di Micaela Cappellini
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La fotografia dei campi dell’Emilia Romagna, una delle regioni più importanti d’Italia per l’agricoltura, quest’anno rischia di cambiare: meno frutteti, pomodori, fagiolini e borlotti e invece più mais, soia, girasoli e sorgo. Possiamo considerarlo un effetto collaterale del conflitto ucraino, che ha fatto schizzare alle stelle le quotazioni di alcune materie prime agricole. «Questi sono giorni di decisioni sulla semina e non sono sorpreso se gli agricoltori facessero altre scelte colturali», spiega Massimo Passanti, presidente della Federazione nazionale pomodoro da industria di Confagricoltura e vicepresidente di Conserve Italia.
«Mais, girasole e soia - prosegue - sono prodotti più facili da coltivare, perché richiedono meno cura, nessun concime, si seminano e si raccolgono quando si vuole, non secondo una programmazione rigida come per esempio quella del pomodoro». Il mais ha raggiunto il record italiano dei 400 euro alla tonnellata. E ora che anche l’Argentina, primo esportatore mondiale di soia, ha deciso di bloccarne le vendite all’estero, anche questo legume è destinato a veder crescere ancor più le quotazioni.
Il rischio di abbandonare i pomodori è reso ancora più concreto dal fatto che, dopo dieci incontri fra produttori e industrie, ancora non è stato chiuso l’accordo sul prezzo per la campagna Nord Italia 2022: «Gli agricoltori chiedono 110 euro alla tonnellata per fronteggiare l’aumento dei costi dell’energia e dei fertilizzanti - racconta Passanti - le imprese sono partite da 92 ma sono ferme 100. La Spagna, nostro concorrente, ha chiuso un mese fa con i contadini che si sono portati a casa un aumento del 25%». I telefoni delle cooperative del Ravennate sono caldi, chiedono di sapere le quotazioni, altrimenti - dicono - sono pronti a riconvertire anche la metà dei campi. «Dopo due anni di cimice asiatica e gelate - aggiunge Passanti - anche centinaia di ettari di peri in Romagna sono stati abbattuti. E sono tutti terreni che sono tornati a seminativo».
Micaela Cappellini
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