di Marco Bellinazzo
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Il Sei Nazioni di rugby è cominciato ieri con le vittorie in trasferta dell’Irlanda in Galles (34 a 10) e soprattutto della Scozia in Inghilterra nello stadio di Twickenham (29 a 23). Oggi pomeriggio è atteso il debutto dell’Italia a Roma contro la Francia in quella che si annuncia come l’edizione della ripartenza, dopo le annate funestate dalla pandemia e dalle conseguenti restrizioni sanitarie.
La popolarità del torneo di rugby del Vecchio continente lo ha reso una delle manifestazioni sportive di maggior pregio al mondo.
A gestirlo è la Six Nations Rugby Ltd, società privata con sede a Dublino composta dalle sei Federazioni partecipanti, indipendente rispetto alla World Rugby. Nel 2021 i sei soci hanno ceduto una quota di poco inferiore al 15%, pari a 1/7 del capitale, al fondo di private equity Cvc per 365 milioni di sterline.
Il valore complessivamente assegnato alla Six Nations Rugby è, dunque, pari a circa 2,5 miliardi di sterline (ovvero 2,8 miliardi di euro al cambio attuale).
Cvc aveva già investito 215 milioni di sterline per acquisire una partecipazione del 27% nella Premiership Rugby nel dicembre 2018, e 120 milioni di sterline nel maggio 2020 per una quota del 28% nel Pro14, il torneo con club italiani, scozzesi gallesi e irlandesi ribattezzato United Rugby Championship dopo l’inclusione delle franchigie sudafricane.
Le federazioni hanno ottenuto dal colosso finanziario inglese versamenti in cinque anni diversificati a seconda del seguito: quella inglese riceverà oltre 110 milioni di euro dall’operazione, poco meno quella francese, quella gallese 59 milioni di euro, quella irlandese 56 milioni, quella scozzese 52 milioni e quella italiana poco meno di 40. In ogni caso, Inghilterra, Francia, Italia, Scozia e Galles e Italia, con una quota totale di controllo dell’85% manterranno la responsabilità esclusiva per tutte le questioni sportive, nonché il controllo sulle decisioni commerciali».
Per quanto riguarda i ricavi della competizione, la gestione è centralizzata nella Six Nations Rugby per quanto riguarda la vendita dei diritti televisivi a livello internazionale e le sponsorizzazioni.
La fetta maggiore degli introiti deriva ovviamente dai diritti televisivi, considerato che la competizione è trasmessa in oltre 180 paesi. In mercati come quello transalpino e quello dell’area UK si parla di contratti da circa 50 milioni di sterline a stagione. In Gran Bretagna Bbc e Itv hanno prolungato i rispetti accordi fino al 2025.
Sulle sponsorizzazioni, va detto, che dal 2019 il torneo è intitolato Guinness Six Nations. Il marchio di birra irlandese avrebbe sottoscritto un accordo di 6 anni con investimenti crescenti che saliranno dai 6 milioni di sterline (pari a 6,6 milioni di euro) del primo anno quasi al doppio. Il precedente title sponsor era Royal Bank of Scotland che ha dato la sua denominazione alla competizione per 14 anni.
Nel gennaio 2022 sono stati annunciati due nuovi accordi di sponsorizzazione che hanno coinvolto Breitling e TikTok. Ad ottobre 2022 poi è stato sottoscritto un contratto con Sage, leader globale nella tecnologia software, Official Insights Partner del Sei Nazioni, della Autumn Nations Series e del TikTok Women’s Six Nations Championships.
Sage ha introdotto nelle partite di rugby dallo scorso autunno la tecnologia “smart ball”, per raccogliere dati attraverso il pallone intelligente, offrire agli spettatori una visione ancora più ampia e alle nazionali informazioni tecniche per migliorare le performance in campo. Le singole Federazioni, invece, possono gestire le sponsorizzazioni locali e gli introiti da biglietteria delle partite casalinghe. L’ammontare complessivo del giro d’affari generato dal torneo, perciò, che nel 2019 era pari a circa 250 milioni di euro tra entrate dirette e indotto, da quest’anno potrà tornare a crescere.
I ricavi generati dal Sei Nazioni sono ripartiti annualmente secondo questi parametri: il 15% è conferito sulla base della classifica del torneo, il 10% in funzione del numero di club iscritti alle singole Federazioni; mentre il restante 75% è diviso in parti uguali.
Nonostante ciò, le differenze di budget tra le sei federazioni restano notevoli. È vero che per l’Italia l’approdo al Sei Nazioni nel 2000 è stato cruciale e ha fatto impennare le entrate annuali federali da poco più di 4 milioni ad oltre 40. Ma, ad esempio, nel 2019, prima della pandemia, l’Inghilterra aveva ricavi sei volte superiori, pari a 240 milioni di euro.
Addirittura il Galles, grazie alla vittoria nel torneo, aveva registrato incassi paragonabili a quella della Francia, intorno ai 100 milioni. Più “povere” la federazione irlandese (con 87 milioni di proventi) e quella scozzese con poco meno di 70 milioni. In tutti i sei paesi rugbistici dell’emisfero nord si sono avute crescite a doppia cifra fra il 2010 e il 2019 che hanno, non a caso, attirato l’interesse di Cvc e di altri fondi.
Marco Bellinazzo
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