello Stato, e può far scattare la sospensione del potere di scioglimento delle Camere in un momento politico tale da determinare gravi effetti». In quella occasione Segni chiese anche di stabilire «il principio della non immediata rieleggibilità del presidente della Repubblica».

Ci sono ddl costituzionali presentati in Parlamento per modificare l’articolo 88?

In questa legislatura non ce ne sono, mentre nella passata legislatura, la XVII, erano quattro le proposte di modifica dell’articolo 88 presentate in Parlamento. Il ddl costituzionale dell’attuale presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, che chiedeva di modificare l’articolo 88 introducendo un comma che precisava che il capo dello Stato poteva decretare lo scioglimento delle Camere e indire le elezioni in caso di dimissioni del premier, «qualora la fiducia sia stata ottenuta con il voto determinante di parlamentari non appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni ovvero qualora la mozione di sfiducia sia stata respinta con il voto determinante di parlamentari non appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni». L’articolo 88 veniva, invece, integralmente riscritto dal ddl costituzionale di Giulio Tremonti, eliminando dal testo il semestre bianco. Il nuovo articolo prevedeva che l’atto di scioglimento e di indizione delle nuove elezioni spettasse al presidente della Repubblica, che lo poteva però adottare solo su richiesta del premier, che ne assumeva la esclusiva responsabilità, o nei casi previsti dagli articoli 92, quarto comma (morte, impedimento permanente o dimissioni del premier per cause diverse dalla sfiducia) e 94 (premier sfiduciato da una Camera). La richiesta di scioglimento da parte del premier non poteva, invece, essere presentata nel caso in cui lo scioglimento fosse già stato disposto su richiesta del premier nei dodici mesi precedenti. Il ddl costituzionale firmato da Gaetano Quagliariello prevedeva, invece, l’inserimento di un comma, dopo il primo, prevedendo che il premier, previa deliberazione del Cdm, potesse richiedere al presidente della Repubblica, di sciogliere la Camera dei deputati. Il deputato Giovanni Monchiero propose invece che il presidente della Repubblica potesse procedere comunque allo scioglimento delle Camere «quando il Parlamento non accordi la fiducia a un nuovo Governo entro dieci giorni dalla presentazione delle dimissioni del precedente ovvero dal voto con il quale una Camera non accordi o revochi la fiducia a quest'ultimo».


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